§ 2. — Caratteri generali
della prima zona.
Campi a grano, pascoli naturali, e maggesi
lavorati alla profondità di un palmo — ecco la descrizione completa di tutta
l’immensa campagna, che abbiamo compresa nella prima zona. Si può camminare a
cavallo per cinque o sei ore da una città ad un’altra e non mai vedere un
albero, non un arbusto. Si sale e si scende, ora passando per i campi, ora
arrampicandosi per sentieri scoscesi e rovinati dalle acque; si passano i
torrenti, si valicano le creste dei poggi; valle succede a valle; ma la scena è
sempre la stessa: dappertutto la solitudine, e una desolazione che vi stringe
il cuore. Non una sola casa di contadini. A lunghissimi intervalli, forse a ore
di distanza, si trova qualche grande casolare all’apparenza antica e
trasandata, con una costruzione che accenna insieme a fortezza e a granaio. È
quello il centro dell’amministrazione di qualche grande tenuta o ex feudo,
servendo talvolta più di magazzino provvisorio, che di luogo di abitazione. Per
strada s’incontra forse qualche gruppo di contadini che tornano dal lavoro, a
piedi, o a due e tre a cavallo di un asino o di un mulo, tutto spelacchiato e
piagato, sul quale hanno pure caricati tutti gli arnesi di campagna, cioè
l’aratro e la zappa.
Ad un tratto apparisce sull’orizzonte una
comitiva di gente a cavallo, che scende nella vallata in direzione opposta alla
vostra, e vedete il luccicare delle armi. Eccovi tutti in guardia. Esaminato il
grilletto della vostra carabina, procedete innanzi con qualche precauzione. Non
sarà nulla: — forse due o tre proprietari, o un gabellotto, che viaggiano coi
loro campieri, tutti armati fino ai denti, da una fattoria o da una città ad
un’altra. Sarà gran ventura se, per rompere la monotonia del viaggio,
v’incrociate nel corso della giornata con qualche pattuglia di carabinieri o di
bersaglieri, o con due o tre militi a cavallo dall’aspetto pochissimo
rassicurante.
All’avvicinarsi però alla città tutta la
scena si trasforma: alla distanza forse di un miglio, o più o meno secondo
l’importanza del centro, vi trovate ad un tratto in mezzo a un’oasi di olivi,
di mandorli, di viti, di fichi d’India; e in basso, in fondo alla valle, vedete
la foglia cupa dei giardini di agrumi. Entrando in città, — qui non esistono
quasi villaggi, — dovrete passare fra lunghe file di case basse, composte
ognuna di un pianterreno di una stanza, l’una addossata all’altra, senza
finestre, ma con la sola porta di entrata, nella quale forse si apre sì e no
uno sportello. Son le case dei contadini. Vedrete entrare ed uscire da esse
nella strada fangosa, tutta ineguale, — e talvolta, se costruita sulle falde di
un poggio, più ardua e scoscesa di un sentiero da capre, — le donne, i bambini,
i maiali, i cani e le galline, tutto mescolato insieme in buona e in cattiva
armonia.
Tutta la popolazione è accentrata nelle
città. Il contadino, per recarsi al campo che deve lavorare, ha talvolta da
percorrere 15 e più chilometri. Se la distanza è grande, egli si parte il
lunedì mattina da casa, e torna il sabato sera, perdendo così due mezze
giornate nella settimana; allora dorme fuori in campagna, per lo più sotto una
rozza capannuccia di paglia e di frasche, messa su provvisoriamente in mezzo ai
campi, oppure talvolta addossata ai casamento della masserìa centrale. Se
invece la distanza non è troppa, si parte da casa la mattina prima dell’alba, e
torna la sera per il tramonto, perdendo così ogni giorno per lo meno due o tre
ore di lavoro.
Anche nei terreni alberati nell’immediata
prossimità delle città, è raro che vi sia qualche casa rurale; menochè si
tratti di giardini di agrumi e di vigne di una certa entità, chè allora vi
abita un guardiano.
Vediamo ora brevemente quali sono le
colture e quali i contratti agricoli predominanti nell’ampia estensione di cui
parliamo.
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