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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

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  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo II. CENNI STORICI
        • § 46. — Effetti della sovrapposizione del sistema di governo italiano sulle condizioni della Sicilia.
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§ 46. — Effetti della sovrapposizione del sistema di governo italiano sulle condizioni della Sicilia.

Imperocchè il Governo italiano portò in Sicilia un sistema di legislazione (compreso lo Statuto) e di pratica di governo, fondati sulla presunzione della esistenza di una classe media numerosissima. Non è qui il luogo di esaminare quanta parte di questo sistema fosse stata presa bell’e fatta da altri paesi, qual prova facesse in altre parti d’Italia. Ad ogni modo, sta il fatto che la caratteristica principale del Governo italiano è che esso cerca l’appoggio e l’aiuto della classe media, per quanto possa accadere a chi lo dirige di perdere talvolta di vista nei particolari questo indirizzo generale.

Se non che un siffatto sistema produce gli effetti proprii di un governo civile in quei paesi solamente dove il numero e la condizione della classe media è tale, che l’infinita varietà dei suoi interessi e delle forme della sua attività rende impossibili o quasi, i monopolii di qualunque specie, monopolii d’influenza, o amministrativi, o commerciali. Tale non era, come abbiamo cercato di mostrarlo, la condizione della Sicilia nel 1860. La scarsissima classe che già prima dominava in gran parte le relazioni d’indole pubblica e privata, venne per la forza delle cose in potere anche della nuova autorità ed influenza conceduta dal Governo, e più crebbe il potere di questa classe, più l’uso che da essa ne veniva fatto assunse il carattere di un monopolio diretto ad esclusivo benefizio di chi lo esercitava. Ne nacquero i disordini di cui abbiamo cercato di dare un’idea nel capitolo precedente, e dei quali primi a soffrire furono i membri di quella classe stessa che n’era cagione. Laonde lamenti dei Siciliani, lamenti del Governo, accuse reciproche ed ugualmente ingiuste. Poichè l’una delle parti aveva in buonissima fede creduto di dare una cosa differente da quella che l’altra, con buona fede non minore, aveva creduto di ricevere. La cosa realmente data o ricevuta, poi, si trovava nel fatto esser diversa e dall’una e dall’altra. La classe che assumeva quell’autorità che dal Governo veniva abbandonata alla popolazione, non era in Sicilia la stessa che in altri paesi dove siffatto abbandono era già stato sperimentato. Per modo che quest’autorità mutò il carattere fino allora attribuitole, almeno in teoria. Insomma, la classe dirigente siciliana ricevette e si tenne una autorità differente da quella che il Governo italiano intendeva concederle, e ciò senza che, in sul momento, l’una, l’altro si avvedesse del qui pro quo. Quando se ne manifestarono gli effetti, la loro cagione fu cercata altrove, e non sapendo, o piuttosto non osando andare a cercare la radice del male, si è cercato di curarne le manifestazioni esterne con quel successo che ognun sa.

Noi tenteremo adesso di esporre nei loro particolari i modi nei quali le istituzioni e le pratiche del Governo italiano vennero ad assumere, applicate in Sicilia, un carattere speciale, producendo gli effetti già descritti, e la influenza che ebbero a vicenda le istituzioni sulla popolazione, e la popolazione sul carattere che assunsero in Sicilia le istituzioni. Però, prima di inoltrarci nell’ardua discussione delle questioni pratiche di governo, ci fermeremo un momento, e riassumendo parte del fin qui detto, determineremo il punto, al quale abbiamo fino adesso cercato di portare la questione.

Al sopravvenire del Governo italiano, le condizioni della Sicilia in confronto di quelle delle nazioni del centro d’Europa, erano per ogni verso molto più medioevali che moderne. La ricchezza era riunita in poche mani, pochissime erano le fortune medie, la classe che vive del lavoro delle braccia, e che formava la quasi totalità della popolazione, era non solo assolutamente proletaria, ma anche, nella maggior parte dei casi, nella dipendenza personale di chi l’impiegava, e ciò per il carattere speciale dei contratti agricoli95. Continuavano le condizioni della produzione già da noi descritte, e rispondevano alla distribuzione della ricchezza. Mancavano quasi del tutto le industrie e i commerci. Il piccolo numero di coloro che disponevano del capitale; la scarsezza, la semplicità, e l’uniformità delle relazioni economiche, davano per forza a queste tutti i caratteri di monopolii senza controllo. Qualunque forma queste assumessero, la forza delle cose portava sempre una coalizione anche non pensata, degli interessi economicamente più forti contro i più deboli. Rispondevano a questa condizione economica le relazioni sociali e lo stato morale delle popolazioni. Nel campo ristrettissimo lasciato all’attività ed all’ambizione di quella classe di persone che era in grado di averne, ogni ambizione diventava una gara, le gare prendevan forma di rivalità, le rivalità producevano odii che poi duravano e andavano esacerbandosi, ed estendendosi d’anno in anno e di generazione in generazione.

L’autorità sociale era sempre mancata, da un lato perchè i Governi o non avevano potuto imporsi o non si erano curati di farlo, dall’altro, perchè mancava una classe media numerosa. Di modo che la potenza individuale vinse, dominò e dette leggi dappertutto. E dall’esser sempre stati i suoi effetti invincibili ed ineluttabili, ne risultò che furono da tutti, sia che ne approfittassero, sia che ne soffrissero considerati come legittimi, e la prepotenza diventò il fondamento di tutte le relazioni sociali e del senso giuridico in ogni classe della popolazione.

Ne seguì che in quelle parti dell’Isola dove la prepotenza aveva forma violenta, si continuò fino al 1860 la tradizione medioevale delle violenze, della facilità al sangue, del niun valore dato alla vita umana.

In ogni modo da siffatto stato di cose risultò che i soli atti ad avere e usare influenza ed autorità di qualunque genere erano i membri della scarsissima classe abbiente insieme con quei pochi che alla mancanza di ricchezza supplivano colla svegliatezza di mente e coll’astuzia, e fra loro, quelli che s’erano acquistata e sapevano conservarsi la preponderanza. Siffatta autorità od influenza non era poteva essere usata da essi che a vantaggio loro e dei loro aderenti e a sostegno della loro preponderanza, poichè è inintelligibile per uomini nelle condizioni sociali descritte, perfino il concetto d’interesse pubblico nel senso moderno della parola. Finalmente l’usare siffattamente della loro autorità ed influenza era riconosciuto per cosa legittima dal senso giuridico dell’universale.

Alla classe dirigente di siffatta società, lo Stato italiano affidò:

La guardia della giustizia penale, dell’ordine e della sicurezza pubblica per mezzo del giurì, delle attribuzioni di polizia, dei sindaci, e, (fino al 1874) della Guardia nazionale;

L’amministrazione del patrimonio pubblico e l’autorità d’imporre tasse, coi Consigli provinciali e comunali, le Opere pie, insomma, le amministrazioni locali d’ogni specie;

L’amministrazione del patrimonio pubblico destinato al Credito per mezzo del banco di Sicilia96.

Finalmente, si rimise nelle mani loro per conoscere i lamenti, i bisogni, i desiderii dell’intera popolazione dell’Isola. Molto più: nella pratica si sottopose alla loro autorità; perchè deve fare i conti con i desiderii e le domande dei deputati, ai quali dal canto loro conviene appoggiarsi sulla classe influente dell’Isola per non perdere il collegio.

Nell’esporre gli effetti di codesta sovrapposizione delle istituzioni degli Stati moderni sopra condizioni sociali proprie di uno stadio diverso della civiltà, prenderemo principio dai fatti riguardanti la sicurezza pubblica, i quali ancora che non siano comuni a tutta la Isola, pure hanno fatto maggior rumore sul Continente, e si prestano più d’ogni altro alla esposizione minuta degli elementi, che contribuiscono alle condizioni comuni di tutta Sicilia.

Dopo di che, descriveremo gli effetti del sopraccennato sistema di governo sulle amministrazioni locali; sul maneggio dei loro patrimoni; e degli innumerevoli interessi che a loro si riferiscono; il che ci darà occasione di ragionare degli effetti del regime italiano sulle condizioni economiche della Sicilia.

Finalmente parleremo delle relazioni fra la società siciliana e il Governo italiano, e della politica da questi seguìta verso di lei.

E termineremo esponendo quei rimedi che a noi sembrano più atti a portare un miglioramento nello stato dell’Isola.


 




95 Vedi il libro secondo del presente lavoro: I contadini in Sicilia, per Sidney Sonnino.



96 «Questa crisi e questo abuso tornano soprattutto a rimprovero e a responsabilità del maggiore istituto, di quel banco di Sicilia che, provvisto di un capitale proprio e non obbligato a trarre dalle sue operazioni lucro per azionisti, avrebbe potuto esercitare sull’intera Sicilia in proporzioni diverse quella salutare influenza che esercita sulle province lombarde la Cassa di Risparmio di Milano. Invece, l’azione sua fu tutt’altra. Riordinato col decreto reale del 10 gennaio 1869, come istituto di deposito, di circolazione e di sconto a breve scadenza (per termini non maggiori di mesi quattro secondo gli articoli 4 e 5 dello statuto) si voltò a ben diverse operazioni, fece mutui di grossissime somme a lunghe scadenze e sopra ipoteche assai contestabili; trasse ed accettò cambiali di comodo a beneficio degli stessi amministratori e commissari di sconto, restrinse ai pochissimi invece di largheggiare ai molti, i benefizi di una istituzione che a nome e nell’interesse dei molti era stata creata». (Relazione della Commissione d’inchiesta per la Sicilia, pagine 34 e 35).






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