Capitolo
VI.
RIMEDI
§ 104. — Riassunto degli
effetti delle condizioni generali siciliane. Doveri che da queste condizioni
risultano per il Governo italiano.
Tutti i fenomeni che abbiamo
cercato di descrivere e di analizzare nel presente volume si compendiano in
questo: che in Sicilia l’autorità privata prevale sulla sociale. Ne risulta, da
un lato la prevalenza dell’interesse privato dove dovrebbe prevalere
l’interesse sociale secondo lo spirito delle società moderne in generale, ed in
ispecie dell’intero ordinamento politico ed amministrativo del Regno d’Italia;
dall’altro lato, che in generale il diritto ha per unico criterio la forza,
invece di quelli che lo determinano nelle società moderne. E così, l’uso della
violenza è libero in chi ha i mezzi di valersene, il patrimonio pubblico e
l’opera dell’autorità pubblica sono vòlti a profitto di pochi, i diritti
riconosciuti dalla legislazione civile italiana non hanno sanzione contro la
prepotenza privata.
Certo, questo è uno stato di
cose come un altro. È stato per secoli quello di tutta Europa; in parecchi
paesi dura ancora, ed ha in sè i germi di quello ulteriore sviluppo sociale che
si è manifestato in una parte dell’Europa stessa. È probabile che coll’andar
del tempo questi germi produrrebbero anche in Sicilia i loro frutti, forse
gradatamente e quasi insensibilmente, forse per mezzo di una rivoluzione
violenta o di una conquista straniera, niuno è in grado d’indovinarlo. Intanto
però l’Isola rimarrebbe lungo tempo in istato simile all’attuale, o poco
diverso.
Ma, se la Sicilia deve essere
governata secondo i medesimi criteri del rimanente d’Italia, il durare, anche
per poco, il solo esistere di questo stato di cose deve considerarsi come un
fenomeno morboso, come un disordine, ed in conseguenza l’Italia ha il dovere di
sopprimerlo nel più breve tempo possibile.
Se non che nulla prova che il
sopprimerlo sia possibile, giacchè nelle questioni politiche e sociali non si
possono fare soluzioni a priori. Certo è però che l’Italia deve cercare
di toglierlo con ogni sforzo e ad ogni costo. A questa condizione solamente ha
il diritto di tenersi unita la Sicilia. Conviene dunque usare ogni mezzo,
prima, per far la diagnosi del male, poi per sperimentare i rimedi da quella diagnosi
suggeriti, e regolarsi secondo tale esperienza.
Se non che i Siciliani, considerati in generale, non sono
atti a contribuire a quest’opera, poichè è precisamente il loro modo di sentire
e di vedere che costituisce la malattia da curare. Le opinioni, i giudizi e i
suggerimenti dei Siciliani si devono premurosamente ricercare se si vuol
conoscere la condizione dell’Isola e gli effetti dei rimedi applicativi. Ma
questi giudizi, queste opinioni si debbono considerare come fenomeni, come
sintomi d’importanza capitale per chi vuol scuoprire l’indole ed il processo
della malattia, non come norme direttive per la cura. Spesso il sentir
l’ammalato lamentarsi della sete, è pel medico una ragione per non dargli da
bere. Spesso le sensazioni di cui l’ammalato si lamenta più aspramente, sono
segno pel medico che i suoi rimedi sono efficaci e portano la guarigione.
Spesso un sollievo momentaneo ed un miglioramento apparente è segno che il
morbo peggiora, e la morte è vicina. I Siciliani, o piuttosto quella classe ristretta
che in Sicilia costituisce l’opinione pubblica, ritengono, è vero, per morbosi
taluni dei fenomeni che si verificano nell’Isola, ma perchè da un lato ne
ricevono danno materiale immediato, dall’altro conoscono per fama che questi
fenomeni si possono sopprimere, perchè in altre società, la loro manifestazione
è impedita; però non si rendono conto del come e del perchè lo sia. Se non
conoscessero per riputazione che sono altrove tolti via, li considererebbero
per forza come fenomeni necessari e normali benchè nocivi, come la pioggia
soverchia che facesse marcire sui campi i loro raccolti di un’annata, come una
forza ineluttabile della natura di cui ci si può lamentare, ma non accusare
alcuno, nè ricercare il rimedio. Inoltre, questi fenomeni sono indissolubilmente
legati con altri che quei Siciliani stessi i quali costituiscono l’opinione
pubblica, non considerano come anormali, perchè traggono vantaggio da questi,
soffrirebbero per la loro soppressione, e, ignoranti dell’indole di quello
stato di cose di cui invidiano gli effetti ultimi, non possono intendere come
siffatti fenomeni siano accompagnamento necessario di ciò che considerano come
male: lo dimostrano gli aspri lamenti sullo stato della sicurezza pubblica per
parte di quelli stessi che, allorquando viene arrestato un malfattore,
intercedono per lui. Ora, essendo necessario per guarire quelli che anch’essi
considerano come mali, di toglier prima ciò che secondo il giudizio loro è un
bene, ne viene per necessità, come abbiamo avuto luogo di esporlo nel capitolo
precedente207, che giudicheranno dei rimedi con criteri non solo
diversi, ma opposti a quelli di chi vorrà ridurli allo stato della rimanente
Italia, e più questi rimedi saranno efficaci, più saranno da loro considerati
come cattivi ed inopportuni, e solleveranno lamenti ed opposizione. Ciò in
quanto riguarda le persone che attualmente in Sicilia fanno l’opinione
pubblica. In quanto al rimanente della classe abbiente o colta, la quale per
adesso non contribuisce a costituire la pubblica opinione, se non in quanto i
suoi apprezzamenti e i suoi interessi sono identici a quelli di coloro che
hanno su di lei la preponderanza, i vantaggi immediati che potrebbe trarre dai
rimedi compenserebbe forse i danni, e sarebbe lecito sperare che non li
avverserebbe soprattutto quando fosse tolta l’influenza morale che hanno adesso
su di essa coloro che vi predominano208. Non sarebbero però da
aspettarsi nemmen da lei consigli o suggerimenti direttamente utili, poichè
anch’essa, già lo dicemmo, non sarebbe in grado d’intendere il fine ultimo dei
provvedimenti presi o da prendersi. In quanto alla gran massa della
popolazione, nelle sue attuali condizioni economiche, morali ed intellettuali,
è assolutamente incapace di giudicare bene o male un provvedimento d’interesse
pubblico, nè si può per adesso aspettar da lei altro che sedizioni e tumulti
provocati da un accrescimento presente di sofferenze materiali.
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