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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo III. LA PUBBLICA SICUREZZA
      • II. I MALFATTORI A PALERMO E NEI SUOI DINTORNI
        • § 59. — Come la classe dominante sia fatalmente portata a proteggere i malfattori.
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§ 59. — Come la classe dominante sia fatalmente portata a proteggere i malfattori.

Per ciò che riguarda più specialmente la classe dominante, a queste difficoltà materiali si aggiungono le morali, più irrimediabili ancora perchè esistenti nell’animo stesso di coloro, che dovrebbero operare la reazione. Figuriamoci un uomo a cui il nome e la ricchezza permettono di aspirare ad un’alta posizione fra i suoi concittadini. Egli è giovane, ha ingegno, è ambizioso. Gli si presenta un’occasione di acquistare autorità e riputazione: saranno elezioni politiche od amministrative od altro. Un individuo che ha fama d’influente sulla popolazione viene ad offrirgli i suoi servigi; egli sa che altri si appoggiano sopra costui o su di altri simili a lui; sa che l’opinione pubblica non riprova il farlo. Ha ben sentito dire che quest’uomo ha commesso qualche omicidio, ma l’uccidere un uomo non è disonorante, talvolta anzi può esser prova di coraggio e di sentimento d’onore. Quegli omicidii stessi hanno procurato stima e riputazione al loro autore. D’altronde, egli è certo che per conto suo omicidii non ne saranno mai commessi; perchè non userebbe un istrumento simile a quelli che tutti usano? Egli ha ben sentito deplorare le condizioni di pubblica sicurezza di Palermo, le deplora egli stesso, forse ne ha avuto a soffrire nei suoi interessi, ma non percepisce ben distintamente il nesso di queste condizioni coll’atto ch’egli è per fare, ed in ciò, partecipa del resto allo stato di mente di buona parte dei suoi concittadini. Accetta il concorso offerto. Da quel momento in poi, è entrato nella gara delle rivalità e delle ambizioni: lui, altri può dire dove si fermerà nella scelta dei mezzi; l’abitudine, la passione potrà portarlo anche ad usare gli estremi. La riescita dipenderà dalla sua abilità, dalla sua energia, dalle circostanze; sarà forse di quelli, cui il predominio della violenza, tutti i conti fatti, riesce vantaggioso, ma il caso contrario è più probabile. Ad ogni modo egli è ben difficile che una volta agguantato dal vortice, voglia escirne, o, anche volendo, vi riesca. Perchè la mafia, come qualunque altra classe facinorosa, ha indole e modi di procedere tali, che difficilmente chi abbia avuto relazione con lei, può mai romperli del tutto. Rimane sempre l’addentellato di cui essa ha interesse e occasione di valersi, se non altro ad ogni nuovo arresto d’uno dei suoi membri. Ciò che abbiamo adesso descritto accade in gradi e sotto forme diverse a chiunque della classe dominante voglia approfittare della propria posizione. Parte lo fanno senza conoscere le ultime conseguenze cui vanno incontro, parte, sapendole benissimo. Taluni lo fanno per interesse personale, per esser posti a capo di qualche amministrazione, che fornisca loro guadagni leciti od illeciti; altri invece cercano autorità ed influenza per sincero amore del bene pubblico. Quasi tutti non capiscono che l’usare quei mezzi che si presentano a loro è la cagione prima dei mali che essi stessi deplorano e di cui talvolta sono i primi a soffrire. Se alcuno, superiore per ingegno, profondo conoscitore di altri paesi, lo intende, ed ha ripugnanza a contribuire ad un tale stato di cose, rimane fuori del tutto dagli affari pubblici, ed il più possibile dagli affari privati, spesso va a stabilirsi sul Continente, oppure vi passa buona parte dell’anno; oppure, se per necessità o per attività di mente non riesce a tenersi fuori dagli affari locali, si rassegna ad usar dei mezzi che gli sono imposti con una rabbia mal contenuta, che prorompe alla prima occasione in lamenti amari e spesso molto coraggiosi. Abbiamo avuto occasione di udirli più di una volta. Altri rimangono fuori dagli affari per una specie di ripugnanza istintiva per i mezzi che vedono adoperare: sono stati sul Continente, o nell’esercito, e sentono la differenza degli ambienti senza spiegarsela. Così tutti gli elementi di resistenza o si allontanano o se ne stanno neghittosi.

Ma il sentimento comune a quasi tutti della classe dominante, il quale è, se non l’appoggio, almeno la salvaguardia la più efficace per la classe facinorosa di fronte all’autorità pubblica, è quella passione di cui abbiamo così spesso parlato, di esercitare l’autorità privata, e di provare la sua potenza; passione tradizionale nell’aristocrazia specialmente; e questo fa sì che un signore richiesto della sua alta protezione non la rifiuta mai anche al più feroce assassino. Più il malfattore sarà pericoloso e conosciuto, più sarà grande il rischio che corre di essere arrestato o condannato, maggiore sarà la smania nel signore di affermare la sua potenza, proteggendolo o salvandolo anche quando non vi abbia nessun interesse materiale. Naturalmente, il malfattore così salvato diventa l’uomo del suo protettore nel senso feudale della parola; ha in certo modo ricevuto da lui in feudo la vita, e, d’allora in poi, è pronto ai suoi servizi. E colle tradizioni di violenza ancora in vigore, col piccolo valore dato alla vita dell’uomo, quel signore avrebbe una forza d’animo più che umana, se, ricevendo danno od offesa, non adoperasse per la sua vendetta l’istrumento che ha sotto la mano.

Questo spirito di alta protezione e reciprocamente di clientela che è uno dei più significativi fra i caratteri medioevali e feudali rimasti nella società siciliana, è più speciale alla città di Palermo, perchè è stato ognora ed è pure adesso il centro principale dell’aristocrazia siciliana, ed il luogo dove la sede principale del Governo ha richiamato le gare e le rivalità fra i suoi membri. Quest’ultimo fatto ci sembra pure una delle ragioni per cui le tradizioni di prepotenza e di violenza reciproca siano rimaste più vivaci nei membri della classe dominante residente in Palermo, che in quelli i quali abitavano altrove, specialmente nelle grandi città della costa orientale dell’Isola.

Ad ogni modo, e qualunque ne siano le cagioni, questi sentimenti di prepotenza e questa facilità alla violenza nella classe che è fondamento di tutte le relazioni sociali in Sicilia, fa sì che non solo essa non possa usar la forza che sola avrebbe, di distruggere l’autorità materiale e morale della classe facinorosa, e d’impedire in generale l’uso della violenza, ma ancora ch’essa sia cagione diretta per cui la pubblica sicurezza persista nelle sue condizioni attuali. La forza che deve dar la prima spinta al mutamento di queste condizioni deve dunque essere assolutamente estranea alla società siciliana, e venire di fuori: deve essere il Governo.

Ma il Governo appoggiandosi, come lo abbiamo già detto, e come avremo luogo di dimostrarlo, principalmente su quella classe dominante stessa, si trova in una posizione singolare. Da un lato il suo fine più immediato ed importante è di sopprimere la violenza; dall’altro, per i principii stessi che lo informano, si regge sulla classe dominante, e l’adopera come consigliera e in parte come istrumento nella legislazione e nella pratica di governo. Di modo che ha in mano dei mezzi che sono in contraddizione col suo fine, e conviene che rinunzi o al suo fine, o all’aiuto, e all’appoggio della classe dominante locale. Non avendo fino adesso rinunziato a questo, ha, per necessità, sacrificato quello. Quando ragioneremo delle relazioni del Governo cogli elementi locali e colla sedicente opinione pubblica siciliana, avremo occasione di esporre in particolare, le vie per mezzo delle quali l’influenza di questi elementi agisca sul modo di procedere del Governo. Ma fino da ora possiamo dire che questa influenza e la sua incompatibilità col fine immediato e principale del Governo in Palermo, col ristabilimento cioè della pubblica sicurezza, è fra le prime ragioni della fiaccona e della noncuranza di questo nella ricerca e l’applicazione dei provvedimenti contro il delitto.

Dunque, nelle presenti condizioni di fatto e coll’attuale sistema di governo che si appoggia sulla classe dominante, la cagione prima e il fondamento, non della esistenza, ma della persistenza delle condizioni di pubblica sicurezza in Palermo e dintorni, è la parte diretta ed indiretta che ha in queste condizioni la classe dominante. Oppure, se vogliamo considerare il fatto sotto un altro aspetto: nelle presenti condizioni di fatto e colla partecipazione della classe dominante alle condizioni di pubblica sicurezza in Palermo e dintorni, la cagione prima e fondamentale della persistenza di queste condizioni è il fatto che il Governo si appoggia, per reggere il paese, su questa classe dominante.

Del resto, ciò non è speciale a Palermo e dintorni, ma comune a tutta quella parte di Sicilia in cui lo stato della pubblica sicurezza, considerato al punto di vista di una società moderna, è anormale.

 

 

 

 




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