§ 62. — Inconvenienti della
partecipazione.
Considerata
al punto di vista dello stesso benessere del lavorante, la partecipazione nel
prodotto come unico modo di retribuzione del lavoro, presenta i seguenti
inconvenienti:255
1° Il lavorante, sebbene privo di capitali, deve
nonostante aspettare lungo tempo per il compenso al suo lavoro giornaliero.
Nell’industria agricola questo inconveniente è spesso molto grave, perchè la
produzione essendo subordinata alle stagioni, il lavorante dovrà campare e lavorare
per un anno intiero prima di godere del frutto del suo lavoro. E di contro
nelle altre industrie in genere, se la produzione è da un lato più continua,
riesce però più grave l’altro inconveniente del dovere a produzione finita
aspettare tutto il tempo che ci vuole per commerciare quel tanto del prodotto
dell’industria, che non può essere consumato direttamente dal lavorante, affine
di ottenere in iscambio le diverse cose necessarie alla vita.
Il lavorante quindi per campare nel frattempo è
costretto, ove non possegga forti risparmi, a ricorrere al mutuo, ottenendolo
sia dal padrone che ha prestato i capitali all’industria, sia da estranei. Egli
con ciò viene a trovarsi continuamente in uno stato di dipendenza, e deve
sottostare, nel momento dei suoi maggiori bisogni, alle condizioni mutevoli
fattegli dal capitale, di fronte al quale resta senza armi, qualunque siano del
resto le condizioni del contratto di partecipazione. E così, oltrechè trovarsi
in una condizione di avvilimento morale e di soggezione sociale, viene per di
più a perdere indirettamente tutti i vantaggi che avrebbe potuto, col sistema
della partecipazione, ritrarre in fin d’anno da una ricca produzione o
raccolta.
2° I rischi della produzione ricadono in gran
parte sul lavorante privo di capitali. Questi invero non può in alcun modo
assicurarsi contro il rischio; e basta una cattiva annata, o una crisi
commerciale o industriale, per metterlo in una situazione disperata, e per
renderlo passivo di debiti così gravi, da non potersene più liberare col lavoro
di anni e anche di tutto il resto della vita.
Inoltre mentre il lavorante povero resta esposto
ai rischi contrari della sua industria, egli può raramente profittare d’altra
parte della buona fortuna, perchè, per le ragioni esposte nel 1° capolinea, i
suoi bisogni nel corso dell’anno, per non parlar nemmeno dei suoi debiti di
anni anteriori, lo costringono a sottostare alle condizioni che consente a
fargli volta per volta il capitalista, il quale così riesce facilmente ad
assicurarsi tutto il guadagno delle annate prospere.
3° Ma ciò non basta: e vi è ancora nella
partecipazione un terzo inconveniente, spesso non meno grave degli altri per il
lavorante. Occupato giornalmente nel suo lavoro egli non può avere nè i mezzi
nè il tempo, come non ha neppure la capacità, per smaltire in modo conveniente
i suoi prodotti; onde dovrà sempre alienarli alle condizioni più dure che
voglia fargli il compratore in un mercato ristrettissimo, e rimarrà esposto
senza difesa nè reazione possibile, a tutte le camorre e a tutte le pressioni
che tendano a carpirgli una parte dei suoi sudati guadagni.
Questi inconvenienti del sistema di
partecipazione si riscontrano in qualunque industria a cui esso venga
applicato, non esclusa quella agricola, ed è questa la ragione principale per
cui vi si è sostituito quasi dappertutto il salario, come quella forma di
retribuzione del lavoro che va esente da tutti e tre quei pericoli. Il salario
però come forma di retribuzione del lavoro presenta altri inconvenienti suoi
propri, ed ha reso più acuti i sintomi della malattia sociale; onde di nuovo si
torna generalmente a invocare la partecipazione come rimedio sicuro a tutti i
mali, senza pesarne abbastanza i vantaggi e i difetti.
Partecipazione agli utili.
Finchè si tratti soltanto della compartecipazione
del lavorante agli utili dell’impresa industriale, come un di più
aggiunto ai salari ordinari, come uno stimolo ad un lavoro più strenuo e più
accurato, e come mercede straordinaria in compenso di un lavoro straordinario,
l’esperimento non è pericoloso, e può anche, date certe condizioni, riuscire di
grande vantaggio per l’operaio; ma è questa una forma che si è finora tentata
soltanto in piccolissima misura nelle industrie manifatturiere e minerarie, e
quasi punto nell’industria agricola.
Partecipazione al prodotto
complessivo.
Ma quando invece s’intenda parlare della
partecipazione del lavorante nel prodotto come unica forma di
retribuzione della sua fatica, ed escludendo ogni salario, almeno per quanto
riguarda quel particolare lavoro in cui gli sia stata concessa la
partecipazione; non si può più in questo caso fare astrazione dai tre gravi
inconvenienti cui abbiamo accennato, e i quali bastano ad escludere per ora
questa forma di retribuzione del lavorante da tutte le industrie manifatturiere
e minerarie, e per limitarne assai la utile applicazione nell’industria
agricola.
Sua applicazione
all’agricoltura.
L’agricoltura invero è quasi la sola industria in
cui sia dato di potere, in certe condizioni determinate, mantenere la partecipazione
del lavorante ai resultati complessivi dell’impresa, senza necessariamente
andare incontro ai mali accennati: e prova ne sono tutti quei luoghi dove
troviamo fiorente la mezzadrìa sul tipo toscano, e in cui si vede a un tempo
un’agricoltura ricca e progredita, e una condizione prospera del villano — due
termini che la teoria dice sempre necessariamente conciliabili, e che la
pratica invece ci mostra così spesso discordanti, da farli quasi ritenere per
necessariamente contrapposti.
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