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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE SECONDA                       CARATTERI ECONOMICI DEI CONTRATTI AGRICOLI SICILIANI
      • Capitolo III.   IL SALARIO
        • § 79. — I braccianti.
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§ 79. — I braccianti.

L’esclusiva coltura dei cereali in tutta l’aperta campagna della maggior parte dell’Isola, porta per naturale conseguenza che in alcune brevi epoche dell’anno il bisogno di braccia è estremo, e tale da non esser quasi mai completamente soddisfatto, mentre nel resto dell’anno, e specialmente nell’inverno, i lavori scarseggiano, e i braccianti non trovano da impiegarsi. A questo si aggiunga il fatto dell’accentramento della popolazione rurale nelle città, il quale fa perdere al bracciante una gran parte delle giornate in cui la stagione sia cattiva o minacciosa nelle sole prime ore del mattino, e ciò a causa della distanza che lo separa dal luogo dove deve lavorare: onde per lui non esiste quasi l’impiego della mezza giornata. Quella stessa distanza cagiona pure normalmente e a lui, e a chi lo impiega, e alla società in genere, la perdita del lavoro utile di, in media, una giornata sulla settimana. Queste considerazioni ci spiegano l’apparente contradizione tra un saggio medio di salario giornaliero abbastanza elevato e superiore a quello di una gran parte del resto d’Italia, e una condizione depressa della classe dei braccianti. Esse ci spiegano pure il perchè, malgrado l’elevatezza dei salari, si mantenga viva la concorrenza dei giornalieri per cercare di diventar metatieri o terratichieri.

Un’altra particolarità poi che spiega il perchè la concorrenza dei giornalieri non abbia ridotto di più il saggio dei loro salari in Sicilia, nonostante la scarsità del lavoro in buona parte dell’anno, è la seguente: Tutta l’economia agricola della maggior parte dell’Isola tende a rigettare il pagamento dei salari dei braccianti sulla stessa classe dei contadini. Sono difatti i contadini metatieri o terratichieri che devono pagare tutti i lavori necessari per la coltivazione dei loro poderi: e lo stesso si dica pei coloni nei contratti a migliorìa; pei mezzadri delle vigne; pei guardiani che lavorano i vigneti a estaglio, cioè a tanto per mille viti; e pei piccoli appaltatori del raccolto delle olive, delle mandorle, ecc. Tutte queste classi, e sovrattutto i metatieri e terratichieri, che sono il maggior numero, si trovano in condizioni tali che è loro impossibile di accordarsi in modo espresso o tacito, per lottare contro l’elevatezza dei salari in quelle epoche dell’anno in cui è grande il bisogno di braccia. Se essi per difendersi mostrassero di voler differire o sospendere i lavori, ci penserebbe subito il loro padrone o il suo campiere a fissare addirittura le ciurme dei lavoranti; e al padrone poco importa se il salario pagato è di qualche centesimo più o meno, poichè egli non fa che anticiparlo per conto del borgese. Spesso il medesimo contadino che lavorerà per un alto salario giornaliero alla mèsse nelle terre di marina, dovrà, pochi giorni dopo, per un pezzetto di terra ch’egli abbia a metaterìa nella regione più alta, pagare per la mèsse salari egualmente alti ad altri lavoranti venuti dal basso; e viceversa.

Una conferma di quanto sopra, si potrà trovare nel fatto che dove i proprietari, o gabellotti che siano, coltivano a economia ossia direttamente per conto proprio una buona parte dei terreni, come accade nel Siracusano e nella marina di Patti, di Milazzo, ecc., la media dei salari giornalieri è subito molto più bassa; — e perchè mai? — Perchè i proprietari e i gabellotti possono, per mezzo del capitale, molto meglio difendersi e premunirsi contro i lavoranti, e prevalersi anzi della concorrenza reciproca dei lavoranti stessi per tener bassi i salari; onde vediamo i contratti di partecipazione introdotti per le raccolte dei frutti dell’olivo, del mandorlo, del carrubbio; vediamo i contratti che fissano un determinato salario a cui il bracciante si obbliga di lavorare in tutto l’anno o per un certo numero di mesi per chi lo ha impegnato; vediamo le caparre date ai lavoranti nel gennaio per obbligarli fin da allora a lavorare alla mèsse di giugno per un salario già determinato, oppure da determinarsi poi dal padrone stesso; vediamo i contratti a estaglio e a baliaggio, con cui, mediante la prestazione della casa e la partecipazione in qualche piccola coltura, i proprietari si assicurano da ogni eventuale pretesa dei lavoranti.

Nelle zone a colture alberate si può bensì voler spiegare in parte la relativa bassezza del salario dei giornalieri, di fronte alla regione interna, colla maggiore continuità di lavoro che offre la varietà delle coltivazioni, onde il lavorante è più sicuro di trovare impiego durante tutto l’anno; ma ciò ci darebbe piuttosto le ragioni per cui con un salario minore il bracciante delle regioni alberate stia meglio e non peggio di quello dell’interno dell’Isola, anzichè dirci perchè, malgrado l’aumentato bisogno di braccia, i salari nella zona alberata si mantengano relativamente bassi. Questa ragione inoltre non ci darebbe alcun lume intorno alle cagioni della bassezza del saggio dei salari in una gran parte del Siracusano, di fronte a quelli dell’interno della Sicilia.

Non è che sosteniamo che questa differenza si debba tutta quanta ascrivere al fatto che i gabellotti del Siracusano coltivano ancora una buona parte dei feudi a economia, imperocchè questo fatto può indubitatamente essere non solo causa ma anche effetto della bassezza dei salari. Altre cause influiscono pure a mantenere più alti i salari nelle provincie interne, come quella della ricca industria mineraria, della maggiore feracità generale del suolo, della scarsezza di comunicazioni tra provincia e provincia, e delle stesse condizioni di minore sicurezza pubblica, ecc. Però il fatto costante della elevatezza dei salari dove il peso ne ricade esclusivamente sulla stessa classe dei contadini, ci può servire di illustrazione e di commentario all’asserzione comunemente ripetuta dagli economisti officiali — che la relativa altezza dei salari in Sicilia al di sopra della media generale del Regno sia cagione e prova delle condizioni prospere della popolazione rurale dell’Isola.

 

Salario in natura.

Il pagamento di una parte del salario in natura è per lo più una necessità in Sicilia, dove il contadino lavora lontano non solo dalla propria abitazione, ma da qualunque centro, villaggio, borgata o casa in cui possa trovare da mangiare, e dove resta spessissimo dal lunedì fino al sabato in mezzo ai campi. Vita ben dura è questa del giornaliero siciliano! Egli lavora l’estate sotto la sferza ardente di un sole tropicale, e l’inverno rimane esposto la notte a tutte le intemperie, col solo riparo di qualche tettoia provvisoria di canne o di frasche malamente costruita. Patisce, lavora, tace, e stenta la fame. Di quanta profonda compassione si riempie l’animo nostro quando sentiamo gl’infelici proprietari di più latifondi deplorare amaramente il caro dei salari! quando sentiamo i dilettanti di Economia politica spiegarci pieni di filantropia che l’alto prezzo del lavoro segna l’inevitabile rovina di un paese!

 

 




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