§ 123. — Trades’ Unions
di contadini.
Scendiamo dunque senz’altro alla seconda forma di
associazione, a quelle che potremmo chiamare associazioni di guerra, e di cui
abbiamo il tipo nelle Associazioni di mestieri già note in Italia, e
nelle potenti Trades’ Unions inglesi. Queste associazioni, qualunque
sieno le forme speciali che rivestano, hanno per primo scopo l’aumento dei
guadagni del lavoro, colla forzata diminuzione dei profitti del capitale, o
quando prendano per mira l’industria agricola, della rendita del proprietario.
L’arme di guerra è sempre lo sciopero organizzato e sostenuto coi denari
dell’associazione. La lotta quindi è veramente di capitali contro capitali; ma
benchè il capitale dei lavoratori sia evidentemente minimo di fronte a quello
dei capitalisti e degl’industriali, non è però da disprezzarsi, perchè tutto
quanto destinato al combattimento.
L’azione utile di tali associazioni è stata da
molti magnificata, da altri considerata come nulla; ma i migliori scrittori
consentono a restringerla ai tre punti seguenti: 1° di poter ottenere dei rialzi
di salari — e per salari s’intenda qui qualunque retribuzione del lavoro, sotto
qualsiasi forma — qualche tempo prima di quel che non sarebbe avvenuto per la
sola forza della concorrenza, spesso lenta nella sua azione; 2° di far
profittare i lavoranti di tutti quei rialzi temporanei di profitti del
capitale, che avvengono in alcuni rami d’industria di fronte ad altri; 3° di
farli profittare dei vantaggi speciali di tutte quelle industrie che godono di
un monopolio per circostanze naturali e artificiali, il che, riferito
all’industria agricola, significa di far partecipare i lavoranti alla rendita
fondiaria.
L’arme comune, come dicemmo, è lo sciopero, la
cui azione è resa efficace mediante il raffrenamento della concorrenza, per
effetto dell’accordo dei lavoranti nell’associazione: e perchè la concorrenza
non venga dal di fuori, le varie associazioni concordano la loro azione,
unendosi in consorzi, che possono essere regionali, nazionali e anche
internazionali. Le Trades’ Unions — chè così chiameremo queste
associazioni, poichè è in Inghilterra che ci si presentano nel loro tipo più
perfetto, e colla maggior varietà di applicazioni — le Trades’ Unions
possono colla potente loro organizzazione modificare, rispetto al lavoro, le
condizioni dell’offerta e della domanda in una regione o anche nell’intiero
paese, e ciò sia temporaneamente coll’accordo e col mantenimento di un certo
numero di lavoranti a spese dell’associazione, sia permanentemente col
promuovere e regolare la emigrazione dei lavoranti: quest’ultima è l’arme più
difficile a maneggiarsi, ma più terribile nei suoi effetti.
Noi
qui non intendiamo occuparci delle questioni generali intorno all’opportunità e
ai pericoli delle vaste organizzazioni dei lavoranti nelle Trades’ Unions,
ma ci partiamo naturalmente in tutto il nostro discorso dall’idea fondamentale,
che sembra ammessa dal nuovo progetto di Codice penale come approvato dal
Senato, non esservi nulla d’ingiusto311 nel desiderio del
lavorante di ottenere una lira e dieci invece di una lira al giorno per dar da
mangiare alla sua famiglia, e nulla di delittuoso nel ricusare ch’egli
faccia di lavorare a meno della somma richiesta; purchè, ben inteso, non
commetta alcun atto incriminabile, e non adoperi violenze o intimidazioni per
ottenere il suo intento o per far scioperare i suoi compagni.
Unioni agricole.
Il
primo tentativo di una Unione agricola fu fatto a Londra nel 1837 da un
contadino di nome George Lowloss; egli però fu messo in prigione, e
l’associazione venne disciolta dalle autorità. Nel 1872, mutata la legislazione
inglese e le tendenze dell’opinione pubblica riguardo alle società operaie,
Giuseppe Arch potè costituire sopra solide basi la Unione Nazionale dei
Lavoranti Agricoli, che nel 1874 contava già 86,214 soci paganti, ed aveva
un’azione che si estendeva molto al di là di questo numero, e tale che il
Cox312, per tutte le contee dell’Inghilterra all’infuori di quelle
settentrionali, valuta due lavoranti sopra tre come sottoposti all’influenza
diretta dell’Unione. A circa 40,000 inoltre ascendeva il numero dei lavoranti
agricoli facenti parte della Unione Federale dei Lavoranti, che
comprende operai e contadini nelle sue file. Nello stesso 1874 queste Unioni
sostennero contro gli affittuari delle due contee di Suffolk e di Cambridge,
che coalizzati insieme volevano con un «lock-out» generale schiacciarle
per sempre, una lotta di più mesi, mantenendo a spese della cassa sociale
migliaia di lavoranti privi di lavoro. La lotta finì, è vero, colla parziale
vittoria degli affittuari, riguardo alle questioni speciali delle ore di lavoro
e dei salari, ma le Unioni non furono schiacciate, e stanno
riorganizzandosi con mezzi più potenti. In quell’occasione esse promossero
l’emigrazione per l’America di un grande numero di lavoranti agricoli. Anche in
Irlanda esiste una Società Nazionale dei Lavoranti Irlandesi, a cui sono
ascritti in gran numero i contadini.
In Italia non sono del tutto ignoti gli scioperi
di contadini. Nell’inverno del 1872 avveniva uno sciopero di contadini nel Mantovano:
e nel giugno dell’anno scorso (1875) vi furono, per causa della malattia del brusone
venuta al riso, per cui i contadini disperavano di nulla ricevere in fin d’anno
in compenso delle loro fatiche, numerosi scioperi nel basso Milanese e nel
Pavese. In quell’occasione gli affittuari dovettero cedere in gran parte alle
richieste dei contadini; si ebbe pure a lamentare qua e là qualche disordine, e
non mancarono le indebite pressioni delle autorità sugli scioperanti, con
arresti e minacce, per farli recedere dalle loro domande. Questi scioperi però
non erano organizzati da alcuna associazione, ma sono sintomi di cui si avrebbe
torto di non tener gran conto.
In Sicilia abbiamo di più. Nel settembre 1875 si
formò ad Alia e Valledolmo, ma col centro specialmente in quest’ultimo luogo,
un’associazione di contadini, che aveva per suo vero scopo d’impedire a tutti
gli affiliati di accettare patti gravosi dai gabellotti o dai proprietari. Vi
furono però alcuni contadini che cedettero ai padroni, non resistendo alla
tentazione di avere così il vantaggio di poter per i primi scegliersi qualche
buon appezzamento di terra da coltivare. Di qui minacce e anche qualche
violenza per parte di quelli rimasti fedeli all’associazione. Allora
intervennero le autorità e l’associazione fu sciolta. Così il movimento finì
per allora, avendo pure i proprietari ceduto in alcuni particolari. Negli
statuti dell’associazione non si potè trovare nulla d’incriminabile; e i
processi si fecero soltanto per i singoli atti di violenza avvenuti. Causa di
questo movimento erano stati i patti gravosissimi che i gabellotti imponevano
ai contadini, per rifarsi dei forti aumenti di fitto che avevano dovuto
sopportare. L’agitazione si estese pure fino a Villalba, dove i contadini si
associarono allo scopo di far migliorare i patti, convenendo che dovesse pagare
una multa chi prendesse terre a coltivare dai proprietari del luogo. Anche là
intervennero le autorità.
Questi fatti sono parziali, e per il momento non
hanno una grande importanza pratica, ma non se ne può disconoscere il valore
come indizio dell’avvenire, poichè ci mostrano come cominci a nascere nei
contadini siciliani la coscienza della loro forza quando operino in comune, e
la persuasione di dover aiutarsi da sè e coi mezzi legali. Del resto non vi
sarebbe nulla che dovesse spaventarci in un movimento dei contadini che
tendesse per mezzo delle associazioni ad ottenere un miglioramento della loro
sorte. Se lo Stato e i proprietari non vorranno adoperarsi efficacemente per
mutare le condizioni attuali, non resta altra speranza per l’avvenire che in un
simile movimento dei contadini stessi; e finchè non si escisse dai limiti della
legalità — e la cura di ciò spetta all’autorità giudiziaria — nulla vi sarebbe
di illegittimo o di dannoso per il paese in una organizzazione dei lavoranti
agricoli onde provvedere alla propria difesa. Crediamo anzi che, per quanto la
cosa possa dispiacere a coloro che temono di risentirne qualche diminuzione
nelle loro rendite, una tale organizzazione sia l’unico mezzo efficace per
persuadere la maggioranza dei proprietari a occuparsi della condizione di chi
coltiva le loro terre. Certamente le associazioni di contadini dovrebbero, come
qualunque Trade’s Union, esser sempre pronte allo sciopero; e lo
sciopero indubitabilmente può sempre produrre un grave danno agli scioperanti,
oltrechè ai padroni, e tale che forse qualunque vittoria, qualunque rialzo di
salari non basterebbe poi a compensare: ma lo sciopero è come la guerra; è la
minaccia di essa che per lo più fa ottenere il vantaggio desiderato; ma perchè
la minaccia sia efficace bisogna pure che dietro di essa vi sia la prontezza
dell’azione.
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