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Quinto Settimio Florente Tertulliano Apologetico IntraText CT - Lettura del testo |
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CAPO 24 -- Non dunque meritano i Cristiani di essere accusati di lesa religione per non adorare dei demoni. Inoltre è ingiusto negare ai Cristiani quella libertà religiosa, che è concessa a tutti i popoli. [1] Tutta codesta confessione di quei demoni, con cui di essere dei negano e con cui rispondono non esservi altro dio tranne quell'unico, cui noi serviamo, è sufficientemente idonea a respingere l'accusa di lesa religione, specialmente romana. E invero, se non esistono per certo dei, nemmeno esiste per certo una religione; se una religione non esiste, perché non esistono dei, per certo nemmeno noi, per certo, rei siamo di lesa religione. [2] Per contro, invece, su di voi la rampogna rimbalzerà, che, di culto la menzogna onorando, e la vera religione del vero Dio non solo trascurando, ma per di più impugnando, commettete contro la verità un delitto di vera irreligiosità. [3] Orbene, ammesso che risultasse essere quelli dei, non concederete, in base all'opinione comune, esservi un dio più alto e potente, come dire un dio principe dell'universo, di assoluta maestà? E invero così anche molti la divinità stabiliscono, da volere che l'impero e la dominazione somma presso uno solo si trovi, e i suoi uffici presso molti. Così Platone un Giove grande nel cielo descrive, da un esercito accompagnato di dei, e, in pari tempo, di demoni: [4] doversi perciò venerare del pari anche i suoi procuratori e prefetti e governatori. E tuttavia qual colpa commette chi l'opera sua, in cui spera, indirizza a guadagnarsi piuttosto il favore del Cesare, e l'appellativo di dio, come quello di imperatore, ad altri non attribuisce che a chi tiene il primo posto, giudicandosi delitto capitale altri, tranne Cesare, chiamare tale e obbedirgli come tale? [5] Uno onori Dio, un altro Giove; uno le mani supplici verso il cielo tenda, altri verso l'ara della Fede; uno, se credete, conti, pregando, le nuvole, un altro le travi del soffitto; uno al proprio Dio voti l'anima propria, altri quella di un caprone. [6] Badate, infatti, che non concorra anche questo al delitto di irreligiosità, togliere la libertà di religione e la scelta interdire della divinità, così che non mi sia permesso onorare chi voglio, ma sia costretto a onorare chi non voglio. Nessuno vorrà essere onorato da chi non vuole farlo, nemmeno un uomo. [7] E per vero agli Egiziani è data la facoltà di praticare una così vana superstizione, col divinizzare uccelli e bestie e condannare nel capo chi qualcuno di questi dei abbia ucciso. Inoltre ogni provincia e città ha un suo dio, come la Siria Astarte, l'Arabia Dusare, il Norico Beleno, l'Africa Celeste, la Mauritania i suoi principi. [8] Ho nominato, credo, province romane, né tuttavia sono romani i loro dei; ché non sono in Roma onorati più che non siano quelli, che anche attraverso l'Italia stessa hanno il loro riconoscimento per un culto municipale: Deluentino fra quei di Cassino, Visidiano fra quei di Narni, Ancaria fra quelli di Ascoli, Norzia fra quelli di Volsinio, Valenzia fra quelli di Ocricoli, Ostia fra quelli di Sutri, tra i Falisci Giunone, che in onore del padre Curis anche ne prese l'appellativo. [9] Invece a noi soli di professare è impedito una religione propria. Offendiamo i Romani e non siamo ritenuti Romani, noi che una divinità non propria dei Romani onoriamo. [10] Per fortuna che c'è un Dio di tutti, a cui tutti, si voglia o non si voglia, apparteniamo. Ma tra voi onorare di culto è lecito qualunque cosa, tranne il Dio vero: quasi che questo non sia piuttosto il Dio di tutti, a cui tutti apparteniamo.
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