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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE TERZA                       RIMEDI E PROPOSTE
      • Capitolo II.   L’AZIONE DEI PROPRIETARI
        • § 116. — I giornalieri.
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§ 116. — I giornalieri.

Quanto abbiamo fin qui detto riguardo ai salariati fissi di una fattoria non può applicarsi ai giornalieri che vi vengano impiegati. Si potrà bensì dar loro in natura una parte del salario giornaliero o settimanale, ma soltanto sotto la forma del vitto somministrato loro direttamente dal padrone. Ciò diventa anzi indispensabile per tutto quanto il nutrimento del giornaliero, dove la sua abitazione disti talmente dal luogo del lavoro da dover egli trattenersi nella fattoria più giorni di seguito, senza tornare a casa. Dove invece egli possa tornarvi ogni sera, sarà meglio che il padrone gli dia in natura non più di quanto sia necessario per quei pasti che deve prendere durante le ore del suo lavoro, e che il resto del salario gli sia pagato in denaro: si evitano così molte questioni, e molto scontento.

Per questi giornalieri non può più essere questione di introdurre alcuna forma di partecipazione ai risultati complessivi dell’azienda. Per la condizione loro però, come in genere per quella di tutti i contadini, molto potrebbe farsi dai proprietari, col facilitare ai loro lavoranti l’acquisto di una piccola proprietà di terra. I grandi proprietari siciliani potrebbero, ove il volessero, operare una vera rivoluzione nelle condizioni economiche e sociali della popolazione agricola, col promuovere spontaneamente la formazione di una classe di giornalieri proprietari, con abitazioni sparse nelle campagne, sui limiti dei latifondi. Già ora esiste qua e una classe siffatta, che possiede, per lo più nelle vicinanze delle città, qualche piccolissimo terreno a censo, su cui impiega il proprio lavoro quando non trova da locare fuori la giornata: attualmente però questi giornalieri censuari abitano tutti nelle città, dove possiedono spesso una casuccia. Si tratterebbe invece nella nostra proposta del seguente progetto:

I grandi proprietari di latifondi, prefiggendosi di ottenere nella prossimità delle loro tenute lo stabilimento fisso di un certo numero di lavoranti agricoli, e di togliere così tutti i danni che vengono all’agricoltura dall’attuale agglomeramento della popolazione rurale nelle città, procurano la formazione sui limiti dei loro latifondi di un numero di piccole proprietà nelle mani dei contadini, proprietà di cui ognuna non sia tanto grande da bastare da al sostentamento di una famiglia, ma nemmeno tanto piccola da non avere un’influenza sensibile sulla condizione generale del lavorante che la possiede. Il metodo da seguirsi potrebbe essere il seguente302: A tutti quei lavoranti aventi famiglia, che vengono impiegati usualmente in una fattoria — e vi si potrebbero comprendere anche alcuni dei salariati fissi — e che hanno sempre dato prova di operosità e di buoni costumi, si concedono a fitto con canone bassissimo, per lo spazio di quattro anni, o di altra epoca da fissarsi, ma con facoltà nel padrone di disdire ogni anno, tanti appezzamenti di terreno di buona qualità, di circa un ettaro ognuno, da scegliersi di preferenza sui lembi del latifondo. I vari appezzamenti saranno contigui, in modo da poter formare in seguito colla riunione di più abitazioni tanti piccoli casali sparsi qua e nella campagna. Su questi piccoli poderi gli affittuari dovranno costruire le loro case, aiutati in ciò dal proprietario, il quale si obbliga a rimborsare all’affittuario l’intiero valore delle opere fatte, nel caso che entro i quattro anni, o alla fine di questo termine, lo mandasse via dal podere. I proprietari debbono pure vigilare a che queste case si costruiscano sopra un modello decente, e non su quello ordinario delle attuali case coloniche in Sicilia. Annesso a queste case deve costruirsi il porcile, e, dove sia possibile, la stalletta per il vitello o per la mucca. Se durante i quattro anni il lavorante non mai motivo di lamento al proprietario, e dimostra di essere in grado di profittare della nuova posizione che gli verrà fatta, al termine di quell’epoca il piccolo podere da lui lavorato gli vien concesso a enfiteusi perpetua, con modico canone, e col diritto di affrancarsi a rate. Quest’affrancazione dovrebbe anzi essere resa più facile, col determinare che il lavorante possa volendo liberarsi entro un certo numero di anni, mediante il pagamento annuo di una piccolissima somma da aggiungersi al canone enfiteutico a titolo di ammortizzazione del capitale. E a facilitare sempre più ai contadini l’affrancazione di questi censi, potrebbe giovare moltissimo l’aiuto degl’istituti di credito fondiario e agricolo di qualunque specie.

Col detto sistema, di cui ci basta di aver qui tracciato i contorni generali, si potrebbe, ove venisse generalmente adottato, trasformare affatto in poco tempo e senza che alcuno abbia da fare grandi sacrifizi, l’aspetto di gran parte delle campagne siciliane; si sparpaglierebbe la popolazione agricola nelle campagne, collocandola vicino ai campi che lavora: si renderebbero più facili, più continue e più cordiali le relazioni tra i proprietari e i lavoranti; e colla creazione di una numerosa classe di piccoli proprietari si toglierebbe ogni carattere acuto alla questione agraria, facendo sì che il contadino difenda come propria la causa della proprietà privata del suolo. Lo stesso spirito animerebbe pure quei lavoranti che rimanessero esclusi dalla proprietà, giacchè ognuno avrebbe la speranza di poter un giorno col lavoro e col risparmio, entrare nella schiera dei privilegiati: tutti sappiamo come un soldato si esponga più volentieri alla morte, quando abbia la segreta speranza di un giorno diventare maresciallo. Gli effetti inoltre sulla stessa condizione morale ed intellettuale dei lavoranti sarebbero grandissimi; e tutto ci fa credere che il contadino-proprietario siciliano non resterebbe affatto indietro al francese, allo svizzero, al fiammingo.

L’agricoltura, come ben osserva il Von der Goltz, ha questo di speciale di fronte alle altre industrie, che in essa la piccola industria può esistere utilmente a lato della grande, ha da temerne la concorrenza; e ciò specialmente in un paese come la Sicilia, nel quale la coltura piccola, laddove è stata applicata, ha dimostrato di avere dei grandi vantaggi in suo favore; come accade generalmente dovunque prosperano le colture arborescenti. Anche riguardo ai buoni costumi le conseguenze di una riforma come quella in discorso, non potrebbero essere che altamente benefiche, giacchè si toglierebbe la necessità attuale delle lunghe separazioni degli uomini dalle loro famiglie.

Economicamente poi i proprietari e i lavoranti guadagnerebbero insieme di netto il valore di quella giornata circa per settimana che attualmente va perduta nel percorso che deve fare il lavorante dalla sua abitazione al luogo del lavoro e viceversa, sia che ciò avvenga soltanto ogni lunedì e ogni sabato, sia ogni mattina e sera. Pei proprietari riescirebbe pure di vantaggio il minor bisogno che ci sarebbe di aumentare il numero dei salariati fissi della fattoria, giacchè avrebbero sempre sottomano un certo numero di lavoranti a loro disposizione. Le minute cure della coltura intensiva di un piccolo podere rimedierebbero pure in gran parte alle temporanee deficienze di lavori agricoli nelle grandi aziende vicine; e il lavorante con la sua famiglia potrebbero trovarvi un modo come impiegare utilmente ogni momento di libertà, o di sciopero involontario. L’introduzione pure in queste piccole aziende di qualche industria domestica, potrebbe contribuire a dare occupazione costante durante tutto l’anno alle forze dei vari membri della famiglia, e ad aggiungere ai loro guadagni complessivi un non piccolo elemento di agiatezza. I nuovi vincoli poi che legherebbero il lavorante al suolo, presenterebbero una sicura garanzia contro ogni pericolo avvenire di una soverchia corrente di emigrazione oltremare, corrente che nelle attuali condizioni migratorie e instabili del contadino siciliano, può facilmente cominciare da un momento all’altro, e che una volta avviata potrebbe anche assumere in poco tempo proporzioni molto maggiori di quanto ora si creda generalmente possibile.

Naturalmente non ci è dato di esaminare qui in tutti i suoi particolari la questione dell’applicazione pratica di un tale sistema; ma ci sembra che esso non debba presentare nulla di molto nuovo, di difficile, o di pericoloso alla mente dei grandi proprietari siciliani, visto che non si propone loro che di imitare in piccolo quello che fecero ripetutamente su più vasta scala i loro antenati, i baroni feudali dei secoli scorsi. Essi difatti nell’intento di attirare una maggiore popolazione sulle loro terre, sia per promuoverne la produzione e accrescere così le proprie rendite, sia per aumentare col numero dei vassalli la propria potenza, offrivano concessioni di terre a enfiteusi a chi stabilisse la propria dimora in alcuni punti determinati della loro giurisdizione; e con questo mezzo poterono ripopolare alcuni distretti, dissodare ampi territori incolti, e creare un gran numero di nuove città e villaggi303. Si tratterebbe dunque ora soltanto di ripetere lo stesso fenomeno più in piccolo, ma con maggiore diffusione, onde disseminare di più la popolazione sul territorio, e formare allo stesso tempo una nuova classe di piccoli proprietari, interessata all’ordine, e valido sostegno degli attuali ordinamenti sociali.

 

Affitti dei latifondi a società di contadini.

Oltre i già detti, vi è ancora un altro mezzo pei proprietari siciliani di giovare alla condizione dei coltivatori dei latifondi, mezzo che potrebbe tentarsi almeno in via provvisoria da quella persone più timide, che temono di nulla innovare nei punti più essenziali dei sistemi ora usati. Intendiamo accennare agli affitti dei feudi fatti direttamente dai proprietari, e secondo le forme attuali, ai contadini riuniti in associazioni. Ma di questo argomento parleremo più qua, quando tratteremo specialmente delle varie associazioni di contadini; accennando pure allora al concorso che possono prestare i proprietari ad ogni forma utile di siffatte società.

 

 




302 Vedi pure su tali questioni: Von der Goltz, op. cit., da pag. 278 a 299.



303 Vedi: Diego Orlando, Il feudalismo in Sicilia, pagg. 55, 56; e Corleo, op. cit., pag. 11.






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