§ 73. — Il personale
addetto alla polizia in Sicilia.
Fino al 1874 è invalso il sistema di mandare in Sicilia il
peggior personale amministrativo del Regno, specialmente per la
polizia132. Non è difficile imaginare quale riescita dovessero fare
cotali impiegati in un paese, nel quale sarebbero state necessarie in loro
qualità eccezionali, e dove viveva da tempo immemorabile la tradizione di fare
la polizia per mezzo dei malfattori. Gl’impiegati di pubblica sicurezza si
appoggiarono in regola generale sugli elementi locali, e specialmente sui
malfattori, sulla mafia133. L’applicazione di questo sistema ha
il suo tipo più perfetto dopo il 1860 nell’amministrazione del questore
Albanese sotto la prefettura Medici. Abbiamo già cercato di descriverne gli
effetti generali e non ci torneremo sopra. L’influenza di siffatto sistema,
specialmente sul personale di pubblica sicurezza, anche se questo fosse stato
perfetto, non poteva non essere pericolosissima. Fu micidiale sopra un
personale già troppo disposto alla debolezza e anche talvolta alla corruzione.
La facilità di sgravarsi da cure, pericoli o responsabilità, fece ricercare
l’aiuto dei malfattori anche dove sarebbe stato facilissimo farne a meno. Le
relazioni continue coi malfattori diedero agio a questi non solo di essere
adoperati, ma anche di adoperare gl’impiegati di pubblica sicurezza. La
sorveglianza dei superiori sopra siffatte relazioni anche quando si fosse
voluta esercitare, era impossibile.
Con modi di procedere e con tradizioni ben diverse, il corpo
dei carabinieri rimaneva isolato dal personale direttamente sottoposto alle
questure. La infusione di una dose troppo forte di elemento siciliano gli
nocque134, già esponemmo in tesi generale il perchè135, non gli
tolse però quello spirito di corpo che lo poneva quasi in antagonismo col
personale dipendente dalle questure. Del resto, anche all’infuori di questa
circostanza, è opinione espressa da molte persone competenti, che i regolamenti
dei carabinieri ne impacciano l’azione in modo da renderla quasi infruttuosa in
Sicilia136. Non ci avventureremo a portare un giudizio in una questione
esclusivamente tecnica come questa, e dove validi argomenti possono
probabilmente essere addotti pro e contro siffatti regolamenti; ci contentiamo
di constatare il fatto.
I pretori, perno e fondamento
dell’ordinamento di polizia, mal scelti e mal pagati, sottostavano a tutte le
intimidazioni e le corruzioni delle influenze locali.
In siffatte condizioni, la
quistione dell’ordinamento e degl’inconvenienti della divisione di autorità,
spariva di fronte a quella del personale. L’amministrazione della pubblica
sicurezza, qualunque fossero le leggi che la regolavano, non poteva non esser
pessima.
Nel 1874 principiò il
miglioramento del personale delle questure e delle autorità politiche
dirigenti. Ed allora hanno cominciato a farsi manifesti e stringenti i danni
della divisione delle autorità. Non essendo stato migliorato nel medesimo tempo
il personale dei pretori, l’iniziativa e l’attività nella persecuzione dei
delitti viene ad essere quasi tutta negli agenti del potere esecutivo, e accade
non di rado che questi debbano esercitare pressioni sull’autorità giudiziaria,
perchè proceda efficacemente contro i delinquenti, con non piccolo danno
pubblico presente e futuro. Perchè le popolazioni mancanti del sentimento della
Legge, si avvezzano ad associare nelle loro menti l’idea della Legge con
quella, non del potere giudiziario, ma dell’esecutivo. Ed acquista fondatamente
autorità morale un sistema di pressioni pieno di pericoli, facile ad essere in
seguito adoperato per fini dannosi all’interesse pubblico ed anche privato.
Insomma il potere esecutivo assume una specie di autorità gerarchica sul
giudiziario, in qualità di rappresentante del diritto, e lo fa non per prepotenza,
ma costrettovi. Il mezzo col quale si fa prevalere il diritto è in
contraddizione col fine.
È facile imaginare quanto riesca difficile in siffatte
circostanze agli impiegati di pubblica sicurezza di conciliare l’adempimento
del loro ufficio coll’osservanza delle forme legali, secondo le quali il
diritto di arrestare senza mandato dell’autorità giudiziaria è concesso loro
nel solo caso di flagrante reato. Questa difficoltà sarebbe stata grandissima
ovunque, ma è maggiore che altrove in Sicilia, dove le condizioni di fatto sono
tali, che un agente dell’autorità non può cogliere un delitto in flagranza se
non lo vede compiere coi propri occhi. Difatti, all’infuori di questo, tutti
gli altri casi nei quali l’articolo 47137 del Codice di Procedura
Penale considera un reato come flagrante, si presentano ben di rado in Sicilia.
Nel caso di reato poco prima commesso, le tracce del colpevole spariscono così
presto in mezzo alla connivenza generale, che può commettersi un omicidio con
arma a fuoco in una strada piena di gente senza che gli agenti di polizia
possano trovare un minuto dopo sul luogo, altra traccia del delitto che il
cadavere della vittima; il clamore pubblico non insegue quasi mai il
colpevole, molto meno lo insegue la parte offesa, giacchè l’omicidio si
commette sempre per agguato, e la vittima, quando non è freddata sul colpo e si
può muovere, pensa piuttosto a sottrarsi a nuovi colpi.
Inoltre è ben difficile che il colpevole si lasci sorprendere
in tempo vicino o no al reato, con oggetti valevoli a farnelo presumere autore
o complice, giacchè ha troppa facilità di nasconderli o depositarli ovunque
voglia. Nè è meno difficile a cogliere in flagranza il reato speciale di banda
armata costituita138. Bastano ben pochi minuti perchè una banda di
briganti nasconda le armi e si faccia vedere in mezzo a pacifici contadini,
magari a lavorare la terra con loro. E così accade ogni qualvolta la forza
armata abbia lasciato sospettare il suo avvicinarsi.
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