CAPO 39 -- Di che genere sono le
riunioni e le attivittà dei Cristiani: preghiere, lettura della Santa
Scrittura, giudizi, contribuzione volontaria per aiutare i bisognosi, atti di
amore fraterno, pasti innocenti in comune.
[1] Ed ora esporrò io stesso l'attività della fazione cristiana,
affinché, dopo averne confutato quella trista, ne dimostri quella buona. Siamo
una corporazione, che ha per base la consapevolezza di una religione comune e
l'unità di una disciplina comune e il patto di una speranza comune.
[2] Ci raccogliamo in adunanze e riunioni, per circondare,
pregando, Dio con le suppliche, come con un manipolo serrato. Questa violenza è
a Dio gradita. Preghiamo anche per gl'imperatori, per i loro ministri e
magistrati, per la stabilità del mondo, per la tranquillità della vita, per la
dilazione della fine.
[3] Ci raccogliamo per la lettura della Scrittura divina, se
qualche caratteristica del tempo presente a preannunziare c'induce un fatto o a
riconoscerne il compimento. Almeno con le parole sante la fede nutriamo, la
speranza confortiamo, la fiducia consolidiamo, serriamo la disciplina non
foss'altro inculcandone i precetti. Ivi stesso anche hanno luogo esortazioni,
correzioni e punizioni in nome di Dio.
[4] E invero vi si giudica con grande ponderatezza, come tra
persone che di trovarsi sono certe al cospetto di Dio; ed è una ben grave
anticipazione del giudizio futuro, se uno colpevole siasi reso al punto da
essere dalla comunione della preghiera allontanato e delle riunioni e di ogni
santa relazione. Presiedono i più anziani, tutti approvati, che codesta carica
non pagando hanno conseguito, ma testimonianza rendendo: ché nessuna cosa di
Dio costa danaro.
[5] Anche se c'è una specie di cassa, il danaro che vi si
raccoglie non da contributi onorari deriva, quasi prezzo d'acquisto della
carica religiosa. Ognuno versa una monetuzza in un giorno del mese, o quando
vuole e soltanto se vuole e soltanto se può. Ché nessuno vi è costretto, ma il
contributo è spontaneo. Sono questi, per così dire, i depositi della
pietà.
[6] E invero non per provvedere a banchetti vi si attinge, né a
bicchierate, né a gozzoviglie oltre il desiderio spinte: ma per nutrire i
poveri e seppellirli, per nutrire i fanciulli e le fanciulle rimasti privi di
mezzi e di genitori, anche i servitori vecchi e, del pari, i naufraghi e quelli
che, nelle miniere condannati o nelle isole o nelle prigioni soltanto per
appartenere alla setta di Dio, pupilli diventano della religione da loro
confessata.
[7] Ma è particolarmente la pratica di una dilezione di tal
genere che fra certa gente il noto biasimo ci procura. 'Vedi - dicono - come si
amano tra loro (essi, infatti, fra loro si odiano), e come sono pronti a morire
l'uno per l'altro (essi, infatti, ad ammazzarsi tra loro sono più
pronti)'.
[8] Ma anche per il fatto che ci chiamiamo fratelli, non per
altro motivo, penso, perdono la testa, se non perché tra di essi ogni termine
di consanguineità, quanto all'affetto è una finzione. Inoltre anche fratelli
vostri siamo noi, per legge di natura, unica madre, se pur voi siete troppo
poco uomini, perché tristi fratelli.
[9] Ma quanto più degnamente fratelli si dicono e si ritengono
coloro, che un unico Dio hanno come padre riconosciuto, che a un unico spirito
di santità si sono abbeverati, che da un unico grembo della medesima ignoranza,
con un pauroso stupore, a un'unica luce emersero di verità.
[10] Ma forse per questo siamo fratelli meno legittimi ritenuti,
perché nessuna tragedia su l'argomento della nostra fraternità declama, o
perché fratelli siamo quanto alle sostanze familiari, che tra di voi di solito
i fratelli dividono.
[11] Perciò noi, che siamo nell'animo e nella vita uniti, a
mettere in comune le sostanze non esitiamo. Tutto è tra noi indiviso, tranne le
mogli.
[12] In codesto punto sciogliamo la comunanza, nel quale soltanto
gli altri uomini la comunanza praticano, essi che, non solo le mogli degli
amici si appropriano, ma anche le proprie con tutta sopportazione a
disposizione di quelli mettono: in conformità, credo, a quella disciplina dei
maggiori e de' più grandi filosofi, del greco Socrate e del romano Catone, che
le proprie mogli in comune misero con gli amici, le quali avevano essi sposate
per mettere al mondo figli anche in casa altrui.
[13] E forse non contro il volere di queste. Che preoccupazione,
infatti, potevano esse avere della loro castità, della quale i mariti avevano
così facilmente fatto dono ad altri? O esempio di attica saggezza, di romana
gravità! Un filosofo e un censore diventano mezzani.
[14] Qual meraviglia, pertanto, se un tanto amore col mangiare
insieme si esprime? Ché anche i nostri poveri pranzi, oltre che per infami delitti,
voi anche per le loro prodigalità condannate. Si capisce: a noi si riferisce il
detto di Diogene: "I Megaresi banchettano come se dovessero morir domani,
e invece costruiscono, come se non dovessero morire mai ". Sennonché
ognuno più facilmente la pagliuzza vede nell'occhio altrui, che la trave nel
proprio.
[15] In seguito ai rutti di tante tribù e curie e decurie l'aria
si corrompe; quando i Salii devono un pranzo celebrare, sarà necessario un
creditore; le spese per le decime di Ercole e i relativi banchetti calcolarle
dovranno dei computisti; per le Apaturie, le feste dionisiache, i misteri
attici una leva s'indice di cuochi; al fumo del banchetto in onore di Serapide
dovranno essere messi in allarme i pompieri: solo intorno al pasto dei
Cristiani si trova a ridire.
[16] Il nostro pranzo rende ragione di sè dal suo nome: si chiama
con un termine, che in greco vale 'amore'. Per quanto grandi siano le spese che
costa, è guadagno fare una spesa in nome della pietà, ché tutti i bisognosi
aiutiamo con questo ristoro; non al modo con cui tra voi i parasiti alla gloria
aspirano di asservire la loro libertà, a condizione di rimpinzarsi la pancia
sotto gl'insulti; ma al modo che davanti a Dio è maggiore il riguardo per gli
umili.
[17] Se onesto è del banchetto il motivo, dal motivo il rimanente
ordine apprezzate che lo disciplina. Derivando da un dovere religioso, nessuna
bassezza ammette, nessuna intemperanza. Non ci si siede a tavola prima di
pregustare una preghiera a Dio; si mangia quanto la fame ne cape; si beve
quanto a persona sobria è utile.
[18] Così ci si sazia, come persone che di dover adorare Dio si
ricordano anche durante la notte; così si conversa, come chi sa che il Signore
le ascolta. Dopo data l'acqua alle mani e accesi i lumi, secondo che uno si
sente di farlo, a cantare qualche cosa in onore di Dio è invitato nel mezzo,
attingendola dalla Scrittura santa o dal proprio ingegno: di qui in qual misura
ha bevuto si ha la prova. Ugualmente una preghiera i convitati
discioglie.
[19] Di là ci si diparte non per costituire caterve di assassini,
né schiere di vagabondi, né per abbandonarci alla sfrenatezza, ma per
continuare la stessa cura della modestia e della pudicizia, come quelli che
hanno pranzato non tanto un pranzo, quanto un insegnamento. Codesta adunata di
Cristiani è certo meritamente illecita, se è pari alle cose illecite;
meritamente da condannarsi, se ci si lagna di essa allo stesso titolo che delle
conventicole.
[20] Per la rovina di chi ci aduniamo qualche volta? Adunati
quello stesso siamo che separati; tutti insieme quello stesso che singoli,
nessuno offendendo, nessuno contristando. Quando persone si adunano oneste,
buone, quando persone si riuniscono pie, caste, non è il caso di parlare di
fazione, ma di assemblea.
|