§41. — Castroreale e
Barcellona.
Continuando
ora il nostro cammino verso Oriente, ci tratterremo alquanto nei ricchi Comuni
di Castroreale e Barcellona. Sopra meno di 8000 ettari di territorio,
Castroreale ne conta 1500 piantati a oliveto, 1100 a vigneto tra collina e
pianura, e 600 ad agrumeto; e Barcellona sopra circa 5000 ettari di territorio,
890 a oliveto, 1200 a vigneto e 500 ad agrumeto. Per dare un’idea della
ricchezza che denotano queste cifre, basterà accennare come il prezzo medio
annuo di fitto di un aranceto, sia di 500 lire in collina e 1400 lire in
pianura, e che quello di un giardino di limoni giunga talvolta fino al
doppio248).
Nella parte montana di questi Comuni ritroviamo i
pascoli naturali, i feudi dati a gabella e i terratici dei villani.
Colonìe parziarie.
Nei fondi invece seminativi, situati presso
Castroreale, si usa una forma di colonìa parziaria, che si designa pure con
quella parola universale di metaterìa. Sui fondi più vicini all’abitato
esiste pure qualche casa rurale; ma la maggior parte però di quei coloni abita
nella città o nelle borgate sparse per il territorio. In queste metaterìe il
padrone anticipa la semenza, ch’egli si ripiglia poi sulla massa del raccolto,
e prima della divisione; la quale quindi si fa a metà. Nelle terre migliori il
colono o metatiere deve render tutta la semenza sulla parte sua. Queste colonìe
sono stabili, nel senso che la stessa famiglia seguita talvolta per anni a
coltivare lo stesso podere, poichè si cerca di avere contemporaneamente in ogni
podere le tre colture che si avvicendano: grano, sulla e fave. Un podere
misurerà in media una salma (ettari 1.746), e il colono avrà uno o due vitelli
da allevare. Si usa pure di concedere i terreni seminativi a terratico, e ciò
specialmente verso la pianura, ossia verso la marina.
Per le colture alberate si osserva pure un
fenomeno analogo. In collina, tanto per le vigne come per gli oliveti, si trova
abbastanza comune il sistema della partecipazione del contadino al prodotto,
ammenochè si tratti di oliveti o di vigneti di molta estensione; ma scendendo
verso la pianura, la partecipazione del contadino diventa sempre più rara, e
più generale invece il sistema della coltivazione condotta dal proprietario per
proprio conto a economia. Ciò dipende probabilmente dal prodotto
relativamente molto maggiore, che dànno queste colture in pianura.
A Castroreale le vigne si dànno assai comunemente
a coltivare a colonìa parziaria, lasciando al contadino due quinti del prodotto
e talvolta anche la metà. Verso Barcellona invece le vigne sono tutte tenute a
economia e con salariati a giornata, fuorchè quando si tratti di piccoli
appezzamenti staccati, chè allora per evitare la eccessiva spesa di custodia,
si concedono a colonìa, dando al colono un terzo o tutto al più due quinti del
prodotto. In tutti questi casi di mezzadrìa per le vigne le spese di zolfo e di
canne, come pure quelle per la fattura del vino, sono divise proporzionalmente
alle quote di divisione del prodotto. Se il padrone possiede i vasi necessari,
li fornisce per lo più senza correspettivo: se no si prendono a fitto, e il
contadino paga la sua quota. Se tra i filari delle viti si semina frumento,
ceci, fave o altro, seme e prodotto sono a conto metà tra padrone e contadino.
Vi è gran numero di alberi di fico, piantati in
mezzo agli olivi o alle viti: il contadino li coltiva, coglie e dissecca i
fichi, e riceve in compenso un terzo di questi. A Barcellona si concede al
contadino una partecipazione nel prodotto degli alberi da frutta, soltanto per
quelle piante che siano in una vigna ch’egli coltivi a colonìa.
Gli oliveti a Castroreale generalmente si dànno a
coltivare al contadino contro un quarto dell’olio, dovendo egli raccogliere le
olive e trasportarle fino al frantoio, secondo la stima fatta da perito del
frutto pendente. Se la quantità che consegna è meno della stima, tanto peggio
pel contadino, poichè il padrone si assicura prima di tutto dei suoi tre quarti
della quantità stimata. Negli oliveti maggiori tenuti a economia, non si dà al
contadino che un regalo a fin d’anno per la guardia fatta; il che si usa pure
per gli agrumeti, che sono tutti tenuti a economia tanto là che a Barcellona,
meno qualche raro caso di partecipazione del contadino guardiano e coltivatore,
a un ottavo del prodotto. A Barcellona gli oliveti si coltivano a economia,
meno i piccoli appezzamenti staccati.
Sotto gli agrumeti giovani si affitta il terreno
per piantarvi ortaglie. Quando l’agrumeto è vecchio e folto, non si mette più
nulla sotto. Per uso d’ortaglie si affittano pure in denaro, i terreni irrigui
non alberati, come pure i campi a prato artificiale.
Qui sono molti i contratti di allevamento di
bestiame, sul tipo di quelli che or ora abbiamo descritti per Patti. A
Barcellona sono per lo più speculatori estranei al fondo, che affidano ai
contadini gli animali da allevare. I patti di divisione dei guadagni e delle
perdite sono molto vari: talvolta il contadino c’entra per tre quinti, altre
volte per metà, oppure anche per un solo terzo. Oltrechè vitelli, si dànno pure
ad allevare ai contadini, asini, muli e maiali. Le stalle qui sono come quelle
di Patti. Il concime deve essere sempre impiegato nel fondo dove è tenuto
l’animale.
I salari d’inverno sono di circa L. 1.30 più un
litro di vino; per la zappatura però delle vigne, di primavera e d’estate, si
paga poco più della metà di questa somma come mezza giornata, ma non si lavora
che dall’alba a mezzogiorno. Del resto parecchi giornalieri hanno in proprio a
censo, un pezzetto di terra di una diecina di are.
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