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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE TERZA                       RIMEDI E PROPOSTE
      • Capitolo I.   L’AZIONE DELLO STATO
        • § 102. — Opere pie.
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§ 102. — Opere pie.

Un largo campo all’utile intervento dello Stato a pro delle classi bisognose, è pure offerto dalla condizione presente delle Opere pie. Molte tra esse non rispondono più affatto agli scopi di carità per cui vennero istituite; altre hanno attualmente un’azione sociale perniciosa e atta a peggiorare la piaga della miseria anzichè alleviarla: le più poi sono amministrate talmente da ridurle a essere soltanto sorgente d’illeciti guadagni per le classi agiate. Qui la missione dello Stato è varia: — dovrà trasformare secondo le nuove esigenze del secolo, e le alterate condizioni sociali, quegl’istituti che minacciano di diventare, invece che opere pie, opere di distruzione sociale: e dovrà meglio vigilare su tutte quante le amministrazioni. Nelle istituzioni con carattere misto di culto e di beneficenza, le quali pullulano in Sicilia, dovrebbesi restringere l’abuso attuale di spendere la maggior parte delle rendite per il solo culto. Stimiamo poi che non sarebbe ingiusto, improvvido, ma invece un’opera santa, il convertire forzosamente a scopi d’istruzione e di ben intesa beneficenza tutte le rendite delle Opere pie ora destinate al culto.

Già dicemmo quali abusi si verificano nelle amministrazioni dei Monti frumentari destinati a prestare grano a modiche condizioni ai contadini, per la sementa dei loro campi e anche per loro nutrimento. Questi istituti potrebbero ancora arrecare gran beneficio alla classe rurale in Sicilia, dove senza di essi il contadino è costretto a prendersi il grano dai privati a condizioni gravosissime e non inferiori al 25%; ma attualmente, essendo amministrati da quegli stessi che lucrano sulle necessità del contadino, non giovano che ai loro amministratori; e questi in molti casi non si sono soltanto contentati delle rendite, ma hanno consumato anche il capitale dell’Opera pia.

In queste condizioni parrebbe naturale che lo Stato, coll’appoggio di tutti quelli che s’interessano alle condizioni delle classi inferiori, cercasse di riparare al male col mutare i sistemi di amministrazione, e col chiedere stretto e severo conto agli amministratori dell’uso fatto del denaro dei poveri durante la loro gestione. Invece di ciò non si pensa ora che alla conversione dei Monti frumentari in Banche agricole, in Casse di risparmio, e in Casse di prestanze per i coloni e per gli operai, come se con ciò si facesse qualcosa per evitare le malversazioni, e invece non si aggravasse spesso il male. Le Banche, le Casse di risparmio, ecc., saranno in avvenire amministrate dalle stesse classi e probabilmente anche dalle stesse persone che finora disponevano dei Monti frumentari: la sola differenza sarà che questi amministratori potranno speculare più comodamente per conto proprio coi denari degl’istituti. Ci pare poi un’amara ironia il convertire in Casse di risparmio degl’istituti destinati a sovvenire chi, anzi che da risparmiare, non ha nemmeno da mangiare da sementare il proprio campo: tali Casse potranno giovare agli operai delle città, e più ancora alla piccola borghesia, ma pei contadini rappresentano la confisca pura e semplice di un patrimonio che fin qui era destinato, almeno in diritto se non in fatto, a loro esclusivo beneficio.

I gravi inconvenienti che provengono all’agricoltura e ai contadini dall’obbligo che impone la legge di affittare all’asta le proprietà delle Opere pie, si eviterebbero in parte coll’adozione, almeno per queste, del metodo di rimborso pei miglioramenti commisurato sulle maggiori offerte dell’affittuario, di quel metodo cioè che abbiamo raccomandato come sistema generale al




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