§ 51. — Enfiteusi
temporanee e fitti lunghi.
Moltissime vigne in tutta la provincia di
Siracusa, sono attualmente possedute con una forma di enfiteusi temporanea,
ossia con fitti di 29, di 36 o di 40 anni. Fu questa una forma usata dagli Enti
ecclesiastici prima del 1862 per eludere la legge che imponeva loro la gara
dell’asta nella censuazione dei loro beni; e questi contratti furono dopo il
1867 riconosciuti come vere enfiteusi redimibili, imponendo soltanto agli
utilisti un canone nuovo maggiore di un quarto di quello pagato per la
locazione. Questa forma di contratto di fitto per 29 anni, è stata pure adottata
dopo il censimento dell’asse ecclesiastico, nelle subconcessioni fatte dai
primi acquirenti; forse per eludere la legge che vieta le subenfiteusi.
Una forma di siffatte enfiteusi mascherate, la
quale si trova frequente specialmente presso Noto, è il fitto a durata di
vigna, che dura cioè finchè dura il vigneto, e che nel fatto viene ad
essere eterno per la continua sostituzione di nuove piantagioni alle antiche.
Altra forma è quella del fitto a novennio, col patto che l’affittuario possa
fare tutti i miglioramenti che vuole, e che allo spirare del novennio non possa
essere mandato via senza che gli venga rimborsato tutto quanto il valore delle
migliorìe; altrimenti il fitto s’intende rinnovato alle stesse condizioni di
novennio in novennio. Il valore del vitigno è grande, e supera spesso il valore
della terra, onde non conviene al proprietario di riprendere il suo terreno
collo sborso di una forte somma di denaro, e il contratto si prolunga
indefinitamente.
Contratti a migliorìa.
Nella
provincia di Siracusa sono pure frequentissimi i contratti a migliorìa,
che han per iscopo la piantazione di olivi, vigne, ecc., e di cui abbiamo fatto
menzione nel parlare del Catanese, avvertendo però che là invece erano
rarissimi252. Questi contratti in alcuni luoghi si sogliono fare con
persone agiate e di condizione civile, le quali ne fanno un’industria,
impiegando poi contadini per la coltivazione: l’uso più generale però è che il
contratto a migliorìa sia assunto da un contadino, il quale da sè pianta
gli alberi e lavora il terreno.
L’assuntore del contratto a migliorìa si
obbliga di piantare un vigneto, e di mettere tra le vigne un certo numero di
olivi, di mandorli e di carrubbi o di alberi da frutta. Le forme però e la
durata del contratto variano assai a seconda della intenzione del proprietario
del terreno, la quale miri soltanto a costituirvi un albereto di ulivi,
mandorli, carrubbi, ecc., oppure voglia anche godere del frutto della vigna.
Nel primo caso il contratto dura comunemente dai 10 ai 14 anni, termine oltre
il quale la vigna vive raramente quando sia piantata con queste condizioni:
restano allora già grandi e produttivi gli alberi piantati in mezzo al vitigno,
che hanno vita molto più lunga, e pei quali il proprietario non deve compenso.
Il contadino per quei 10, 12 o 14 anni, paga al proprietario un fitto fisso in
denaro come canone per il terreno che gli venne consegnato nudo di piantagioni,
e gode d’altra parte del frutto della vigna da lui creata.
Nel secondo caso invece il contratto non oltrepassa
i nove anni. Prendiamo come illustrazione un esempio comune presso Avola e
Noto. Il contadino avrà l’obbligo, per ogni tumolo (are 10.91) di terra che
coltiverà a vite, di mettere 4 piante di carrubbio, 8 olivi e 16 mandorli. Egli
deve mettere tutte le spese e il lavoro occorrenti. Il proprietario talvolta
darà i maglioli delle viti, i quali del resto qui non hanno quasi nessun
valore. Pei primi sette anni tutto il prodotto va al contadino: poi per due
anni si divide a metà. Alla fine del contratto è convenuto che al contadino
debbano essere pagati i miglioramenti eseguiti nel fondo, defalcando le
anticipazioni che avesse già ricevute. Ora nel fatto il proprietario ogni anno
anticipa al contadino in media circa 13 lire per ogni migliaio di viti piantate,
o più o meno secondo le prospettive della piantagione; e queste anticipazioni
sono altrettanti acconti sul prezzo che sarà dovuto in ultimo per i
miglioramenti, e si misurano dai proprietari in modo che allo spirare del
contratto, il dare e l’avere restino perfettamente bilanciati. In media bastano
a ciò le 13 lire per migliaio di viti. Queste anticipazioni servono per le
spese di piantagione e di coltura, e per il sostentamento del contadino, il
quale va pure fuori a giornata per campare.
I contratti a migliorìa si trovano pure
frequentemente usati nella regione montana e sassosa, allo scopo di migliorare
un campo col toglierne i sassi. In questi casi pure il contratto dura
comunemente nove anni: il contadino paga un fitto per il terreno, e si obbliga
a toglierne le pietre, ammucchiandole in alcuni punti del campo, o costruendo
con esse quei muri a secco che si veggono così numerosi in tutta la Contea di
Modica, e che servono anche per contenere il bestiame entro certi confini o per
difendere da esso le piante giovani. Alla fine del contratto i miglioramenti
vengono pagati in tutto o in parte dal proprietario, dietro stima.
Nel fatto però in tutti questi contratti il
contadino si avvantaggia poco o niente, e giunge difficilmente a guadagnar la
mercede delle giornate impiegate. Essi però gli sono utili in quanto gli
assicurano un qualche lavoro per i giorni in cui manca d’impiego, e gli dànno
la possibilità di ottenere soccorsi sotto forma di anticipazioni, nei momenti
di bisogno. Del saggio poi a cui dovrà scontare le anticipazioni, il contadino
poco si cura: qualunque sia, sarà per lui sempre meglio che il dover ricorrere
agli usurai di mestiere; e poi per lui l’essenziale è di poter ricevere il
soccorso quando ne abbisogna, e senza perdite di tempo o necessità di offrire
garanzia; per il resto s’affida alle raccolte, alla fortuna, alla bontà d’animo
spesso problematica del padrone, e più di tutto alla propria miseria, che gli
dà la sicurezza di non poter peggiorare di molto la propria condizione, checchè
sia per accadere.
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