§ 30. — Donne.
Le donne dei contadini contribuiscono poco ai
guadagni della famiglia: l’accentramento delle case rurali nella città, la
conseguente lontananza del contadino dal campo su cui lavora, e la solitudine
delle campagne, escludono di per sè la donna dal prender parte ai lavori
campestri. Soltanto a tempo della mèsse tutta la famiglia si sparge per le
campagne per aiutare a raccogliere i covoni, per spigolare e per rubacchiare.
Alla raccolta delle olive, delle nocciuole, ecc. e alla vendemmia, lavorano
pure le donne, ma in generale non sono che quelle più miserabili, quelle dei
metatieri più poveri e dei giornalieri, le quali s’impiegano in queste
faccende. All’infuori di ciò le donne restano sempre in casa, dove filano il
lino, badano al maiale, e ai bambini, e fanno la minor pulizia possibile.
Spesso posseggono in casa un rozzo telaio col quale fanno la tela, che serve al
vestiario della famiglia. La moralità è varia secondo i luoghi: generalmente
vien detta piuttosto buona, e superiore a quanto si potrebbe credere, tenendo
conto di tutti i pericoli e delle tentazioni a cui la lontananza dei mariti e
degli uomini di casa per sei giorni su sette della settimana, espone un
grandissimo numero di donne della classe rurale, della assoluta dipendenza in
cui vivono le classi inferiori, di fronte a quelle che godono di una qualche
agiatezza, e della poca moralità generale di queste ultime.
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