§ 33. — Trapani e Monte San
Giuliano.
Passeremo ora senz’altro alla seconda tappa che
ci siamo segnati, e volgendo la nostra attenzione ad alcune condizioni speciali
che si ritrovano qua e là nel circondario e nella provincia di Trapani, ci
fermeremo più specialmente nella regione, che dal Monte San Giuliano si stende
verso Paceco.
La vite e l’olivo, e negli aridi pendii il
sommacco, sono le principali colture legnose.
L’olivo si pianta a filari in mezzo alla vigna
che invecchia, e ciò perchè la pianta giovine dell’olivo profitta delle
zappature fatte alla vigna, e così non soffre nelle sue radici per le larghe
crepe, che il sole d’estate apre nel suolo argilloso. Venendo a mancare dopo
qualche anno la vite, resta l’albero già fruttifero dell’olivo, che in Sicilia
cresce tanto bello e rigoglioso. Gli olivi si tengono a economia, e se ne vende
il raccolto pendente in agosto contro pagamento in denaro in tre rate, il
proprietario prestando il trappèto (frantoio), e i vasi sufficienti per
un terzo del supposto raccolto.
I sommacchi pure sono quasi sempre tenuti a
economia; qualche rara volta però se ne affida la coltura e la sfrondatura a un
contadino contro un terzo del prodotto. Il sommacco si trova coltivato in
grande presso Calatafimi, e dopo Alcamo.
Per le viti, come già dicemmo, nel Trapanese si
usa coltivarle in generale per mezzo del curatolo, o guardiano, e dei
braccianti a giornata. Alcune volte si dànno a coltivare al contadino, contro
un terzo dell’uva o del mosto, essendo a suo carico la vendemmia. Presso Alcamo
la coltura della vite è la più importante. Là si usava assai la mezzadrìa per
le vigne, ma dopo i forti ribassi verificatisi nei prezzi dei vini, questa si è
ristretta, e ora se ne coltiva la maggior parte a economia, oppure a
estaglio, dando 24 a 30 lire per la coltura di mille piante. Chi dà la
vigna a mezzadrìa compra per patto la parte colonica del mosto, al prezzo di
mèta che il Municipio fissa più tardi per ogni contrada del Comune,
sulle medie delle vendite avvenute. Per diminuire però il prezzo, i proprietari
fissano col contadino ch’egli debba accettare la mèta di quella contrada del
Comune in cui si sa che debba essere più bassa.
Quello però che più importa di notare
relativamente al Trapanese, sono i sistemi di conduzione, che si vanno
generalizzando in vari luoghi per la coltura non dei terreni alberati, ma dei
campi seminativi.
Si trovano qui difatti tre ordini di affittuari
di terreni, che corrispondono a tre sistemi diversi di coltura: — 1° In primo
luogo i gabellotti dei feudi e dei latifondi, colle subconcessioni ai
metatieri, e l’avvicendamento agricolo di grano e pascolo, più l’anno di maggese,
così come in tutta la prima zona che abbiamo studiata; — 2° i massarioti,
o affittuari di poderi che misurano in media dai 50 ai 100 ettari: qui vi è una
coltura mezzana e alquanto più intensiva che nei latifondi, con parziale
soppressione dei pascoli naturali nella rotazione agricola; — 3° i piccoli
affittuari di appezzamenti di terra che misurano in media dai tre agli otto
ettari, e che in Sicilia si dicono spezzoni: qui non più pascolo, ma le
fave e il lino si avvicendano col grano e coll’orzo. La durata di tutti quanti
questi affitti è di 4 a 6 anni: soltanto le gabelle più grosse vanno talvolta
fino ai 9 anni.
Dei gabellotti dei latifondi non importa tornar
qui a parlare.
I massarioti.
I massarioti prendono il podere
direttamente in affitto dal proprietario: essi sono possessori di animali,
ordinariamente di dieci a venti bovi, e lavorano la terra per mezzo di
giornalieri. In questi poderi mezzani si trovano parecchie stalle e se ne
fabbricano delle nuove, e coll’aumento della stabulazione cresce l’uso del
concime e migliora la coltura.
Fitto a spezzoni.
Il fitto a spezzoni, ossia il fitto in
denaro di piccoli appezzamenti di terra ai contadini, vien fatto tanto
direttamente dai proprietari che abitano nelle città vicine, quanto di seconda
mano dagli affittuari di grandi possessi. Esso va sempre estendendosi, e si
sostituisce alle metaterìe e alla grande coltura. È il sistema che rende di più
ai proprietari, e che finora, in questa regione pareva pure promettere assai
per il benessere dei contadini, che coll’assiduità del lavoro e colla maggiore
specificazione delle colture secondo i diversi terreni, riescivano a pagare
affitti altissimi, e ciononostante a guadagnare abbastanza per mantenersi a un
livello più alto dei loro compagni giornalieri o metatieri. Siamo ora però in
un momento di crise. L’eccessiva concorrenza che si son fatta i contadini tra
loro, ha spinto in parecchi luoghi i canoni di affitto a un saggio eccessivo, e
superiore a quanto nelle presenti condizioni generali possa essere la produzione
media dei campi; onde dopo qualche cattivo raccolto, e dopo il grande ribasso
avvenuto nei prezzi del seme di lino per la diminuzione della esportazione,
cagionata dalla cresciuta concorrenza fattaci dalla Russia meridionale, molti
piccoli affittuari si sono trovati ridotti a mal partito.
In ordine alla condizione sociale delle diverse
classi, i piccoli affittuari vengono per ora prima dei giornalieri delle
masserie mezzane, e questi stan meglio dei metatieri. In questi dintorni si
nota generalmente che le case dei contadini hanno, oltre la stanza terrena, un
tramezzo o soffitto sotto il tetto. Inoltre l’aspetto generale di quelle
modeste abitazioni dimostra maggiore pulizia, e ciò specialmente nei paesi come
Paceco, dove è più generale il fitto a spezzoni.
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