Capitolo Tredecisimo - Il Volto nel Pozzo
Chiara capì' la lezione. Anche Francesco
non era che cenere, e cenere era essa, pur così chiara e casta.
La superbi spirituale poteva essere ruggine per le anime delle penitenti e
tarlo per i cuori amanti di Gesù.
Francesco ,intonando il Miserere , aveva riconosciuto la sua debolezza.Anche
l'uomo più grande è più forte non poteva nulla senza l'aiuto del Signore.
Bisognava dunque pregare, perché l'orgoglio, scacciato dalla porta della
mondanità, non tornasse a tentare l'anima dalla parte della spiritualità.
Chiara perciò pregava. Pregava all'ore canoniche, in coro; pregava nel lavoro;
pregava nel magiare; pregava nella notte, sollevandosi dal suo giaciglio di
sarmenti.
La perpetua preghiera dava al suo volto riflessi di luminosità."Quand'essa
tornava dalla orazione - scrisse una sua compagna - la faccia sua pareva più
chiara e più bella del sole". Era quello che voleva Francesco,il quale,
pur lontano da San Damiano, pensava a Chiara e più bella che il sole".
Era quello che voleva Francesco, il quale, pur lontano da San Damiano, pensava
a Chiara e alle sue "povere donne". Temeva che la loro lucentezza si
velasse, e il loro splendore si oscurasse.
Egli sapeva che non bastava aver rinunziato al mondo. Bisognava rinunziare a
Satana. E Satana e soprattutto orgoglio.
Il primo voto francescano non era quello della povertà o quello della povertà o
quello della castità: era quello della umiltà, che, bene intese, si portava
dietro gli altri due voti come necessaria conseguenza.
E l'umiltà non poteva essere conservata che con la costante, sincera preghiera.
Per questo Francesco in San Damiano, aveva intonato il MISERERE, cioè la
preghiera dell'umiltà e della penitenza. Diceva:
Riconosco
la mia iniquità
e il mio peccato è sempre dinanzi a me.
Contro Te solo ho peccato
e ho fatto male ai tuoi occhi.
Chiara, dopo la lezione della cenere,
aumentò le penitenze e intensificò la preghiera. Francesco, lontano da lei,
pregava per lei, perché la sua chiarità si facesse sempre più limpida.
Nella notte, stando in preghiera, alzava gli occhi alle stelle, e chiedeva al
Signore, per le sue "povere donne", lo splendore di quelle creature
lucenti. Ma il firmamento palpitava lontano. Guardare così in alto poteva
essere presunzione. Francesco ebbe allora la conferma della perfetta umiltà e
purezza di Chiara, guardando in basso.
In una notte di plenilunio, in compagnia di Fra Leone "pecorella di
Dio" attraversava le crete senesi. Giunsero stanchi a un pozzo scoperto.
Francesco vi si affacciò, rimanendo lungamente a guardare in basso, come attratto
dalla voragine buia.
Quando si staccò dal parapetto, sembrava estatico. Non chiese da bere, ma
continuò il cammino, cantando e lodando il Signore.
Poi, quasi sentendo dietro di sè lo stupore di Fra Leone, si fermò e disse al
compagno: Frate Leone, che credi che abbia veduto in fondo a quel pozzo,
riflessa sull'acqua?
Padre mio, rispose fra Leone, avrai veduto la luna che splende nel cielo.
No, frate Leone, vo ho veduto il volto di nostra sorella Chiara, che temevo in
tribolazione o tentazione. Ell'era invece tutta rilucente e serena. Per questo
il mio cuore si è messo in pace per lei e sono pieno di gioia e di riconoscenza
verso il Signore. Chiara, nell'umiltà e nella preghiera, diventava sempre più
chiara. Francesco poteva dire:
Dopo Dio e il firmamento, Chiara!
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