Capitolo Ventitreesimo - Infermità e Tribolazione
Pareva quasi che, prima di morire, San
Francesco avesse pensato anche a lei, cantando nel giardinetto di San Damiano:
Laudato
sii, o mio Signore,
per quelli che perdonano per lo tuo amore
e sostengono infirmitate e tribolazione.
Chiara infatti rimase inferma per
ventotto anni, da trentadue a sessant'anni. Le giovani di San Damiano temevano
sempre di perderla, ma ella le rassicurava:
- Figliole mie, non vuole Iddio che io muoia ancora, ma vuole che io stia con
voi per alquanto spazio di tempo in questo misero corpo.
Il suo giaciglio era diventato la sua cattedra. Di lì insegnava, specialmente
alle giovani, la rassegnazione e la pazienza.
Ormai San Damiano era diventato un richiamo irresistibile per molte anime . Uno
scrittore del tempo poteva dire:"le giovani che corrono a Santa Chiara
sono più numerose delle api che in tempo di primavera si posano sui
fiori".
La sua prima compagna era stata Pacifica di Guelfuccio, poi la sorella Agnese,
quindi Benvenuta da Perugia. Poi eran venute Balvina,Cecilia, Filippa, Amata,
Cristina, Angeluccia, Lucia, Beatrice, Benedetta, Illuminata, Anastasia,
Giacomina, Mansueta, Benvenuta, Benricevuta, Bennata, Consolata, Chiarella,
Pacifica, Vertera, Massariola. Infine la madre ortolana, con tantissime altre.
E non solo D'Assisi e dei dintorni, ma dal suo giaciglio Chiara teneva avvinte
donne d'ogni parte del mondo. Il solito scrittore del tempo poteva
scrivere:"Non fu reame nè terra di baronaggio,dove non fosse edificato un
monastero sotto la Regola e dottrina di Chiara".
Infatti, per amore di povertà, si fece tagliare i capelli e cinse la corda
francescana la figlia del Re di Boemia, la bionda principessa Agnese, ch'era
stata fidanzata con Federico II.
Chiara le scriveva" Vergine povera, avvicinati a Cristo povero". E
Agnese le rispondeva:"Beata povertà, che vali eterne ricchezze in coloro
che ti abbracciano !".
Poi fu la volta di una regina : Elisabetta D'Ungheria che si fece terziaria ,
poi d'altre ancora, come Ermentrude da Colonia che fu clarissa.
La povertà non sarebbe stata nulla , se non fosse stata inasprita dall'infermità.
E Chiara dava l'esempio di come si sopporti con pazientemente "infirmitate
e tribolazione".
Pregava di continuo, e di continuo lavorava, quando la sua anima non era ratta
in contemplazione. alla discepola, che l'assisteva come una figliola, aveva
detto :
- Quando tu vedi che io stia troppo fuori di me, vieni e non mi far motto, se
già non ti pressi in articolo di morte.
Specialmente nel giorno di venerdì, meditando la passione di Gesù,
"s'inebriava di dolore" e andava in estasi.
Una volta rimase fuori di sè tutto il giorno. Giunta la notte, la giovane che
l'assaetta si recò presso di lei con una candela accesa.
- Perché codesto lume? - disse l'infermiera riaffiorando alla vita. - E' ancora
mattina. - Madre mia, - le rispose l'infermiera - è già passato tutto il
venerdì e ora siamo nella notte sul sabato e voi avete dormito quasi
ventiquattro ore.
Chiara si guardo attorno ,poi disse, con un sospiro:
- Benedetto sia questo sonno. Nè sogni eran le cose che elle vedeva e udiva
durante le sue estasi. Seppe così che non sarebbe morta prima di rivedere il
Papa, che si era recato in Francia.
Infatti Innocenzo IV fece a tempo di tornare a Genova. Di lì mandò a Milano ;
da Milano A Bologna e finalmente giunse a Perugia, nel novembre del 1252.
Quando seppe che Chiara era gravemente ammalata, prima le mandò il Cardinale di
Ostia, poi egli stesso giunse ad Assisi e si recò personalmente a San Damiano.
Accostandosi al letticiolo, porse all'inferma la mano da baciare. Ma a Chiara
questo gesto sembrò di troppo privilegio.
- No, - disse - Signor mio, che siete il Vicario Cristo e successore
dell'Apostolo Pietro. Non la mano, ma il piede mi date, se volete che io lo
baci. Il Papa, vedendo la sua grande devozione, la volle contentare.
Fece portare un panchetto vicino al giaciglio di Chiara. Vi sedette sopra in
modo che la malata potesse baciargli il piede.
Chiara baciò di sopra e di sotto, bagnando il piede con le lacrime. Poi chiese
al Papa l'assoluzione dei suoi peccati.
- ne ho tanto bisogno - disse umilmente.
-Così piacesse a Dio che ne avessi tanto bisogno io! - disse il Papa.
Dinanzi a tanta umiltà, lo stesso Sommo Pontefice aveva sentito il bisogno di
umiliarsi!
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