Cari Fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio,
"I discepoli gioirono nel vedere Gesù".
Queste parole del Vangelo ora letto ci indicano il
centro della personalità e della vita del nostro caro don Giussani.
Don Giussani
era cresciuto in una casa - come disse lui stesso - povera di pane, ma ricca di
musica; e così, sin dall'inizio era toccato, anzi ferito, dal desiderio della
bellezza; non si accontentava di una bellezza qualunque, di una bellezza
banale: cercava la Bellezza stessa, la Bellezza infinita; così ha trovato
Cristo, in Cristo la vera bellezza, la strada della vita, la vera gioia.
Già da ragazzo ha creato con altri giovani una comunità che
si chiamava Studium Christi.
Il loro programma era: parlare di nient'altro se non di Cristo, perché
tutto il resto appariva come perdita di tempo. Naturalmente ha saputo poi
superare l'unilateralità, ma la sostanza gli è sempre rimasta. Solo Cristo dà senso a tutto nella nostra vita; sempre, don Giussani, ha tenuto fisso lo sguardo della sua vita e del
suo cuore verso Cristo. Ha capito in questo modo che il
Cristianesimo non è un sistema intellettuale, un pacchetto di dogmi, un
moralismo, ma che il Cristianesimo è un incontro; una storia d'amore; è un
avvenimento.
Questo innamoramento in Cristo, questa storia di amore che è tutta la sua vita era tuttavia lontana da
ogni entusiasmo leggero, da ogni romanticismo vago. Vedendo Cristo, realmente,
ha saputo che incontrare Cristo vuol dire seguire Cristo. Questo incontro è una
strada, un cammino; un cammino che attraversa - come abbiamo sentito nel Salmo
- anche la "valle oscura". Nel Vangelo, abbiamo sentito proprio
l'ultimo buio della sofferenza di Cristo, della apparente
assenza di Dio, dell'eclisse del Sole del mondo. Sapeva che seguire è attraversare una "valle oscura"; andare sulla
via della croce, e tuttavia vivere nella vera gioia.
Perché è così? Il Signore stesso ha tradotto questo mistero della
croce, che in realtà è il mistero dell'amore, con una formula nella quale si
esprime tutta la realtà della nostra vita. Il Signore dice: "Chi cerca la
sua vita la perderà e chi perde la propria vita la troverà".
Don Giussani realmente voleva non
avere per sé la vita, ma ha dato la vita, e proprio così ha trovato la vita non solo per sé, ma per tanti altri. Ha realizzato
quanto abbiamo sentito nel Vangelo: non voleva essere un padrone, voleva
servire, era un fedele "servitore del Vangelo", ha distribuito tutta
la ricchezza del suo cuore, ha distribuito la ricchezza divina del Vangelo,
della quale era penetrato e, servendo così, dando la vita, questa sua vita ha
portato un frutto ricco - come vediamo in questo momento - è divenuto realmente
padre di molti e, avendo guidato le persone non a sé, ma a Cristo, proprio ha
guadagnato i cuori, ha aiutato a migliorare il mondo, ad aprire le porte del
mondo per il cielo.
Questa centralità di Cristo nella sua vita gli ha dato
anche il dono del discernimento, di decifrare in modo giusto i segni dei tempi
in un tempo difficile, pieno di tentazioni e di errori,
come sappiamo.
Pensiamo agli anni '68 e seguenti: un primo gruppo dei suoi
era andato in Brasile e qui si trovò a confronto con la povertà estrema, con la
miseria. Che cosa fare? Come rispondere? E la tentazione fu grande di dire: adesso dobbiamo,
per il momento, prescindere da Cristo, prescindere da Dio, perché ci sono
urgenze più pressanti; dobbiamo prima cominciare a cambiare le strutture, le
cose esterne, dobbiamo prima migliorare la terra, poi possiamo ritrovare anche
il cielo. Era la tentazione grande di quel momento di trasformare il
cristianesimo in un moralismo, il moralismo in una politica, di sostituire il
credere con il fare. Perché, che cosa comporta il
credere? Si può dire: in questo momento dobbiamo fare qualcosa. E tuttavia, di questo passo, sostituendo la fede col
moralismo, il credere con il fare, si cade nei particolarismi, si perdono
soprattutto i criteri e gli orientamenti, e alla fine non si costruisce, ma si
divide.
Monsignor Giussani, con la sua
fede imperterrita e immancabile, ha saputo, che, anche in questa situazione,
Cristo e l'incontro con Lui rimane centrale, perché chi non dà Dio, dà troppo
poco e chi non dà Dio, chi non fa trovare Dio nel volto di Cristo, non
costruisce, ma distrugge, perché fa perdere l'azione umana in dogmatismi
ideologici e falsi. Don Giussani ha conservato la
centralità di Cristo e proprio così ha aiutato con le opere sociali, con il
servizio necessario l'umanità in questo mondo
difficile, dove la responsabilità dei cristiani per i poveri nel mondo è
grandissima e urgente.
Chi crede deve attraversare anche la "valle
oscura", le valli oscure del discernimento, e così anche delle avversità,
delle opposizioni, delle contrarietà ideologiche che arrivavano fino alle
minacce di eliminare i suoi fisicamente per liberarsi da questa
altra voce che non si accontenta del fare, ma porta un messaggio più
grande, così anche una luce più grande.
Monsignor Giussani, nella forza
della fede, ha attraversato, imperterrito queste valli oscure
e naturalmente, con la novità che portava con sé aveva anche difficoltà di
collocazione all'interno della Chiesa. Sempre se lo Spirito Santo, secondo i
bisogni dei tempi, crea il nuovo, che in realtà è il ritorno alle origini, è
difficile orientarsi e trovare l'insieme pacifico della grande
comunione della Chiesa universale. L'amore di don Giussani
per Cristo era anche amore per la Chiesa, e così sempre è rimasto fedele
servitore, fedele al Santo Padre, fedele ai suoi Vescovi.
Con le sue fondazioni ha anche interpretato di nuovo il
mistero della Chiesa.
Comunione e Liberazione ci fa
subito pensare a questa scoperta propria dell'epoca moderna, la libertà, e ci
fa pensare anche alla parola di sant'Ambrogio "Ubi fides est libertas".
Il Cardinale Biffi ha attirato la nostra
attenzione sulla quasi coincidenza di questa parola di sant'Ambrogio
con la fondazione di Comunione e Liberazione. Mettendo in
rilievo così la libertà come dono proprio della fede, ci ha anche detto
che la libertà, per essere una vera libertà umana, una libertà nella verità, ha
bisogno della comunione. Una libertà isolata, una libertà solo per l'Io,
sarebbe una menzogna e dovrebbe distruggere la comunione umana. La libertà per
essere vera, e quindi per essere anche efficiente, ha bisogno della comunione,
e non di qualunque comunione, ma ultimamente della comunione con la verità
stessa, con l'amore stesso, con Cristo, col Dio trinitario. Così si costruisce
comunità che crea libertà e dona gioia.
L'altra fondazione, i Memores
Domini, ci fa pensare di nuovo al secondo Vangelo di oggi:
la memoria che il Signore ci ha dato nella Santa Eucaristia, memoria che non è
solo ricordo del passato, ma memoria che crea presente, memoria nella quale
Egli stesso si dà nelle nostre mani e nei nostri cuori, e così ci fa vivere.
Attraversare valli oscure. Nella ultima
tappa della sua vita don Giussani ha dovuto
attraversare la valle oscura della malattia, dell'infermità, del dolore, della
sofferenza, ma anche qui, il suo sguardo era fisso su Gesù,
e così rimase vero in tutta la sofferenza, vedendo Gesù,
poteva gioire, era presente la gioia del Risorto, che anche nella passione è il
Risorto e ci dà la vera luce e la gioia e sapeva che - come dice il Salmo -
anche attraversando questa valle, "non temo alcun male perché so che Tu
sei con me e abiterò nella casa del Padre". Questa era la sua grande forza: sapere che "Tu sei con me".
Miei cari fedeli, cari giovani soprattutto, prendiamo a cuore questo messaggio, non perdiamo di vista
Cristo e non dimentichiamo che senza Dio non si costruisce niente di bene e che
Dio rimane enigmatico se non riconosciuto nel volto di Cristo.
Adesso il vostro caro amico don Giussani
ha raggiunto la sponda della Vita e siamo convinti che si è
aperta la porta della casa del Padre. Siamo convinti che, adesso,
pienamente, si realizza questa parola: vedendo Gesù
gioirono, gioisce con una gioia che nessuno gli
toglie. In questo momento vogliamo ringraziare il Signore per il grande dono di questo sacerdote, di questo fedele servitore
del Vangelo, di questo padre. Affidiamo la sua anima alla bontà del suo e del
nostro Signore.
Vogliamo in quest'ora pregare
anche particolarmente per la salute del nostro Santo Padre, ricoverato di nuovo
in ospedale. Il Signore lo accompagni, gli dia forza e
salute. E preghiamo perché il Signore ci illumini, ci
doni la fede che costruisce il mondo, la fede che ci fa trovare la strada della
vita, la vera gioia.
Amen!
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