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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE SECONDA                       CARATTERI ECONOMICI DEI CONTRATTI AGRICOLI SICILIANI
      • Capitolo II.   IL FITTO
        • § 73. — Fitto dei latifondi.
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Capitolo II.

 

IL FITTO

 

 

 

§ 73. — Fitto dei latifondi.

Distinguiamo prima di tutto il fitto grande, che il proprietario di una estesa tenuta contrae con uno speculatore o un industriale, per la conduzione dell’intiera proprietà, dal fitto più ristretto che abbraccia pochi ettari di terra, e in cui l’affittuario è un vero e proprio contadino, il quale coltiva da il suo podere.

Nella prima categoria intendiamo sovrattutto parlare delle grandi gabelle degli ex-feudi. Abbiamo veduto come spesso in Sicilia tra il proprietario e il contadino vi hanno parecchi intermediari, poichè il grosso gabellotto subaffitta la tenuta a un altro speculante, e questi alle volte subaffitta perfino di nuovo a un terzo, il quale soltanto è il vero impresario dell’industria agricola, e tratta direttamente coi contadini. Un caso così estremo è forse raro, ma quello di una prima subgabella non lo è tanto. I danni che provengono al contadino, al proprietario e all’agricoltura dall’esistenza di questa pluralità di inutili intermediari sono di per evidenti, e quindi ci basta avvertire il fatto senza fermarci a discuterlo.

Non tutti però hanno egualmente presenti i danni che risultano dalla esistenza anche di un solo intermediario tra il proprietario del suolo e il contadino, e specialmente , come in Sicilia, dove lo stesso contadino, sia come subaffittuario, sia come metatiere, o sotto altra forma, è un vero e proprio impresario dell’industria agricola, sopportandone i rischi e anticipandone una buona parte delle spese. L’affittuario è un semplice industriale che tira ad ottenere il maggior profitto possibile dall’impiego del suo capitale, e a cui nulla importa della durevole feracità del terreno, della prosperità dei coltivatori di esso.

Finchè i proprietari affitteranno le loro tenute, non potranno mai ispirarsi al concetto che la proprietà territoriale è non soltanto un diritto, ma ancora un ufficio, e implica non pochi doveri verso la società in genere, e verso chi col suo lavoro fa fruttare la terra. Dove invece il proprietario si trova in relazioni dirette col contadino, e che si tratti dell’uso generale della contrada e non di singole eccezioni, sarà raro, perchè contrario agl’istinti di socievolezza insiti nel cuore umano, che quelle relazioni non s’ispirino in parte ai sentimenti di solidarietà e di carità reciproca. Se la grande proprietà privata può in propria difesa esibire alcuni vantaggi generali che le sono propri, tanto di fronte alla proprietà piccola, come a quella demaniale, vantaggi che non stiamo qui a enumerare giacchè tutti i trattati di Economia politica ne parlano, ciò è quasi soltanto a condizione che il proprietario si occupi da delle sue terre, e che non vi sia un industriale intermediario tra lui e il contadino. Se intermediario vi dovesse necessariamente essere, la proprietà di tutto il territorio in mano dello Stato sarebbe di gran lunga preferibile a qualunque forma di proprietà privata, all’infuori di quella sola del contadino-proprietario; la quale eccezione non farebbe che confermare la regola, poichè dove il coltivatore è il proprietario non vi è intermediario possibile.

 

 




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