§ 70. — I Militi a cavallo.
Questo, dopo varie vicende sotto
il Governo borbonico e sotto l’italiano, è adesso sottoposto al regolamento del
25 gennaio 1871. A tenore di questo, i militi a cavallo sono agenti di pubblica
sicurezza nelle campagne (art. 20). Non hanno però qualità di ufficiali di
polizia giudiziaria a norma dell’art. 57, Codice di Procedura Penale. Dipendono
dal Ministero dell’Interno e ricevono immediatamente gli ordini dai prefetti,
sottoprefetti e questori (art. 37). Possono essere requisiti colle debite forme
dalle autorità che hanno diritto di chiedere l’aiuto della forza armata.
Ogni circondario ha una sezione
di militi a cavallo. Quello di Palermo però ne ha due, una orientale, l’altra
occidentale (art. 2). Ogni sezione si può dire autonoma sotto il proprio
comandante (articoli 3 e 25) salva la dipendenza dalle autorità politiche e dal
questore, giacchè l’ispettore preposto a tutte le sezioni di militi di ciascuna
provincia ha funzioni più che altro amministrative (articoli 30 e 23). Le
sezioni nei circondari infestati dai malfattori sono di circa trenta uomini.
I militi a cavallo di ogni grado
sono pecuniariamente e solidamente responsabili entro i limiti del rispettivo
circondario, delle grassazioni, rapine, furti, (compresi gli abigeati) e dei
guasti sulle vie pubbliche e nelle campagne per motivi di sequestro di persone
avvenute in campagna (art. 27). Così almeno in teoria. Le somme destinate a
cuoprire questa responsabilità sono costituite da cauzioni versate dai
comandanti per 5000 lire ciascuno (art. 14) e dalle ritenzioni sulle paghe di
tutti i componenti il corpo (art. 32). Il comandante dovrebbe versare per
intero la cauzione entro due mesi dalla sua nomina e dovrebbe reintegrarla
entro un mese dopo che fosse stata in tutta od in parte alienata, sotto pena
della dimissione (art. 15).
Qualunque sia l’ammontare dei danni avvenuti durante un anno in
una sezione, e garantiti in teoria, dalla responsabilità dei militi, la somma
totale colla quale vengono risarciti non eccede l’ammontare delle ritenute
operate durante l’anno sugli stipendi dei componenti la sezione, più
l’ammontare della cauzione del comandante, cioè 5000 lire, più quella parte
della ritenuta sullo stipendio dell’ispettore che spetta alla sezione. Se
siffatta somma è inferiore al valore dei danni da risarcire, ne viene fatta la
repartizione per contributo in via amministrativa fra gli aventi diritto senza
che questi possano elevare pretese a maggiori compensi (articoli 31 e 32). Da
ciò appare quanto sia illusorio il far conto esclusivamente sulla
responsabilità pecuniaria per assicurare il fedele adempimento degli uffici dei
militi. Se non sono d’altronde trattenuti da un ritegno morale, hanno interesse
materiale a favorire qualunque delitto che possa procurar loro un guadagno
maggiore dell’ammontare delle ritenute sugli stipendi di un anno e delle
cauzioni. Del resto, il risarcimento dovendosi ottenere per via dei tribunali
(articoli 28 e 29) è lungo e difficile a conseguirsi. Ed inoltre accade non di
rado che il comandante stato scelto non sia in grado di versare la
cauzione124.
I militi devono portar divisa.
Questo articolo è da qualche tempo osservato, almeno nelle sue parti
essenziali. Lo era meno l’articolo corrispondente (articolo 12) del regolamento
30 settembre 1863.
I militi a cavallo non sono considerati come militari, non vi
è obbligo di saluto fra essi e i militari dell’esercito (art. 42). Non sono
accasermati e vivono alle proprie case, sicchè manca affatto nel corpo la
disciplina militare e la sorveglianza dei superiori sugli inferiori, anche
fuori del tempo in cui sono isolati in perlustrazione125.
Attualmente, nei 13 circondari più infestati dai malfattori i
militi sono mobilizzati con un soprassoldo di lire 2.95 (se non erriamo), per
giorno126, ed armati di carabine Remington, armi molto superiori a
quelle dei reali carabinieri.
È rimasto lettera morta nel
regolamento in discorso il n° 5 dell’art. 8 sui requisiti per l’ammissione nel
corpo dei militi. Fino adesso, l’essere di onesta condotta non è stato stimato,
nella pratica, requisito necessario per essere arruolati, anzi, buon numero
degli attuali militi sono antichi malfattori, e arruolati perchè tali; e
naturalmente non hanno rotto ogni relazione cogli antichi colleghi. Ne risulta
che quelli fra loro che vorrebbero fare il loro dovere ne sono impediti dagli
altri, materialmente e anche moralmente perchè questi fanno prevalere nel corpo
lo spirito dell’omertà. Adesso, nel più dei casi, è innegabile che i
militi a cavallo sono più utili ai malfattori che all’autorità che li paga e li
arma. Naturalmente non mancano le eccezioni. Parecchie brillantissime
operazioni sono state eseguite dai militi, ma sono eccezioni.
È egli possibile rendere utile questo corpo locale e trar
profitto della sua conoscenza dei luoghi e delle persone depurandone il
personale e sottoponendolo a stretta disciplina coll’accasermarlo? Niuno può
rispondere con certezza, giacchè l’esperienza non è mai stata fatta. Però le
possibilità di riescita sono sufficenti perchè torni il conto a tentarla.
Potremmo citare una sezione di militi che, sciolta e ricomposta con persone non
legate coi malfattori, tratte per lo più dalla classe media inferiore,
contribuì potentemente a migliorare la pubblica sicurezza del circondario. È
vero che nello sciogliere l’antica sezione convenne sottoporre all’ammonizione
una parte dei suoi componenti, e che la nuova, fra le sue prime operazioni,
eseguì l’arresto di una porzione degli altri per grassazioni ed altri delitti
commessi dopo il loro licenziamento. L’accasermamento e la stretta disciplina
sarebbero necessarie per inculcare nei militi uno spirito di corpo che li
garantisse dalle seduzioni di ogni genere alle quali sono esposti da tutte le
parti127. La responsabilità pecuniaria dovrebbe naturalmente essere del
tutto soppressa, giacchè, fare del mantenimento dell’ordine pubblico l’oggetto
di una impresa d’indole quasi privata con scopo pecuniario, è adoperare un
mezzo in contraddizione col fine128.
Si esita attualmente ad operare
una depurazione in massa del corpo dei militi per timore di rendere al
malandrinaggio il numeroso personale che ora vive dello stipendio in questo
corpo. Ma se da un lato ciò dovesse produrre un peggioramento momentaneo nella
pubblica sicurezza, dall’altro si acquisterebbe un mezzo di distruggere i
malfattori nuovi e antichi, mentre adesso il corpo dei militi non solo non
contribuisce a distruggerli, ma anche ne favorisce l’esistenza. Nelle attuali
condizioni della Sicilia, l’impiegato di pubblica sicurezza che non lavora
efficacemente per l’ordine è quasi inevitabilmente l’alleato dei malfattori e
li favorisce, volontariamente o no. È quasi impossibile ch’egli si limiti ad
essere semplicemente inutile. Tutto ciò che abbiamo detto fino adesso intorno
all’Isola, ci sembra lo dimostri sufficentemente.
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