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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo III. LA PUBBLICA SICUREZZA
      • II. I MALFATTORI A PALERMO E NEI SUOI DINTORNI
        • § 57. — Come sia generalmente possibile in parte della Sicilia valersi dell’aiuto dei malfattori senza dar mandati per delitti.
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§ 57. — Come sia generalmente possibile in parte della Sicilia valersi dell’aiuto dei malfattori senza dar mandati per delitti.

Il vantaggio che un membro della classe dominante può trarre dall’esistenza del ceto dei malfattori è, nel massimo numero dei casi, indiretto. Ben di rado egli ha bisogno di dare un mandato per omicidio, ed anche per minaccia. Nel corso ordinario della vita, perch’egli possa impunemente imporre la sua volontà, basta la fama ch’egli è alleato colla mafia. Come la mafia è la forza più rispettata, così chi l’adopera è certo di vincere chiunque usi altri mezzi di violenza, e fra coloro che l’adoperano, è sicuro di predominare chi è unito alla frazione più temuta di essa.

Inoltre, la mafia non ha bisogno di adoperare attualmente la violenza o l’intimidazione diretta se non nel minimo numero dei casi in cui usa la sua autorità. Essa ha ormai relazioni d’interesse così molteplici e variate con tutte le parti della popolazione; sono tanto numerose le persone a lei obbligate per la riconoscenza o per la speranza dei suoi servigi, che essa ormai ha infiniti mezzi d’influire all’infuori del timore della violenza, per quanto la sua esistenza si fondi su questa. Di più, quando pure quei suoi altri mezzi non bastino, la riputazione d’efficacia e di inevitabilità delle sue vendette è stabilita talmente bene, che basta la fama ch’essa s’interessi ad un affare perchè ognuno si sottoponga in quello alle sue voglie.

Parimente, la perfetta organizzazione della classe dei facinorosi è cagione che essa possa assumere qualunque impresa per così dire, a cottimo, in modo che chiunque le un incarico non abbia da occuparsi dei mezzi che essa adopera per raggiungere il fine desiderato, e possa perfino ignorarli. Può benissimo darsi che sia commesso anche un assassinio nell’interesse di uno che si appoggi sulla mafia, non solo senza che questi lo sappia, ma anche quando sia uomo da riprovarlo ed impedirlo se lo sapesse. Non è che le cose avvengano sempre in questo modo. Più di un membro della classe dominante è direttamente responsabile di aver dato mandato per omicidii o per intimidazioni. Ma molti, e forse la maggior parte non hanno e probabilmente non avranno mai intenzione diretta di far commettere un assassinio; si contentano di conoscere in genere che se ne commettono, e si rassegnano a malincuore alla dura necessità che sia da altri usato siffatto mezzo per raggiungere direttamente o indirettamente i propri fini, od anche, nel risolversi ad approfittare di quella forza che trovano bell’e preparata per servirli, non si rendono ben conto dei mezzi che questa adopera, e non prevedono che saranno forse usati in loro servigio.

Ma se tutti coloro i quali proteggono la mafia non sono complici diretti dei suoi misfatti, tutti, senza eccezione, contribuiscono a porla in grado di commetterli, adoperando tutti i mezzi di cui dispongono per mantenerla in vita prospera e rigogliosa, per proteggere i malfattori e sottrarli alla giustizia. Il dar loro ricovero, il nasconderli dalle ricerche dell’autorità, il dar loro vitto, vesti, armi, sono, fra i mezzi usati, i meno efficaci, e per così dire i più negativi; molto più che questi fatti, considerati isolatamente, caso per caso, si possono in gran parte giustificare col timore di una vendetta. Ma l’alleato della mafia, protegge i malfattori, aiutandoli a fuggire se arrestati, intrigando presso la magistratura o l’autorità coi potenti mezzi di cui dispone per impedire le condanne, sollevando al bisogno la cosiddetta opinione pubblica, per mezzo dei giornali di cui dispone, contro i funzionari che li fanno arrestare, e contro il Governo che sostiene quei funzionari104. Certamente i rappresentanti del Governo non di rado prestano il fianco a siffatti attacchi, col non attenersi alle prescrizioni delle leggi; ma è cosa strana che quelle medesime persone le quali accolgono col silenzio, talvolta anco con l’approvazione, certe mostruose illegalità di funzionari governativi, che si distinguono difficilmente da delitti veri e propri, sollevano poi mari e monti quando qualche autorità, pure cogliendo nel segno, abbia commesso qualche violazione delle forme legali non giustificabile, ma spiegabile colla straordinaria difficoltà delle circostanze.

 

 




104 «....e quanta virtù occorra per resistere impavidi alle malevole insinuazioni, agli articoli dei gazzettieri e alle pressioni di amici e parenti e protettori d’imputati de’ quali non ci ha mai penuria, anco tra persone rivestite di pubblico ufficio». (Relazione sull’amministrazione della giustizia nel 1872 nel distretto della Corte d’appello di Palermo, del comm. Vincenzo Calenda, reggente la Procura generale, pag. 51).






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