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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino La Sicilia nel 1876 IntraText CT - Lettura del testo |
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§ 13. — Impiegati dei feudi. Gl’impiegati principali in un latifondo o exfeudo siciliano sono i seguenti: Prima di tutto il soprastante, che è un direttore o sorvegliante di tutta l’azienda, e fa le veci del padrone quando questi sia assente. Quindi il primo campiere, o capo dei campieri, il quale è responsabile della custodia dei magazzini, ed ha pure uffici di direzione generale del feudo. Sotto di lui i campieri; questi sono propriamente i guardiani del latifondo, ma sono pure incaricati della sorveglianza di qualunque lavoro speciale che venga eseguito sia dai bifolchi, dai giornalieri o dai borgesi, come pure dell’alta sorveglianza del bestiame, e in genere di curare l’esecuzione di qualunque ordine padronale. Questi campieri vanno sempre armati di fucile, e girano la tenuta a cavallo. Il Cattani235 osserva con ragione che la scelta dei campieri è quella che meglio denota l’indole del padrone e del soprastante. Sono due i tipi di campieri in Sicilia; il primo è quello dell’uomo violento, risoluto, dall’aspetto minaccioso e poco rassicurante, il quale probabilmente non è in perfetta regola nei suoi conti colla giustizia: il secondo più docile e laborioso, dall’aspetto più contadinesco, e che ha mansioni più strettamente agricole. Quindi, per seguire l’ordine del Cattani, da cui specialmente togliamo queste notizie sul personale dell’amministrazione di un latifondo, vengono: il magazziniere; il panettiere, che è incaricato dell’importante ufficio di fare il pane per la fattoria; il garzone, che cura la pulizia delle stalle e delle corti; il palafreniere incaricato della stalla padronale; i bordonari, ossia i mulattieri: — ogni bordonaro conduce una retina, ossia 7 muli: per intendere l’importanza dei bordonari, bisogna tenere a mente che colla deficienza ancora così universale, di strade provinciali e comunali in Sicilia, tutto si trasporta ancora a dorso di mulo; — il curatolo degli aratri, che costruisce e ripara gli aratri, e sorveglia e dirige i bifolchi nell’aratura dei campi; il bovaro, che, aiutato da un garzone, è incaricato della cura dei buoi da lavoro; e finalmente i bifolchi, i quali non fanno veramente parte del personale di fattoria, ma sono giornalieri che vengono impiegati per lo più dall’ottobre a tutto maggio per i lavori di aratura, e cambiano di volta in volta, e spesso anche a mezzo anno, da un latifondo a un altro. Per lo più si concede anche a loro, come del resto a tutti gli altri impiegati della fattoria, qualche piccolo appezzamento da seminarsi a fave coi soliti patti, e ciò per avere una garanzia che non se ne vadano prima della fine dei lavori del maggese. È questa dei bifolchi però, ci dice il Cattani, la classe la più abietta dei contadini siciliani. Tutti gl’impiegati della fattoria hanno il diritto all’uso degli aratri padronali per la semina del loro appezzamento da coltivarsi a fave. Il Cattani ci dà la seguente tavola delle mercedi di tutti gl’impiegati che ho nominati; ma egli parla di una azienda grandissima e che comprenda molti latifondi, e le cifre dei salari sono forse un poco più alte di quel che comunemente si usa dare in una fattoria ordinaria. Per il Mistrettese il Salamone ci dà cifre alquanto inferiori. —
Nelle fattorie minori si cumulano naturalmente alcuni tra gli uffici rammentati. Oltre questi impiegati, vi sono quelli addetti alla pastorizia, cioè alle mandre, e sono: il curatolo delle vacche, o capo vaccaro; i vaccari; il curatolo delle pecore; i pecorai, e se vi sono greggi di sole capre, pure i caprai. Di più i garzoni, o ragazzetti addetti alle vacche, alle pecore, o alle capre. Ad Alia, provincia di Palermo, trovammo per questi uffici i salari seguenti: Per i vaccari i salari indicati nella tavola del Cattani per i bovari, meno il vino giornaliero, ma con 6 rotoli mensili di ricotta invece di due. Per il curatolo delle pecore, salario di L. 127.50, mantenimento di una giumenta oppure L. 25.50 di più all’anno, un pane giornaliero di due rotoli, e 4 rotoli mensili di ricotta; e per i pecorai un salario di L. 76.50, e il resto come al curatolo236. Il capopecoraio e i pecorai hanno pure diritto al mantenimento di 50 pecore di loro proprietà nella mandra padronale, contro il pagamento di una fida di 1 lira per capo di animale adulto, e coi patti di cui parlammo a proposito delle mandre pel frutto237. Anche pel magazziniere di una fattoria si cerca in generale che sia prezzamaro di pecore nella mandra padronale, e ciò per avere una garanzia della sua buona gestione. Spesso la metà soltanto di una mandra è di proprietà del gabellotto, e il resto dei diversi prezzamari.
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235 Vedi op. cit., da pag. 103 a 106. 236 Vedi pure Salamone, op. cit., pagg. 240, 241. 237 Vedi sopra, § 5. |
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