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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO   CONDIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE DELLA SICILIA
    • Capitolo III. LA PUBBLICA SICUREZZA
      • IV. I RIMEDI
        • § 70. — I Militi a cavallo.
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§ 70. — I Militi a cavallo.

Questo, dopo varie vicende sotto il Governo borbonico e sotto l’italiano, è adesso sottoposto al regolamento del 25 gennaio 1871. A tenore di questo, i militi a cavallo sono agenti di pubblica sicurezza nelle campagne (art. 20). Non hanno però qualità di ufficiali di polizia giudiziaria a norma dell’art. 57, Codice di Procedura Penale. Dipendono dal Ministero dell’Interno e ricevono immediatamente gli ordini dai prefetti, sottoprefetti e questori (art. 37). Possono essere requisiti colle debite forme dalle autorità che hanno diritto di chiedere l’aiuto della forza armata.

Ogni circondario ha una sezione di militi a cavallo. Quello di Palermo però ne ha due, una orientale, l’altra occidentale (art. 2). Ogni sezione si può dire autonoma sotto il proprio comandante (articoli 3 e 25) salva la dipendenza dalle autorità politiche e dal questore, giacchè l’ispettore preposto a tutte le sezioni di militi di ciascuna provincia ha funzioni più che altro amministrative (articoli 30 e 23). Le sezioni nei circondari infestati dai malfattori sono di circa trenta uomini.

I militi a cavallo di ogni grado sono pecuniariamente e solidamente responsabili entro i limiti del rispettivo circondario, delle grassazioni, rapine, furti, (compresi gli abigeati) e dei guasti sulle vie pubbliche e nelle campagne per motivi di sequestro di persone avvenute in campagna (art. 27). Così almeno in teoria. Le somme destinate a cuoprire questa responsabilità sono costituite da cauzioni versate dai comandanti per 5000 lire ciascuno (art. 14) e dalle ritenzioni sulle paghe di tutti i componenti il corpo (art. 32). Il comandante dovrebbe versare per intero la cauzione entro due mesi dalla sua nomina e dovrebbe reintegrarla entro un mese dopo che fosse stata in tutta od in parte alienata, sotto pena della dimissione (art. 15).

Qualunque sia l’ammontare dei danni avvenuti durante un anno in una sezione, e garantiti in teoria, dalla responsabilità dei militi, la somma totale colla quale vengono risarciti non eccede l’ammontare delle ritenute operate durante l’anno sugli stipendi dei componenti la sezione, più l’ammontare della cauzione del comandante, cioè 5000 lire, più quella parte della ritenuta sullo stipendio dell’ispettore che spetta alla sezione. Se siffatta somma è inferiore al valore dei danni da risarcire, ne viene fatta la repartizione per contributo in via amministrativa fra gli aventi diritto senza che questi possano elevare pretese a maggiori compensi (articoli 31 e 32). Da ciò appare quanto sia illusorio il far conto esclusivamente sulla responsabilità pecuniaria per assicurare il fedele adempimento degli uffici dei militi. Se non sono d’altronde trattenuti da un ritegno morale, hanno interesse materiale a favorire qualunque delitto che possa procurar loro un guadagno maggiore dell’ammontare delle ritenute sugli stipendi di un anno e delle cauzioni. Del resto, il risarcimento dovendosi ottenere per via dei tribunali (articoli 28 e 29) è lungo e difficile a conseguirsi. Ed inoltre accade non di rado che il comandante stato scelto non sia in grado di versare la cauzione124.

I militi devono portar divisa. Questo articolo è da qualche tempo osservato, almeno nelle sue parti essenziali. Lo era meno l’articolo corrispondente (articolo 12) del regolamento 30 settembre 1863.

I militi a cavallo non sono considerati come militari, non vi è obbligo di saluto fra essi e i militari dell’esercito (art. 42). Non sono accasermati e vivono alle proprie case, sicchè manca affatto nel corpo la disciplina militare e la sorveglianza dei superiori sugli inferiori, anche fuori del tempo in cui sono isolati in perlustrazione125.

Attualmente, nei 13 circondari più infestati dai malfattori i militi sono mobilizzati con un soprassoldo di lire 2.95 (se non erriamo), per giorno126, ed armati di carabine Remington, armi molto superiori a quelle dei reali carabinieri.

È rimasto lettera morta nel regolamento in discorso il 5 dell’art. 8 sui requisiti per l’ammissione nel corpo dei militi. Fino adesso, l’essere di onesta condotta non è stato stimato, nella pratica, requisito necessario per essere arruolati, anzi, buon numero degli attuali militi sono antichi malfattori, e arruolati perchè tali; e naturalmente non hanno rotto ogni relazione cogli antichi colleghi. Ne risulta che quelli fra loro che vorrebbero fare il loro dovere ne sono impediti dagli altri, materialmente e anche moralmente perchè questi fanno prevalere nel corpo lo spirito dell’omertà. Adesso, nel più dei casi, è innegabile che i militi a cavallo sono più utili ai malfattori che all’autorità che li paga e li arma. Naturalmente non mancano le eccezioni. Parecchie brillantissime operazioni sono state eseguite dai militi, ma sono eccezioni.

È egli possibile rendere utile questo corpo locale e trar profitto della sua conoscenza dei luoghi e delle persone depurandone il personale e sottoponendolo a stretta disciplina coll’accasermarlo? Niuno può rispondere con certezza, giacchè l’esperienza non è mai stata fatta. Però le possibilità di riescita sono sufficenti perchè torni il conto a tentarla. Potremmo citare una sezione di militi che, sciolta e ricomposta con persone non legate coi malfattori, tratte per lo più dalla classe media inferiore, contribuì potentemente a migliorare la pubblica sicurezza del circondario. È vero che nello sciogliere l’antica sezione convenne sottoporre all’ammonizione una parte dei suoi componenti, e che la nuova, fra le sue prime operazioni, eseguì l’arresto di una porzione degli altri per grassazioni ed altri delitti commessi dopo il loro licenziamento. L’accasermamento e la stretta disciplina sarebbero necessarie per inculcare nei militi uno spirito di corpo che li garantisse dalle seduzioni di ogni genere alle quali sono esposti da tutte le parti127. La responsabilità pecuniaria dovrebbe naturalmente essere del tutto soppressa, giacchè, fare del mantenimento dell’ordine pubblico l’oggetto di una impresa d’indole quasi privata con scopo pecuniario, è adoperare un mezzo in contraddizione col fine128.

Si esita attualmente ad operare una depurazione in massa del corpo dei militi per timore di rendere al malandrinaggio il numeroso personale che ora vive dello stipendio in questo corpo. Ma se da un lato ciò dovesse produrre un peggioramento momentaneo nella pubblica sicurezza, dall’altro si acquisterebbe un mezzo di distruggere i malfattori nuovi e antichi, mentre adesso il corpo dei militi non solo non contribuisce a distruggerli, ma anche ne favorisce l’esistenza. Nelle attuali condizioni della Sicilia, l’impiegato di pubblica sicurezza che non lavora efficacemente per l’ordine è quasi inevitabilmente l’alleato dei malfattori e li favorisce, volontariamente o no. È quasi impossibile ch’egli si limiti ad essere semplicemente inutile. Tutto ciò che abbiamo detto fino adesso intorno all’Isola, ci sembra lo dimostri sufficentemente.

 

 




124 Vedi: Rapporto in data del settembre 1874 del prefetto di Palermo al Ministro dell’Interno (Camera dei Deputati, Sessione 1874-75. Documenti relativi al progetto di legge per provvedimenti straordinari di pubblica sicurezza 24 ter, pag. 25, col. 1).



125 La Relazione della Commissione d’inchiesta per la Sicilia (pag. 139) propone che colla riforma dei militi a cavallo, si sottomettano «ad una regola più severa di quella che oggi rispettano, senza però che la fisionomia del loro corpo diventi rigidamente militare; giacchè allora si perderebbero molti di quei vantaggi che abbiamo pur sopra (a pag. 136 della Relazione) enumerati. Bisogna insomma che la disciplina del milite si accosti più a quella della guardia di questura che a quella dei soldati o carabinieri; una disciplina piuttosto morale che casermiera, ecc.». Qualunque sia il modo in cui la Commissione intende la traduzione nella pratica di questo suo concetto generale, crediamo che si debba senza esitazione sacrificare nel corpo dei militi, qualunque vantaggio di mobilità, elasticità, facilità d’informazione, alla costituzione di un robusto spirito di corpo, che permetta loro di resistere alle influenze locali, giacchè a questa sola condizione cesseranno di esser nocivi e sarà conveniente mantenerli. Ora, per l’indole stessa di queste influenze locali e del servizio dei militi, questo spirito di corpo in regola generale non può esser ottenuto che con una disciplina molto rigida, anche «casermiera» analoga a quella dei carabinieri; atta ad imporsi agli animi dei gregari in modo da dirigerli nel loro servizio isolato lontano dalla sorveglianza dei superiori. Crediamo che una disciplina «morale» senza quella materiale rigidissima, sarebbe pei carabinieri, difficile, pei militi impossibile ad ottenersi.



126 Atti della Camera. Sess. 1874-75. Progetto di legge e relazioni, 24 bis. Allegato Q e documento aggiunto, 4.



127 Vedi la nota a pag. 191 [la seconda nota di questo § 70 Nota per l'edizione elettronica Manuzio]..



128 Questo argomento è dottamente ed acutamente svolto nella Relazione della Commissione d’inchiesta a pag. 138-139; rinviamo a quella il lettore.






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