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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo II. CENNI STORICI
        • § 42. — Costituzione politica del 1812. Sua mala riuscita.
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§ 42. — Costituzione politica del 1812. Sua mala riuscita.

Sopravvenne la rivoluzione di Francia, le due occupazioni francesi del Regno di Napoli, il ritiro di Ferdinando Borbone nella Sicilia presidiata da truppe inglesi. Nel Parlamento del 1810 apparvero le prime proposte di riforme. In quello del 1812 fu votata la nuova costituzione politica imitata dall’inglese con due Camere, l’una ereditaria, l’altra elettiva, e l’abolizione della feudalità. Non è qui luogo di esporre tutti i particolari relativi a codesti avvenimenti, le violenze e le astuzie della Corte, e sopratutto della Regina.60 Le riforme furono ideate, promosse, difese dall’ambasciatore inglese lord Bentinck e da tre o quattro siciliani di mente o di carattere superiori61; furono capite in mezzo all’ignoranza generale62. Il braccio militare le votò moncandole63 per subito dopo pentirsene aspramente e querelarsi «della nuova costituzione, perchè aveva tolto ai suoi membri tutte le preminenze e tutti i diritti feudali64,» e per cercare con ogni mezzo di conservare nel fatto almeno una parte dell’antica immunità dalle tasse65. Il braccio demaniale vedendosi regalare una potenza che non aveva fatto nulla per ottenere, passò dall’ubbidienza la più servile al volere sovrano66, all’estremo opposto, non occupandosi neppure di concedere al Ministero i denari per il servizio della Rendita pubblica, votando nuove spese, senza voler accordare nuove entrate.67 E parimente, i tre Parlamenti nel 1813 o 1814, eletti in forza della nuova costituzione, presentarono il doloroso spettacolo di una Camera dei Comuni inetta e faziosa, mossa da quella cieca antipatia delle tasse e degli aggravi di ogni genere che è propria delle plebi68; ignorante delle necessità della vita di uno Stato al punto di rifiutarsi ostinatamente ad occuparsi dei bilanci per accettarli o rifiutarli69; di una Camera dei Pari i quali si mantenevano consentanei allo spirito già dimostrato circa trenta anni prima dalla nobiltà siciliana di fronte alla proposta di riforma tributaria del vicerè Caracciolo70, e che erano intenti solamente a vendicarsi dei ministri che avevan loro fatto votare la costituzione e le riforme, e a riprendere il più che fosse possibile di quei privilegi e di quei guadagni ai quali l’anno prima avevano rinunziato71. Di modo che se il Governo, la costituzione e tutta l’Isola non andò in sfacelo, fu per l’opera del rappresentante britannico72, il quale, coll’esercito inglese di occupazione ai suoi comandi, era in Sicilia re di fatto73. Ed in mezzo a tutto questo violento agitarsi a Corte ed in Parlamento d’interessi, d’ambizioni e di rancori di persone e di caste, e prima e dopo lo stabilimento della costituzione, la nazione non diede segno di vita all’infuori dell’elezione delle Camere dei Comuni delle quali abbiamo descritto lo spirito,74 di due sedizioni della plebe di Palermo con saccheggio delle botteghe di commestibili75, e delle memorie stampate e indirizzi mandati al Governo in favore dell’abolizione dei fedecommessi76. Del resto, questo provvedimento, per quanto fosse per recare, coll’andar del tempo, infiniti benefizi all’intera popolazione, nonostante recava vantaggio immediato a un numero ristretto di persone, le quali sole perciò erano capaci di provarne il desiderio e di esprimerlo.

Finalmente il disordine crebbe a tal punto che lo stesso principe di Castelnuovo acconsentì, sulla richiesta di Ferdinando, tornato ormai all’esercizio del potere regio, a por mano ad un progetto di riforma della costituzione77.

Ma intanto le sorti di Murat precipitavano in Italia. Il 31 maggio 1815, Ferdinando tornava re nei suoi Stati di terraferma, lasciando in Sicilia una Commissione per la rettificazione della costituzione78. Poi sopravvennero gli atti sovrani degli 8 e 11 dicembre 1816, che mantenendo la costituzione in parole, la distruggevano nel fatto79, e la costituzione politica siciliana del 1812 morì coll’insperata gloria di una morte violenta e lasciò dietro di , nelle leggi, l’abolizione della feudalità e altre riforme giuridiche ed economiche d’ogni specie, nel fatto, condizioni economiche e morali circa uguali a quelle che aveva trovate.

 

 




60 La Storia parlamentare di Sicilia dal 1810 al 1815 è raccontata minutamente nel libro intitolato: Sull’Istoria moderna del Regno di Sicilia. Memorie segrete dell’abate Paolo Balsamo. Palermo, anno primo della rigenerazione. — L’autore fu uno dei principali attori del dramma.



61 Vedi: Balsamo, op. cit., cap. III.



62 Vedi nell’opera del Balsamo (pag. 65) l’ignoranza e leggerezza del principe di Aci, uno dei ministri, intorno ad uno dei punti fondamentali della costituzione.



63 Il braccio baronale votò la soppressione dei diritti angarici, ma aggiungendo che i possessori dovessero essere pienamente indennizzati (Balsamo, op. cit., pag. 66). Il braccio baronale rigettò l’abolizione dei fidecommessi (ibid., pag. 84).



64 Balsamo, op. cit., pag. 115; vedi pure pagg. 129 e 255.



65 I baroni amavano di levare l’amministrazione della rendita pubblica al Re, e darla al Parlamento perchè non volevano perdere quei favori che loro si compartivano dalla Deputazione del Regno nell’esazione dei tributi o donativi (Balsamo, op. cit., pag. 67). Infatti, i soli a votar contro l’attribuzione al Re dell’amministrazione della Rendita pubblica furono i baroni. (Ibid., pag. 76).



66 Balsamo, op. cit., pagg. 3 e 7.



67 Balsamo, op. cit. pag. 86.



68 Balsamo, op. cit., pag. 115.



69 Balsamo, op. cit., capitoli V, VI, VII, VIII, passim; e specialmente pagg. 119, 124, 125, 129, 142, 145.



70 La Lumia, Il vicerè Domenico Caracciolo, § 7 (Studi di Storia Siciliana, vol. II, pagg. 579, 580).



71 Balsamo, op. cit., capitoli V, VI, VII, VIII; e specialmente pagg. 115, 129, 255.



72 Balsamo, op. cit., passim; e specialmente pagg. 87, 129, 140.



73 Vedi: Balsamo, op. cit., passim; e specialmente alla fine del cap. IV come Bentinck impedisse colla forza a re Ferdinando di riprendere l’esercizio del potere regio già delegato al principe ereditario.



74 Erano elettori tutti coloro che avevano una rendita annua di onze 18 pari a L. 229.50 circa. (Costituzione del 1812, tit. T, cap. VIII, § 1). Se pure di tali elezioni si deve rendere responsabile il popolo siciliano, il quale non sappiamo fino a qual punto realmente vi partecipasse. Se anche ora, le elezioni politiche sono effetto esclusivamente d’influenze personali, che cosa dovevano essere allora, quando le cagioni che ora fanno tali elezioni erano più potenti di adesso?



75 Balsamo, op. cit., pagg. 61 e 120.



76 Balsamo, op. cit., pag. 108.



77 Balsamo, op. cit., pagg. 252, 253. — Conviene però dire che prima il Re aveva presentato al Castelnuovo un progetto di riforma della Costituzione, che sotto colore di migliorarlo ne distruggeva i fondamenti. (Balsamo, op. cit., pag 150).



78 Balsamo, op. cit., pag. 256.



79 Bracci, Memorie storiche intorno al Governo della Sicilia, pag. 21. Palermo, Pedone Lauriel, 1870.






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