§ 49. — Cagioni
dell’importanza acquistata dalla classe dei malfattori per mestiere.
Se non che la sovrapposizione di una legislazione e di un
sistema d’indole moderna ad una società simile a quella di cui abbiamo adesso
accennato, la conduce a prendere una forma particolare, e a manifestare
fenomeni speciali. Fintantochè era in vigore nell’Isola il sistema feudale, la
potenza e la forza materiale erano così in diritto come nel fatto, riservate ad
una classe della Società98; la violenza veniva usata più specialmente a
suo favore, si poteva dire un suo privilegio, e gli esecutori erano più che
altro istrumenti a suo servizio. L’uso della violenza era dunque regolarizzato
fino ad un certo punto, vi erano violenze riconosciute dal diritto, ed altre
no; e, dato quello speciale ordinamento sociale, fondato sulla forza e
sull’autorità private, l’andamento della società era normale. Certamente, non
mancavano i disordini e le violazioni di quell’ordinamento stesso, il quale per
la sua natura medesima è incapace d’impedirli. Era frequente il caso che la
prepotenza e la violenza fosse usurpata abusivamente da persone che non
avrebbero avuto titolo per usarla. Così, i bravi dei signori, i quali,
proibiti o no dalla teoria del diritto, erano ammessi nella pratica, non si
astenevano di commettere estorsioni a proprio vantaggio; non mancavano
malandrini che esercitassero la loro industria per conto proprio; le violenze
fra signore e signore non erano sottoposte a regola alcuna. Ma malgrado queste
perturbazioni occasionali, l’uso della forza rimaneva nella massima parte dei
casi limitato e sottoposto a certe regole: rimaneva in linea generale il fatto
che la società era divisa in due parti: da un lato una classe dominante,
dall’altro delle classi dominate; e che il mezzo che avea la prima per
dominare, mezzo in gran parte riconosciuto dalla legge anche teorica, era la
forza materiale. In siffatta condizione di cose, il diritto positivo rispondeva
alle condizioni di fatto e al senso giuridico delle popolazioni. Il che
permetteva di sperare che, verificandosi a poco a poco un mutamento nelle
circostanze di fatto, vi rispondesse il modificarsi del diritto positivo, dimodochè
ne sarebbe risultato un miglioramento spontaneo e lento di tutto l’organismo
sociale in tutte le sue forme e manifestazioni.
Ma, cambiato coll’abolizione
della feudalità il diritto positivo, cessò del tutto la conformità di questo
colle condizioni di fatto e col senso giuridico delle popolazioni. Da un lato
il diritto positivo non riconobbe più nè in teoria nè in pratica prepotenze o
violenze di nessun genere, e le considerò tutte indistintamente, come
delittuose. Questo cambiamento fu compiuto dalla legislazione portata dal Regno
d’Italia nel 1860. Dall’altro lato, le condizioni di fatto rimasero immutate,
essendo rimasto come prima libero il campo alla prepotenza privata, per
l’assoluta impotenza dell’autorità sociale ad imporre le sue leggi con la forza.
Per modo che sparì dal sentimento della popolazione perfino quell’oscura
distinzione fra atti legali e illegali, che è sempre nelle menti generata da un
diritto positivo efficace, per quanto la distinzione da questo sancita sia, al
punto di vista della società moderna, iniqua ed ingiustificata. Ne risultò che,
sparito qualunque criterio il quale distinguesse delle violenze lecite e delle
altre illecite, e rimaste le condizioni di fatto che facevano della violenza il
fondamento delle relazioni sociali, queste furono tutte indistintamente ammesse
dal senso giuridico delle popolazioni.
D’altra parte, le condizioni di
fatto furono bensì modificate dal mutarsi del diritto positivo, fu bensì dato
alla società un carattere più democratico col lasciare aperta la via ad ognuno
che ne fosse capace, di usare delle forze in essa esistenti. Ma la forza colla
quale si reggeva la società, continuando ad essere la prepotenza privata, ne
risultò che, dove questa assumeva forma di violenza, la riforma avesse per
effetto solamente di aprir la via ad un maggior numero di persone ad usare di
questa.
Invero, se da una parte chi era prima in possesso quasi
esclusivo della forza materiale si riduceva ad usarne meno99,
dall’altra, sciolta ormai da ogni vincolo e privilegio l’industria della
violenza, ebbe una esistenza e un’organizzazione indipendenti. Il che ebbe per
effetto di moltiplicare e variare all’infinito gli oggetti per i quali le
violenze si commettevano. Difatti, adesso non si tratta più solamente di
delitti commessi per favorire i disegni di questo o di quell’altro grande. I
malfattori, pur sempre pronti a servire altrui, lavorano per conto proprio, e
la loro industria è una nuova sorgente di delitti molto più numerosi di quelli
che i bravi degli antichi baroni e i briganti del tempo passato
potessero commettere nel proprio interesse. Di più, l’organizzazione della
violenza diventata per tal modo più democratica, è adesso accessibile a molti
piccoli interessi che prima non avevano a loro servizio se non il braccio e
l’energia di colui cui premevano. Sicchè la soppressione delle forze armate ed
in generale dei privilegi baronali ha fatto della violenza una istituzione
accessibile quasi ad ogni ceto e ad ogni classe. Questa a noi pare la cagione
di quell’infinito intricarsi di violenze in ogni direzione, che mette sulle
prime tanta confusione nella mente di chi, per un processo intellettuale quasi
istintivo, cerchi di distinguere una classe di oppressori ed una di oppressi.
Perchè colui che oggi è prepotente può esser vittima domani, e di uno non più
potente di lui. E l’uomo più pacifico può trovarsi nel caso di usar violenza, o
per lo meno di fare alleanza, non foss’altro, per la sua legittima difesa, con
chi fa mestiere di usarla.
L’importanza acquistata dalla
classe indipendente dei facinorosi ebbe per effetto di assicurarle quella
autorità morale di cui ogni forza privata che sia in grado di preponderare gode
in Sicilia per le ragioni che abbiamo più sopra esposte. In conseguenza,
nell’Isola, la classe dei facinorosi si trova in condizione speciale, che non
ha nulla che fare con quella dei malfattori in altri paesi per quanto possano
essere numerosi, intelligenti e bene organizzati, e si può quasi dire di essa
che è addirittura un’istituzione sociale. Giacchè, oltre ad essere un
istrumento al servizio di forze sociali esistenti ab antiquo, essa è
diventata, per le condizioni speciali portate dal nuovo ordine di cose, una
classe con industria ed interessi suoi proprii, una forza sociale di per sè
stante.
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