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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE PRIMA                       CONDIZIONI ATTUALI
      • Capitolo III.   ZONA ALBERATA — DA MAZZARA A CATANIA
        • § 33. — Trapani e Monte San Giuliano.
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§ 33. — Trapani e Monte San Giuliano.

Passeremo ora senz’altro alla seconda tappa che ci siamo segnati, e volgendo la nostra attenzione ad alcune condizioni speciali che si ritrovano qua e nel circondario e nella provincia di Trapani, ci fermeremo più specialmente nella regione, che dal Monte San Giuliano si stende verso Paceco.

La vite e l’olivo, e negli aridi pendii il sommacco, sono le principali colture legnose.

L’olivo si pianta a filari in mezzo alla vigna che invecchia, e ciò perchè la pianta giovine dell’olivo profitta delle zappature fatte alla vigna, e così non soffre nelle sue radici per le larghe crepe, che il sole d’estate apre nel suolo argilloso. Venendo a mancare dopo qualche anno la vite, resta l’albero già fruttifero dell’olivo, che in Sicilia cresce tanto bello e rigoglioso. Gli olivi si tengono a economia, e se ne vende il raccolto pendente in agosto contro pagamento in denaro in tre rate, il proprietario prestando il trappèto (frantoio), e i vasi sufficienti per un terzo del supposto raccolto.

I sommacchi pure sono quasi sempre tenuti a economia; qualche rara volta però se ne affida la coltura e la sfrondatura a un contadino contro un terzo del prodotto. Il sommacco si trova coltivato in grande presso Calatafimi, e dopo Alcamo.

Per le viti, come già dicemmo, nel Trapanese si usa coltivarle in generale per mezzo del curatolo, o guardiano, e dei braccianti a giornata. Alcune volte si dànno a coltivare al contadino, contro un terzo dell’uva o del mosto, essendo a suo carico la vendemmia. Presso Alcamo la coltura della vite è la più importante. si usava assai la mezzadrìa per le vigne, ma dopo i forti ribassi verificatisi nei prezzi dei vini, questa si è ristretta, e ora se ne coltiva la maggior parte a economia, oppure a estaglio, dando 24 a 30 lire per la coltura di mille piante. Chi la vigna a mezzadrìa compra per patto la parte colonica del mosto, al prezzo di mèta che il Municipio fissa più tardi per ogni contrada del Comune, sulle medie delle vendite avvenute. Per diminuire però il prezzo, i proprietari fissano col contadino ch’egli debba accettare la mèta di quella contrada del Comune in cui si sa che debba essere più bassa.

Quello però che più importa di notare relativamente al Trapanese, sono i sistemi di conduzione, che si vanno generalizzando in vari luoghi per la coltura non dei terreni alberati, ma dei campi seminativi.

Si trovano qui difatti tre ordini di affittuari di terreni, che corrispondono a tre sistemi diversi di coltura: — In primo luogo i gabellotti dei feudi e dei latifondi, colle subconcessioni ai metatieri, e l’avvicendamento agricolo di grano e pascolo, più l’anno di maggese, così come in tutta la prima zona che abbiamo studiata; — i massarioti, o affittuari di poderi che misurano in media dai 50 ai 100 ettari: qui vi è una coltura mezzana e alquanto più intensiva che nei latifondi, con parziale soppressione dei pascoli naturali nella rotazione agricola; — i piccoli affittuari di appezzamenti di terra che misurano in media dai tre agli otto ettari, e che in Sicilia si dicono spezzoni: qui non più pascolo, ma le fave e il lino si avvicendano col grano e coll’orzo. La durata di tutti quanti questi affitti è di 4 a 6 anni: soltanto le gabelle più grosse vanno talvolta fino ai 9 anni.

Dei gabellotti dei latifondi non importa tornar qui a parlare.

 

I massarioti.

I massarioti prendono il podere direttamente in affitto dal proprietario: essi sono possessori di animali, ordinariamente di dieci a venti bovi, e lavorano la terra per mezzo di giornalieri. In questi poderi mezzani si trovano parecchie stalle e se ne fabbricano delle nuove, e coll’aumento della stabulazione cresce l’uso del concime e migliora la coltura.

 

Fitto a spezzoni.

Il fitto a spezzoni, ossia il fitto in denaro di piccoli appezzamenti di terra ai contadini, vien fatto tanto direttamente dai proprietari che abitano nelle città vicine, quanto di seconda mano dagli affittuari di grandi possessi. Esso va sempre estendendosi, e si sostituisce alle metaterìe e alla grande coltura. È il sistema che rende di più ai proprietari, e che finora, in questa regione pareva pure promettere assai per il benessere dei contadini, che coll’assiduità del lavoro e colla maggiore specificazione delle colture secondo i diversi terreni, riescivano a pagare affitti altissimi, e ciononostante a guadagnare abbastanza per mantenersi a un livello più alto dei loro compagni giornalieri o metatieri. Siamo ora però in un momento di crise. L’eccessiva concorrenza che si son fatta i contadini tra loro, ha spinto in parecchi luoghi i canoni di affitto a un saggio eccessivo, e superiore a quanto nelle presenti condizioni generali possa essere la produzione media dei campi; onde dopo qualche cattivo raccolto, e dopo il grande ribasso avvenuto nei prezzi del seme di lino per la diminuzione della esportazione, cagionata dalla cresciuta concorrenza fattaci dalla Russia meridionale, molti piccoli affittuari si sono trovati ridotti a mal partito.

In ordine alla condizione sociale delle diverse classi, i piccoli affittuari vengono per ora prima dei giornalieri delle masserie mezzane, e questi stan meglio dei metatieri. In questi dintorni si nota generalmente che le case dei contadini hanno, oltre la stanza terrena, un tramezzo o soffitto sotto il tetto. Inoltre l’aspetto generale di quelle modeste abitazioni dimostra maggiore pulizia, e ciò specialmente nei paesi come Paceco, dove è più generale il fitto a spezzoni.

 

 




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