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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo III. LA PUBBLICA SICUREZZA
      • I. CAUSE E CARATTERI GENERALI
        • § 49. — Cagioni dell’importanza acquistata dalla classe dei malfattori per mestiere.
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§ 49. — Cagioni dell’importanza acquistata dalla classe dei malfattori per mestiere.

Se non che la sovrapposizione di una legislazione e di un sistema d’indole moderna ad una società simile a quella di cui abbiamo adesso accennato, la conduce a prendere una forma particolare, e a manifestare fenomeni speciali. Fintantochè era in vigore nell’Isola il sistema feudale, la potenza e la forza materiale erano così in diritto come nel fatto, riservate ad una classe della Società98; la violenza veniva usata più specialmente a suo favore, si poteva dire un suo privilegio, e gli esecutori erano più che altro istrumenti a suo servizio. L’uso della violenza era dunque regolarizzato fino ad un certo punto, vi erano violenze riconosciute dal diritto, ed altre no; e, dato quello speciale ordinamento sociale, fondato sulla forza e sull’autorità private, l’andamento della società era normale. Certamente, non mancavano i disordini e le violazioni di quell’ordinamento stesso, il quale per la sua natura medesima è incapace d’impedirli. Era frequente il caso che la prepotenza e la violenza fosse usurpata abusivamente da persone che non avrebbero avuto titolo per usarla. Così, i bravi dei signori, i quali, proibiti o no dalla teoria del diritto, erano ammessi nella pratica, non si astenevano di commettere estorsioni a proprio vantaggio; non mancavano malandrini che esercitassero la loro industria per conto proprio; le violenze fra signore e signore non erano sottoposte a regola alcuna. Ma malgrado queste perturbazioni occasionali, l’uso della forza rimaneva nella massima parte dei casi limitato e sottoposto a certe regole: rimaneva in linea generale il fatto che la società era divisa in due parti: da un lato una classe dominante, dall’altro delle classi dominate; e che il mezzo che avea la prima per dominare, mezzo in gran parte riconosciuto dalla legge anche teorica, era la forza materiale. In siffatta condizione di cose, il diritto positivo rispondeva alle condizioni di fatto e al senso giuridico delle popolazioni. Il che permetteva di sperare che, verificandosi a poco a poco un mutamento nelle circostanze di fatto, vi rispondesse il modificarsi del diritto positivo, dimodochè ne sarebbe risultato un miglioramento spontaneo e lento di tutto l’organismo sociale in tutte le sue forme e manifestazioni.

Ma, cambiato coll’abolizione della feudalità il diritto positivo, cessò del tutto la conformità di questo colle condizioni di fatto e col senso giuridico delle popolazioni. Da un lato il diritto positivo non riconobbe più in teoria in pratica prepotenze o violenze di nessun genere, e le considerò tutte indistintamente, come delittuose. Questo cambiamento fu compiuto dalla legislazione portata dal Regno d’Italia nel 1860. Dall’altro lato, le condizioni di fatto rimasero immutate, essendo rimasto come prima libero il campo alla prepotenza privata, per l’assoluta impotenza dell’autorità sociale ad imporre le sue leggi con la forza. Per modo che sparì dal sentimento della popolazione perfino quell’oscura distinzione fra atti legali e illegali, che è sempre nelle menti generata da un diritto positivo efficace, per quanto la distinzione da questo sancita sia, al punto di vista della società moderna, iniqua ed ingiustificata. Ne risultò che, sparito qualunque criterio il quale distinguesse delle violenze lecite e delle altre illecite, e rimaste le condizioni di fatto che facevano della violenza il fondamento delle relazioni sociali, queste furono tutte indistintamente ammesse dal senso giuridico delle popolazioni.

D’altra parte, le condizioni di fatto furono bensì modificate dal mutarsi del diritto positivo, fu bensì dato alla società un carattere più democratico col lasciare aperta la via ad ognuno che ne fosse capace, di usare delle forze in essa esistenti. Ma la forza colla quale si reggeva la società, continuando ad essere la prepotenza privata, ne risultò che, dove questa assumeva forma di violenza, la riforma avesse per effetto solamente di aprir la via ad un maggior numero di persone ad usare di questa.

Invero, se da una parte chi era prima in possesso quasi esclusivo della forza materiale si riduceva ad usarne meno99, dall’altra, sciolta ormai da ogni vincolo e privilegio l’industria della violenza, ebbe una esistenza e un’organizzazione indipendenti. Il che ebbe per effetto di moltiplicare e variare all’infinito gli oggetti per i quali le violenze si commettevano. Difatti, adesso non si tratta più solamente di delitti commessi per favorire i disegni di questo o di quell’altro grande. I malfattori, pur sempre pronti a servire altrui, lavorano per conto proprio, e la loro industria è una nuova sorgente di delitti molto più numerosi di quelli che i bravi degli antichi baroni e i briganti del tempo passato potessero commettere nel proprio interesse. Di più, l’organizzazione della violenza diventata per tal modo più democratica, è adesso accessibile a molti piccoli interessi che prima non avevano a loro servizio se non il braccio e l’energia di colui cui premevano. Sicchè la soppressione delle forze armate ed in generale dei privilegi baronali ha fatto della violenza una istituzione accessibile quasi ad ogni ceto e ad ogni classe. Questa a noi pare la cagione di quell’infinito intricarsi di violenze in ogni direzione, che mette sulle prime tanta confusione nella mente di chi, per un processo intellettuale quasi istintivo, cerchi di distinguere una classe di oppressori ed una di oppressi. Perchè colui che oggi è prepotente può esser vittima domani, e di uno non più potente di lui. E l’uomo più pacifico può trovarsi nel caso di usar violenza, o per lo meno di fare alleanza, non foss’altro, per la sua legittima difesa, con chi fa mestiere di usarla.

L’importanza acquistata dalla classe indipendente dei facinorosi ebbe per effetto di assicurarle quella autorità morale di cui ogni forza privata che sia in grado di preponderare gode in Sicilia per le ragioni che abbiamo più sopra esposte. In conseguenza, nell’Isola, la classe dei facinorosi si trova in condizione speciale, che non ha nulla che fare con quella dei malfattori in altri paesi per quanto possano essere numerosi, intelligenti e bene organizzati, e si può quasi dire di essa che è addirittura un’istituzione sociale. Giacchè, oltre ad essere un istrumento al servizio di forze sociali esistenti ab antiquo, essa è diventata, per le condizioni speciali portate dal nuovo ordine di cose, una classe con industria ed interessi suoi proprii, una forza sociale di per stante.

 

 




98 Negli ultimi secoli del regime feudale in Sicilia, la legislazione conteneva due principii contrastanti fra di loro. L’uno, che segnava la transizione fra il diritto feudale e il moderno, proibiva talune violenze, non riconosceva le guerre private, conteneva come un barlume del concetto dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla giustizia, ed affidava allo Stato la guardia di questa. Era un oscuro ed inconscio sentimento del diritto moderno che si manifestava con alcune leggi sconnesse fra di loro, non ispirate da un concetto complessivo, ma piuttosto provocate ad una ad una da fatti che principiavano ad essere dallo Stato considerati come disordini. Questo principio non aveva organi efficaci per imporsi. Le poche leggi che s’informavano ad esso, si rinnovavano ogni tanto, sempre ugualmente inosservate. Si appoggiavano sopra una istituzione inefficace; la Gran Corte regia di giustizia. Era insomma diritto esclusivamente teorico. L’altro principio era quello del diritto feudale vero e proprio. Appoggiato sopra un organismo completo ed efficacissimo, perchè costituito dalle forze sociali realmente esistenti, sancito e completato dal diritto consuetudinario in vigore, il quale spesso era in contraddizione perfino col diritto feudale teorico, prevaleva sull’altro non solo nel fatto e negli animi delle popolazioni, ma anche in quelli dei governanti. Era, salvo pochi casi eccezionali ed isolati, il solo osservato. Ed a questo solo intenderemo di alludere ogniqualvolta nel corso del nostro ragionamento parleremo del diritto positivo in vigore in Sicilia nel tempi feudali.



99 Vedi sopra, pagg. 96, 97 [§ 45 Nota per l'edizione elettronica Manuzio].






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