§ 2. — Le prepotenze.
Ma s’egli si trattiene, se apre
qualche giornale, se presta l’orecchio alle conversazioni, se interroga egli
stesso, sente a poco a poco tutto mutarglisi d’intorno. I colori cambiano,
l’aspetto di ogni cosa si trasforma. Egli sente raccontare che in quel tal
luogo è stato ucciso con una fucilata partita di dietro a un muro, il guardiano
del giardino, perchè il proprietario lo aveva preso al suo servizio invece di
altro suggeritogli da certa gente che s’è presa l’incarico di distribuire
gl’impieghi nei fondi altrui, e di scegliere le persone cui dovranno darsi a
fitto. Un poco più in là, un proprietario che voleva affittare i suoi giardini
a modo suo si è sentita passare una palla un palmo sopra il capo, in via di
avvertimento benevolo, dopo di che si è sottomesso. Altrove, a un giovane che
aveva avuto l’abnegazione di dedicarsi alla fondazione e alla cura di asili
infantili nei dintorni di Palermo, è stata tirata una fucilata. Non era per
vendetta, o per rancori; era perchè certe persone, che dominavano le plebi di
quei dintorni, temevano ch’egli, beneficando le classi povere, si acquistasse
sulle popolazioni un poco dell’influenza ch’esse volevano riserbata
esclusivamente a sè stesse. Le violenze, gli omicidii, pigliano le forme più
strane. Si narra di un ex-frate che in un paese vicino a Palermo aveva assunto
la direzione delle prepotenze e dei delitti, e andava poi a portare gli ultimi
conforti della religione a taluni fra coloro che aveva fatto ferire. Dopo un
certo numero di tali storie, tutto quel profumo di fiori d’arancio e di limone
principia a sapere di cadavere. Gli autori di questi delitti, hanno essi subìto
processo e condanna? Quasi nessuno è stato scoperto, e quando si sia arrestato
alcuno per sospetto, è stato nel maggior numero dei casi messo in libertà per
mancanza di prove, perchè non si sono trovati testimoni a suo carico.
Quali sono le ragioni di questa
inaudita potenza di alcuni? Dov’è la forza che assicura l’impunità ai loro
delitti? Si chiede se sono costituiti in associazioni, se hanno statuti, pene
per punire i membri traditori: tutti rispondono che lo ignorano, molti, che non
lo credono. Il paese non è dominato da alcuna setta segreta di malfattori. Non
v’ha nulla di misterioso in questi delitti. Molti fra i loro autori sono, è
vero, persone pregiudicate, che si nascondono alle ricerche della giustizia. Ma
la giustizia è sola a non sapere dove sono. Peraltro, è di notorietà pubblica
che il tale o il tal altro, persona agiata, proprietario, fittaiuolo di
giardini, magari consigliere nel suo Comune, ha formato ed accresce il suo
patrimonio intromettendosi negli interessi dei privati, imponendovi la sua
volontà, e facendo uccidere chi non vi si sottometta. Che quest’altro, il quale
va passeggiando tranquillamente per le strade, ha più di un omicidio sulla
coscienza. La violenza va esercitandosi apertamente, tranquillamente,
regolarmente; è nell’andamento normale delle cose. Non ha bisogno di sforzo, di
ordinamento, di organizzazione speciale. Fra chi dà il mandato di un delitto, o
chi l’eseguisce, spesso non appare traccia di relazione continuata, regolata da
norme fisse. Sono persone che avendo bisogno di commettere una prepotenza, e
trovando sotto la loro mano, e, per così dire, per la strada, istrumenti
adattati al loro fine, ne fanno uso.
Nè pure si può dar nomi di società alle relazioni più o meno
fisse o determinate, colle quali sono uniti fra di loro e con certi impresari
d’omicidii, i numerosi componenti della classe di latitanti, sospetti, e
facinorosi d’ogni specie, che popolano più specialmente le campagne, i paesi e
le città della provincia di Palermo14. Fra le persone di questa specie,
le relazioni sono determinate e regolate da similitudine d’interesse e di
condizione, e non abbisognano di regole prestabilite. È vero d’altra parte che
coloro i quali si assumono l’accollo della perpetrazione degli omicidii seguono
certe norme nella scelta delle persone dalle quali accettano commissioni, e
richiedono che la posizione sociale, il carattere, i precedenti del committente
sieno tali da dar garanzia. Vogliono essere assicurati che il legame, il quale
dal delitto comune nascerà fra mandante e mandatario, non sarà ad esclusivo
vantaggio del primo, o a danno esclusivo del secondo. Ma tali norme di condotta
e tali garanzie, nascono dalla natura delle cose, non da convenzioni e da
statuti.
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