§ 58. — Come il predominio
della violenza rechi danno alla maggioranza, e nonostante non possa da questa
venire distrutto.
Certamente, dove domina la
violenza, la sola minoranza ne trae maggiori vantaggi che danni; e così nella
città e nell’agro palermitano, la gran massa della popolazione è sacrificata
alla parte di essa che esercita il delitto; e nella classe dominante stessa,
all’infuori del numero limitato di persone che si sono acquistate sul rimanente
una preponderanza costante ed assoluta, e sono in relazioni continuate e
regolari col principale istrumento di questa, la mafia, tutti gli altri
sarebbero in una società di tipo moderno in condizioni materiali e morali molto
migliori delle attuali, per quanto adesso possano dalla violenza trarre
occasionalmente vantaggi. Eppure, non è prevedibile per parte di nessuna classe
della Società una reazione efficace contro l’attuale forma delle relazioni
sociali.
Difatti, nel volgo, il senso giuridico e il sentimento
dell’onore, quali esistono, si impongono brutalmente. Le persone di quella
classe, non sono in grado di imaginare uno stato sociale differente da quello
in cui vivono; se capita loro addosso una prepotenza o una coltellata, ne
incolperanno magari il loro santo protettore o sè stessi, per essere stati poco
svelti o poco vigilanti, oppure si rassegneranno alla forza ineluttabile delle
cose. Le persone più colte sono incapaci, anche quando lo desiderino, di
reagire contro le forze sociali che li contornano, e di modificarle. Perchè
l’organizzazione della società in mezzo alla quale vivono, s’impone a loro. Non
solo riesce loro quasi impossibile, di resistere coi mezzi legali alla
violenza, ma nemmeno possono sfuggire alla necessità di usarla essi stessi,
almeno indirettamente. Se devono provvedere ad un loro interesse di qualche
importanza, comprare o vendere terra, derrate, o altro, è ben difficile che non
trovino una camorra che si sia impadronita della partita, e in mano alla quale
debbano affidarsi. Ora, tutte le camorre per ultima ratio, hanno
l’assassinio a protezione del loro monopolio. Se taluno esercita una industria
di cui si è impadronita una camorra, il rifiuto di entrare a farne parte e di
partecipare in conseguenza, almeno indirettamente, alle sue violenze, è punito
colla morte105. Così può accadere che una persona che sarebbe disposta
a grandissimi sagrifizi per far cessare il dominio della violenza, sia
costretta a sostenerlo, a dargli forza e ad associarvisi. A chi entri nella
gara delle ambizioni politiche o locali, rimane assolutamente impossibile
sottrarsi ai contatti con persone che debbono la loro influenza al delitto.
L’uomo che abbia il più grande orrore per la violenza e per il sangue, si trova
presto o tardi inevitabilmente costretto a valersi di quell’influenza e di
quella autorità che dà la fama di essere in buona relazione con gente potente
per il timore che ispira. E dato pure che uno abbia tanta abnegazione da
tenersi fuori da qualunque affare o da soffrire i soprusi in quelli
indispensabili, da rinunziare a qualunque ambizione di qualsiasi genere, può
giungere il momento che, aggredito e minacciato, si veda costretto a ricorrere
all’opera dei violenti per proteggere la propria vita. A ricorrere alla legge
non può pensare, poichè le probabilità di ricevere una schioppettata per chi
faccia una denunzia sono troppo numerose perchè egli vi si esponga facilmente.
Così le circostanze esteriori
s’impongono a chiunque, qualunque sia l’indole dell’animo suo. Si è perfino
dato il caso di uomini che sul Continente erano ottimi carabinieri, mentre
facevano parte di associazioni mafiose palermitane, e arrestavano i
ladri e gli assassini, mentre ricevevano ogni giorno la loro quota dei guadagni
della associazione, frutto se non di assassinii, almeno del timore di quelli.
Non mancano i Palermitani, cui le condizioni di Palermo fanno orrore, e che,
pur costretti ad abitarci, sono esposti a dovere, da un momento all’altro, far
uso in un modo o in un altro, di quella violenza che vorrebbero sopprimere.
Nè servirebbe l’associarsi
contro di essa, chè la Società è troppo perfettamente organizzata nella sua
forma attuale, e la violenza si è impadronita troppo bene delle menti e
degl’interessi di tutti perchè sia possibile a forze private di trovarne il
punto debole per romperla e sgominarla. Un’associazione a questo scopo non
avrebbe nemmeno il tempo di formarsi completamente, che già qualcuna delle
persone interessate al mantenimento dell’attuale stato di cose, informata con
uno degli infiniti mezzi di sorveglianza di cui dispongono, sarebbe in grado
con due o tre uccisioni abilmente distribuite di incutere un salutare terrore
agli aspiranti riformatori. Non parliamo poi delle calunnie, delle distruzioni
di sostanze, dei libelli pubblicati nei giornali. Affinchè riescisse una tale
associazione, bisognerebbe che fosse numerosa e composta tutta di persone
decise a sacrificare per il loro fine le sostanze, la riputazione, la vita loro
e delle famiglie. E questo è impossibile in qualunque paese del globo. Vi sono
però casi di resistenza isolati; delle proteste eroiche e continuate, di cui
l’ardire stesso ha salvato gli autori, tanto è certo che il loro esempio non è
pericoloso, perchè nessuno lo imiterà, e difatti, fino adesso è stato ammirato,
ma non seguìto.
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