§ 119. — Regolamento delle
acque.
Non neghiamo però che vi siano alcuni
miglioramenti agricoli che, ove venissero attuati, avrebbero una azione diretta
e immediata sulle condizioni generali dei contadini in Sicilia. Tra questi
noteremo in prima quelli che riguardano il corso delle acque, e quindi gli
altri relativi all’applicazione delle macchine all’agricoltura.
È indubitato che ogni migliore regolamento del
corso delle acque in Sicilia, sarebbe un beneficio netto per tutta la
popolazione; a cominciare dalla costruzione delle grandi opere per i corsi
maggiori d’acqua, giù giù fino al tracciato delle piccole fossette che segnano
i limiti dei campi, o anche alla direzione dei solchi nei terreni in pendìo. Si
toglierebbe la cagione principale della malaria estiva che infesta tutta
l’Isola, e non vi è classe di cittadini che non avrebbe da rallegrarsene.
Le macchine in agricoltura.
Riguardo alle macchine agricole il fenomeno non è
tanto semplice. Avendo esse specialmente per oggetto di sostituire le forze
brute della natura a quelle vive dell’uomo, uno degli effetti ordinari
dell’introduzione delle macchine in agricoltura è quello di diminuire il
bisogno di braccia, e quindi di diminuire i guadagni della classe dei
lavoranti; e ciò accade soprattutto, e in grado più immediatamente sensibile,
per quelle macchine, come le mietitrici e le trebbiatrici, che compiono i
lavori agricoli la cui urgenza in alcuni momenti dell’anno è cagione di forti
aumenti di salari dovunque debbono ancora eseguirsi a braccia d’uomo. Sicchè
quando l’introduzione delle macchine in agricoltura toglie il lavoro a un certo
numero di persone, è indubitato che l’effetto della macchina è stato
direttamente nocivo a quella gente, e di più a tutti quegli altri della loro
classe i quali dovranno risentire l’azione dell’aumentata concorrenza dei
compagni. Questo effetto però non verrà sentito senonchè in modo transitorio
nei seguenti casi: 1° quando coll’introduzione delle macchine, per la
conseguente diminuzione delle spese di coltivazione, si sia resa profittevole
la coltura di terre fino allora incolte affatto o imperfettamente coltivate, e
si apra così un nuovo campo all’impiego di quel lavoro stato spostato dalle
macchine; 2° quando, e il caso è analogo a quello precedente, il capitale
maggiore reso libero o prodotto dall’uso delle macchine, ritorni al suolo con
l’introduzione di nuove colture più intensive e che impieghino un maggior
lavoro, — per esempio, con piantagioni di agrumi, viti, ecc.; 3° quando lo
sviluppo di altre industrie nelle città o nelle campagne, siano esse industrie
manifatturiere, minerarie, o di trasporto, impieghi via via il lavoro che riman
libero nell’industria agricola; 4° quando si verifichi l’emigrazione pura e
semplice delle braccia cui si sono sostituite le macchine.
Quando non accada alcuna di queste quattro cose,
o che il trasferimento del lavoro in uno dei detti modi si faccia troppo
lentamente — per circostanze speciali di luogo, o di attitudini fisiche, morali
o intellettuali dei lavoranti, — è indubitato, per quanto possa esser cosa
lamentevole, che la condizione economica dei contadini risente effetti tristi
dall’introduzione delle macchine nell’agricoltura. Questa verità però non deve
scoraggiarci. È ben difficile che non si verifichi nessuna delle quattro eventualità
supposte; e spesso invece si avverano in proporzioni tali che i loro effetti
sorpassano di molto quelli contrari risultanti direttamente dall’applicazione
della meccanica ai lavori agricoli. È anzi tendenza di quelle medesime cause
generali, cioè il progresso nell’istruzione, le facilitate comunicazioni e
l’aumento del capitale nazionale, le quali spingono all’introduzione delle
macchine in agricoltura, di accrescere allo stesso tempo in un’infinità di rami
l’aumento della domanda di braccia, e di facilitare pure il loro trasferimento
da un impiego all’altro, e da luogo a luogo. L’introduzione inoltre delle
macchine in agricoltura non si effettua in generale che lentamente, e in modo
da evitare ogni crise; la quale di fatto non si verifica che quando, come
avvenne nei Highlands della Scozia, si sostituisca a un tratto e in
vasta scala un sistema generale di coltivazione ad un altro già esistente, la
pastorizia per esempio alla coltivazione dei cereali.
Fin qui abbiamo parlato dei danni possibili che
dall’uso delle macchine agricole, risparmiatrici di lavoro, possono derivare
alla classe rurale: ora accenneremo pure ai benefizi che se ne possono
attendere per quella stessa classe, e ciò all’infuori della questione generale
dell’aumentata produzione, di cui non è nostro intento di qui occuparci.
Le
sofferenze della classe agricola possono dipendere in tèsi generale da tre
cause: 1° dai cattivi alloggi; 2° dalla insufficienza dei guadagni; 3° dalla
durezza dei lavori che deve eseguire304. Dei rimedi alle prime due
abbiamo parlato finora: all’ultima non è dato rimediare che col prevalersi dei
grandi trovati della meccanica per sostituire ai muscoli e ai tendini umani, le
forze insensibili della natura. Finchè certi lavori durissimi e inconciliabili
colla salute fisica e anco morale dell’uomo, non potranno eseguirsi per forza
di leve, di ruote e di congegni meccanici, vi saranno sempre delle classi
d’uomini serve ed oppresse. Ogni nuova invenzione meccanica può considerarsi
come un passo che fa la società nelle vie della libertà e verso l’elevamento
della dignità umana; ed è qui che la scienza si dimostra la vera redentrice
dell’uomo. Può esser lecito discutere talvolta sul beneficio che arrechi allo
Stato e alla società una macchina che si sostituisca soltanto al lavoro
ordinario del coltivatore nei campi, ma non vi è dubbio intorno al vantaggio
universale che deriva dall’applicazione della forza meccanica al compimento di
tanti lavori da bestie eseguiti ora pur troppo da esseri umani.
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