§ 54. — Facinorosi della
classe media.
Imperocchè la città e l’agro palermitano ci presentano un
fenomeno a prima vista incomprensibile e contrario alla esperienza generale e alle
opinioni ricevute. Ivi l’industria delle violenze è per lo più in mano a
persone della classe media. In generale questa classe è considerata come uno
elemento d’ordine e di sicurezza, specialmente dov’è numerosa, come lo è
infatti in Palermo. Noi stessi abbiamo più sopra notato come il suo scarso
numero in Sicilia fosse una delle principali cagioni della condizione
dell’Isola102. Questa contraddizione però è solamente apparente.
Invero, quando la classe media non ha preso in un paese una preponderanza di
numero e d’influenza tale da assicurare ad una legislazione uguale per tutti il
sopravvento sulla potenza privata, l’osservanza delle leggi, la condotta
regolare e pacifica non è più un mezzo di conservare le proprie sostanze e il
proprio stato. Ora, la caratteristica essenziale che fa sì che codesta classe
sia in generale un elemento d’ordine, è per l’appunto il timore che domina in
chi la compone di perder ciò che ha acquistato, e la ripugnanza di correr
rischi per acquistare di più. Per modo che, quando per le condizioni sociali da
un lato, per l’impotenza dell’autorità dell’altro, il rischio non è maggiore a
usar violenza che a non usarla, cessa ogni cagione per i membri della classe
media, di sostenere l’ordine. Anzi, per poco che abbiano intelligenza, energia
e desiderio di migliorare il proprio stato, (e in quella parte del territorio
dove la classe media sarà più numerosa, saranno pure più numerose le
probabilità che si trovino nel suo seno uomini dotati di siffatte qualità),
niuna industria è per loro migliore di quella della violenza. Perchè portano
nell’esercizio di questa tutte le doti che distinguono la loro classe, e, in
altri paesi, la fanno prosperare nelle industrie pacifiche: l’ordine, la
previdenza, la circospezione; oltre ad una educazione ed in conseguenza una
sveltezza di mente superiore a quella del comune dei malfattori. Perciò
l’industria delle violenze è, in Palermo e dintorni venuta in mano di persone
di questa classe. A quelle deve la sua organizzazione superiore; l’unità dei
suoi concetti, la costanza dei suoi modi di agire, la profonda abilità colla
quale sa voltare a suo profitto perfino le leggi e l’organizzazione governativa
dirette contro il delitto; l’abile scelta delle persone, dalle quali conviene
accettare la commissione d’intimidazioni o di delitti; la costanza colla quale
osserva quelle regole di condotta, che sono necessarie alla sua esistenza anche
nelle lotte che non di rado insorgono fra coloro i quali la praticano.
Tutti i cosiddetti capi mafia
sono persone di condizione agiata. Sono sempre assicurati di trovare istrumenti
sufficentemente numerosi a cagione della gran facilità al sangue della
popolazione anche non infima di Palermo e dei dintorni. Del resto sono capaci
di operare da sè gli omicidii. Ma in generale non hanno bisogno di farlo,
giacchè la loro intelligenza superiore, la loro profonda cognizione delle
condizioni della industria ad ogni momento, lega intorno a loro, per la forza
delle cose, i semplici esecutori di delitti e li fa loro docili istrumenti. I
facinorosi della classe infima appartengono quasi tutti in diversi gradi e
sotto diverse forme alla clientela dell’uno o dell’altro di questi capi
mafia, e sono uniti a quelli in virtù di una reciprocanza di servigi, di
cui il resultato finale riesce sempre a vantaggio del capo mafia. Il
quale fa in quell’industria la parte del capitalista, dell’impresario e del
direttore. Egli determina quell’unità nella direzione dei delitti, che dà alla mafia
la sua apparenza di forza ineluttabile ed implacabile; regola la divisione del
lavoro e delle funzioni, la disciplina fra gli operai di questa industria,
disciplina indispensabile in questa come in ogni altra per ottenere abbondanza
e costanza di guadagni. A lui spetta il giudicare dalle circostanze se convenga
sospendere per un momento le violenze, oppure moltiplicarle e dar loro un
carattere più feroce, e il regolarsi sulle condizioni del mercato per scegliere
le operazioni da farsi, le persone da sfruttare, la forma di violenza da usarsi
per ottenere meglio il fine. È propria di lui quella finissima arte, che
distingue quando convenga meglio uccidere addirittura la persona recalcitrante
agli ordini della mafia, oppure farla scendere ad accordi con uno
sfregio, coll’uccisione di animali o la distruzione di sostanze, od anche
semplicemente con una schioppettata di ammonizione. Un’accozzaglia od anche
un’associazione di assassini volgari della classe infima della società, non
sarebbe capace di concepire siffatte delicatezze, e ricorrerebbe sempre
semplicemente alla violenza brutale.
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