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Quinto Settimio Florente Tertulliano Apologetico IntraText CT - Lettura del testo |
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CAPO 48 -- Gli uomini risorgeranno, riprendendo ciascun'anima il proprio corpo. Nulla è impossibile a Dio, che l'universo fece dal nulla. La risurrezione è richiesta dalla necessità che ciascuno sia retribuito secondo il suo merito. [1] Orsù, se un filosofo affermi, come Laberio dice in base al pensiero di Pitagora, che da un mulo si forma un uomo, un serpente da una donna, e, a conferma di quella opinione, tutti gli argomenti scagli con l'efficacia della sua eloquenza, non riscuoterà l'assenso, radicando di ciò la credenza, talché uno si persuada anche ad astenersi dagli animali per questo, per non cibarsi, alle volte, di una vitella proveniente da un qualche suo avo? Ma se un Cristiano promette che da un uomo ritornerà un uomo, anzi da Gaio Gaio in persona, non solo a calci, ma piuttosto a sassate sarà dal popolo cacciato. [2] Se un qualunque motivo regge l'opinione che le anime umane passino d'uno in altro corpo, perché non dovrebbero nella medesima sostanza ritornare, codesto significando 'essere richiamato in vita', 'essere quello che si era stati'? E invero, se non sono quello che erano state, vale a dire di un corpo umano, anzi di quello stesso corpo rivestite, non saranno più quelle ch'erano state. O allora quelle che non saranno più le stesse, come si dirà che sono ritornate? O, divenute altro, non saranno più le stesse, o perdurando le stesse, non saranno provenienti da altra parte. [3] Molti passi di scrittori anche avrei bisogno di citare con comodo, se su codesto punto divertirmi volessi, in quale bestia uno paresse doversi trasformare. Ma più conformemente alla credenza da noi sostenuta, affermiamo - certo molto più degno di essere creduto - che da un uomo un uomo ritornerà, un uomo per ogni uomo, ma sempre uomo: talché la medesima qualità di anima nella medesima condizione venga rimessa, se non nella medesima figura. [4] Vero è che, poiché il motivo della restaurazione è la destinazione derivante dal giudizio, necessariamente proprio quello stesso si ripresenterà, che prima era stato, per riportare da Dio il giudizio delle azioni buone e delle contrarie. Perciò anche i corpi saranno ricostituiti, perché nemmeno può patir nulla l'anima da sola, senza una materia stabile, cioè la carne; e perché quello che, per giudizio di Dio, le anime patire debbono, non lo meritarono affatto senza la carne, entro la quale ogni loro atto compirono. [5] 'Ma come - dirai - una materia caduta in dissoluzione ripresentarsi potrà?' - Considera te stesso, o uomo: e la cosa credibile troverai. A quello che eri, prima di essere, ripensa. Certo eri niente. Te ne ricorderesti, infatti, se qualche cosa fossi stato. Orbene, tu che nulla, prima di essere, eri stato e nulla, del pari, sei divenuto, quando hai cessato di essere, perché non potresti essere nuovamente dal nulla, per volontà proprio di quello stesso autore, che volle che tu fossi dal nulla?. [6] Che ti accadrà di nuovo? Tu che non eri, sei stato fatto; quando di nuovo non sarai, sarai fatto. Spiega, se puoi, il modo, con cui sei stato fatto; e poi ricerca in qual modo sarai fatto. E tuttavia, certo, più facilmente quello che una volta sei stato ridiventerai, perché del pari senza difficoltà una volta sei divenuto quello che non fosti mai. [7] Si dubiterà, credo, della potenza di Dio, che codesto gran corpo del mondo da ciò che non era costituì, non altrimenti che se si fosse trattato di trarlo dalla morte del vuoto e del nulla: animato da uno spirito che tutte le cose animò, esempio anch'esso palese per testimoniare a voi la resurrezione degli uomini. [8] La luce, ogni giorno uccisa, risplende; e le tenebre con pari vicenda decedono e succedono; le stelle muoiono e ritornano in vita, le stagioni dove hanno fine cominciano, i frutti si consumano e ritornano, i semi certo solo dopo la corruzione e la dissoluzione in forma più feconda risorgono; tutte le cose col perire si conservano, tutte col morire si ricostituiscono. [9] Tu, uomo, così gran nome, se te stesso conosca apprendendolo almeno dall'iscrizione della Pithia, padrone di tutte le cose che muoiono e rinascono, per codesto fine morrai, per perire?. Dovunque in dissolvimento sarai caduto, qualunque materia ti avrà distrutto, assorbito, annientato, ridotto al nulla, ti restituirà. A Colui si appartiene pur il nulla, a cui anche il tutto. [10] 'Dunque - voi dite - si dovrà continuamente morire e continuamente risorgere?'. - Se così il Signore dell'Universo stabilito avesse, anche tuo malgrado la legge della tua condizione sperimenteresti. Sennonché ora non altrimenti stabili da come predisse. [11] Quella Intelligenza, che dalla diversità l'università compose, così che tutte le cose da contrari elementi in unità risultassero, di vuoto e di solido, di animato e di inanimato, di afferrabile e di inafferrabile, di luce e di tenebre, della vita stessa e della morte, quella stessa Intelligenza il tempo anche collegò secondo una condizione distinta: talché questa prima parte, quella in cui dal principio del mondo noi abitiamo, con durata temporanea verso la fine defluisca, la seguente, che noi attendiamo, nell'eternità infinita si continui. [12] Quando, dunque, la fine sarà venuta e il limite, che si spalanca in mezzo alle due età, talché anche del mondo stesso si trasformi l'aspetto, ugualmente temporaneo, che, a mo' di sipario, si stende davanti a quella eternità da Dio stabilita, allora tutto il genere umano sarà restituito, per regolare il conto di quello che di bene o di male commise in questa età e, quindi, averne la retribuzione per l'immensa perpetuità dell'eternità. [13] Perciò non morte più, né di nuovo resurrezione ci sarà; ma saremo gli stessi che ora, né altri in seguito: gli adoratori di Dio presso Dio sempre, della sostanza propria dell'eternità rivestiti; gli empi, invece, quelli non irreprensibili davanti a Dio, nel castigo del fuoco ugualmente perenne, dalla natura stessa di questo divina, è chiaro, ricevendo la partecipazione dell'incorruttibilità. [14] Sanno anche i filosofi la diversità tra un fuoco arcano e quello comune. Pertanto di gran lunga diverso è quello che all'uso comune serve, diverso quello che al giudizio di Dio obbedisce: sia che dal cielo esso fuoco i fulmini scagli, sia che dalla terra attraverso le vette dei monti erutti. Infatti non consuma quello che brucia, ma mentre annienta, ricostituisce. [15] Pertanto i monti permangono, pur sempre ardendo; e chi dal fulmine è colpito, resta intatto, talché da nessun fuoco più in cenere è ridotto. Or questo sarà testimonio del fuoco eterno, questo, esempio del giudizio eterno che alimenta il castigo: i monti sono bruciati e permangono. Che sarà dei colpevoli e dei nemici di Dio?
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