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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE TERZA                       RIMEDI E PROPOSTE
      • Capitolo III.   MEZZI D’AZIONE DEI CONTADINI
        • § 124. — L’emigrazione.
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§ 124. — L’emigrazione.

Oltre l’associazione, abbiamo additato l’emigrazione come uno dei mezzi di cui possono valersi i contadini per ottenere un aumento dei loro guadagni, e in genere un miglioramento della loro condizione.

L’emigrazione può aver un’azione molteplice sullo stato economico della classe lavoratrice in un paese: — può diminuirvi permanentemente la concorrenza del lavoro, e così alterarne l’offerta di fronte alla domanda fattane dal capitale, facendo nascere la concorrenza tra capitale e capitale, tra proprietario e proprietario; può colla semplice minaccia di una tale diminuzione indurre gl’industriali capitalisti, e a molto più forte ragione i proprietari, a rinunziare ad una parte di profitti, o rispettivamente di rendita fondiaria, onde non perdere il resto; e può col ritorno degli emigranti che abbiano raccolto qualche gruzzolo di denaro all’estero, e che l’impieghino nell’acquisto di terra, essere il mezzo di creare una classe di contadini proprietari, o per lo meno di formare una classe intermedia tra proprietari e contadini, composta di piccoli commercianti e industriali, per l’azione della quale l’usura anderebbe diminuendo.

Non meno importanti poi degli effetti economici sono quelli morali dell’emigrazione. Essa muta affatto l’ambiente morale per l’emigrante. Se torna, torna uomo, sentendo la propria dignità nel lavoro. Egli ha visto altri climi, altre coltivazioni, altre civiltà; non vive più nell’atmosfera medioevale di prima, e ha il coraggio di lamentarsi e di invocare la giustizia se gli vien fatto un torto. Egli vede uno scampo all’oppressione al di fuori del brigantaggio, dell’assassinio e della ribellione; ed aiuta i compagni ad emigrare e a farsi un peculio col lavoro perseverante.

La questione dell’emigrazione italiana è già stata ampiamente trattata da vari scrittori di vaglia, ma i pareri non furono sempre concordi. Il Virgilio, il Cerruti, il Franchetti, il Tesi ecc., vedono nell’emigrazione il mezzo più sicuro di migliorare le condizioni del lavorante, con vantaggio pure dell’universale, e anche l’Ellena si schiera piuttosto da questa parte. Il Florenzano invece, il Winspeare ed altri, spaventati dalle sofferenze cui spesso vanno incontro gli emigranti, gettano un grido di allarme al vedere l’onda crescente dell’emigrazione italiana. Il Carpi ci ha dato uno studio diligente sull’argomento; che fu pure oggetto di discussione al Congresso degli Economisti che ebbe luogo in Milano nel gennaio del 1875. Il Ministero Minghetti pochi giorni prima della sua caduta, presentò al Senato una legge, con cui si sarebbe data al Governo perfino la facoltà di impedire l’emigrazione, oltre il vincolarla in vari modi; e finalmente una Commissione nominata dal Ministero Depretis, col mandato di studiare l’argomento, concluse che non vi era nulla di nuovo da fare. Si è pure costituita recentemente, con sede centrale a Roma, una «Società di patronato degli emigranti», promossa dagli onorevoli Torelli e Luzzatti e intesa a tutelare, come lo indica il nome stesso dell’associazione, in ogni modo possibile gl’Italiani che emigrano per l’estero, col promuovere inchieste, col reclamare provvedimenti legislativi o governativi sui luoghi di destino degli emigranti.

In questi giorni (settembre 1876) l’apparizione a Genova di più centinaia di contadini colle loro famiglie, che, ingannati da agenti di compagnie o da false notizie, venivano dal Mantovano privi di ogni mezzo di sussistenza, colla lusinga di poter partire per il Brasile, e che dovettero essere rimpatriati a spese delle autorità, ha attirato di nuovo l’attenzione generale sulla questione dell’emigrazione. Abbiamo già detto (




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