§ 99. — Disposizioni intese
a prolungare i termini degli affitti.
Diremo prima delle disposizioni intese a ottenere
la lunga durata dei fitti, e di quelle con cui si volesse prescrivere ai proprietari
l’adozione di qualche forma determinata di contratto agricolo; e in secondo
luogo di quelle relative ai compensi pei miglioramenti.
È certo che se il sistema dei piccoli affitti a
termine breve si generalizzasse in Sicilia, diventerebbe pure necessaria una
qualche disposizione legislativa sul genere di quella inglese, affin di
esercitare una pressione sui proprietari per il prolungamento dei termini di
affitto. Anche ora per le stesse gabelle dei latifondi, il termine di 4 a 6
anni può considerarsi come un ostacolo positivo ad ogni eventuale progresso
agricolo, poichè non è supponibile che gli affittuari vogliano mai spendere in
miglioramenti di cui non potrebbero poi godere i frutti; e ciò in un paese dove
i grandi proprietari, meno pochissime ed onorevoli eccezioni, nulla fanno essi
stessi in questo senso. Però esitiamo a credere che un provvedimento
legislativo sul genere di quello inglese, gioverebbe ora molto in Sicilia, dove
nulla sta a indicarci che i gabellotti dei feudi farebbero effettivamente con
un fitto a termine lungo più di quel che facciano ora nè essi nè i proprietari.
Anche nel caso dei piccoli affitti, temiamo che
sarebbe tuttora troppo facile per i proprietari di eludere le prescrizioni
della legge, con la stipulazione di fitti altissimi e superiori a quanto
veramente esigerebbero o potrebbero esigere; imperocchè in questo modo
l’affittuario indebitato e insolvente potrebbe sempre esser privato dei suoi
diritti. Vero è bensì che la legge inglese dà ai tribunali specialmente istituiti
la mansione di determinare per i fitti piccoli — minori di 375 lire l’anno, —
se il canone di affitto sia esagerato, e che nel caso affermativo il non
pagamento del canone non basta a giustificare l’evizione dell’affittuario; ma,
considerando lo stato presente dell’opinione pubblica in Italia, che dà sempre
torto al contadino, avremmo ben poca fiducia nell’azione di simili tribunali
che s’istituissero da noi, e ciò senza parlare delle difficoltà speciali del
determinare per ogni singolo podere che cosa si debba considerare come un
canone giusto di fitto. Bisogna pure osservare che la legislazione
speciale per l’Irlanda è resa necessaria in gran parte dal sistema generale
della legislazione inglese sulla proprietà territoriale, e che da noi, dove la
proprietà è libera da tutte quelle pastoie di fidecommessi, di dotazioni, ecc.,
vi possono essere pure altri mezzi di salvezza meno radicali e insieme più equi
e più conformi allo spirito generale delle nostre istituzioni civili.
Imposizione della mezzerìa
per legge.
Molti chiedono l’imposizione forzosa della
mezzerìa ai proprietari siciliani: ma ci permetteremo di dirigere ai proponenti
alcune domande. Noi abbiamo veduto come la mezzerìa non possa riescire
vantaggiosa al contadino, e con lui al paese, che in alcune determinate
condizioni. Orbene, chi creerà queste condizioni? Forse lo Stato? Ma con quali
mezzi? O forse i proprietari? Ma se essi desiderano la mezzadrìa, a nulla
serviranno le disposizioni legislative; e se essi non la vogliono come potrete
ottenere che vi aiutino a proprio dispetto? Vorremmo inoltre che si definisse
meglio, di quale mezzerìa si intende parlare, se di quella del Codice, o di
quella toscana, o di altra. E poi, se togliete al proprietario la facoltà di
licenziare il mezzadro, la vostra sarà una espropriazione vera e propria,
poichè i proprietari sarebbero certi di non riscuotere più nulla: in tal caso
però preferiremmo il metodo più semplice e più leale della confisca semplice, a
uso rivoluzione francese. Se invece lasciate al proprietario la facoltà di
licenziare il mezzadro, la vostra legge resterà illusoria. Badiamo che qui non
si tratterebbe come in Irlanda, di fitto, in cui il canone è determinato e
fisso, ma invece del pagamento da farsi al proprietario, di una quota di prodotti
la cui quantità muta ogni anno. E inoltre, chi costruirà le case rurali,
indispensabili alla riuscita della mezzadrìa? Forse lo Stato? Ma con che
denari? E a chi apparterrebbero le case costruite dallo Stato sui fondi
privati? Perchè lo Stato non le costruisce piuttosto sulle proprie terre prima
di metterle in vendita? Le fabbricheranno i proprietari? Ma qui si ricade nel
dilemma già accennato: o i proprietari vogliono la mezzadrìa, e la legge è
inutile, o non la vogliono, e allora non costruiranno nulla. Forse i contadini?
Ma su quale terreno? E con che denari? E chi farà sì, ed è questa la difficoltà
più grave, che il mezzadro accettato dal proprietario non sia un uomo di
paglia, e che il vero coltivatore non resti precisamente nello stato in cui
è ora? —
Non diciamo che molte di queste difficoltà non
sarebbero superabili; crediamo anzi di sì; ma abbiamo voluto accennarle per
mostrare che la questione è tutt’altro che semplice o facile, e non può essere
risoluta in astratto. Facciamo però voti che l’opinione pubblica se ne occupi,
e che da una discussione ampia ed animata si possa rilevare quali siano nelle
varie regioni d’Italia le innovazioni che si potrebbero utilmente introdurre
nella nostra legislazione agraria.
Codici Agrari.
Provvidissima
del resto ci pare fin da ora la proposta di formulare per quelle diverse
regioni, varie leggi o codici agrari280, che informandosi ad alcuni
principii generali e ad alcune regole principali, uniformi per tutto lo Stato,
tenessero conto delle diversità locali di sistemi di coltura, di consuetudini e
di tradizioni, e regolassero minutamente tutti quegl’infiniti rapporti tra
proprietari e coltivatori, tanto diversi da luogo a luogo, i quali non possono
venir compresi in una legislazione generale, e che ora quindi non sono regolati
che da consuetudini troppo incerte e mutevoli. Nell’introdurre poi innovazioni
forzose quanto alla forma stessa del contratto agricolo occorre sempre
procedere coi piedi di piombo, ricordandosi che là dove non vi è un’opinione
pubblica che la sostenga e la sospinga, l’azione dello Stato riesce quasi
sempre inutile, e talora dannosa.
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