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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino La Sicilia nel 1876 IntraText CT - Lettura del testo |
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§ 92. — Ricchezza mobile. Abbiamo già accennato a vari difetti della imposta sulla ricchezza mobile, e a quello specialmente che concerne la forte ineguaglianza sanzionata dalla legge, e aggravata dagli esecutori di essa, nell’applicazione di questa imposta al contadino affittuario e al colono272. Sarebbe necessario e di pura giustizia il trovare per il primo un qualche temperamento eguale a quello adottato colla legge dell’11 agosto 1870 per il secondo.
Giornate obbligatorie per le strade. In Sicilia i contadini sono pure aggravati da una tassa speciale, e che sopra il povero gravita molto più duramente che sul ricco; è dessa quella delle giornate obbligatorie che deve prestare ogni comunista per la costruzione delle strade comunali. Le poche lire che pagano in sostituzione le classi agiate, non possono venir paragonate al danno che risente il lavorante dalla perdita di una o due giornate di lavoro nell’anno.
Macinato. La tassa poi sul macinato ricade molto più gravemente sui contadini mezzadri o metatieri, che su qualunque altro ordine di lavoranti: le difficoltà di ottenere dal padrone un aumento della loro quota di partecipazione nei prodotti del podere, sono molto maggiori per loro, che non per gli altri di ottenere un aumento di salario o una riduzione di fitto. Qui come in alcuni altri casi già citati, la stessa legge di consuetudine che dovrebbe essere il maggior vantaggio della mezzadrìa, torna invece a danno del colono, il quale riceverà sempre la stessa quantità di grano sul raccolto. Egli sente poi tanto più la tassa, in quanto la paga in blocco sui sacchi di grano che fa macinare a lunghi intervalli. L’avversione inoltre che ha il contadino ad ogni affare o pagamento in denaro, fa sì che i mugnai, facendosi pagare in grano, abusano indegnamente colle loro esazioni della loro posizione privilegiata, la quale in Sicilia, colla difficoltà delle comunicazioni e la mancanza di commercio interno, rasenta molto spesso il monopolio.
Tassa di registro. Infine la tassa di registro sui trasferimenti di fondi da un proprietario a un altro è evidentemente di grave ostacolo ai miglioramenti agricoli, poichè ogni inceppamento alla libera trasmissibilità delle proprietà private tende a conservare la terra nelle mani di chi è meno atto o meno in grado di ben coltivarla. Ma dove l’attuale tassa di registro è più dannosa ancora all’agricoltura, e diventa in alcuni luoghi, come nel Messinese, un ostacolo alla stessa riuscita di qualsiasi forma utile di contratto agricolo, è nel gravare che fa così duramente le permute dei terreni: poichè con ciò impedisce all’iniziativa individuale di porre riparo a quel crescente sparpagliamento degli appezzamenti di terra, che minaccia di diventare uno dei mali più seri della nostra economia agricola, dovunque la proprietà sia alquanto divisa. Ci contentiamo di accennare la questione senza approfondirla, poichè essa è già stata discussa nei giornali e nel seno di Commissioni parlamentari. Senza andare fino agli eccessi di chi, sopra esempi germanici, vorrebbe imporre forzatamente ai proprietari la permuta degli appezzamenti divisi, ci sembra che per togliere o diminuire di molto i lamentati inconvenienti, basterebbe un temperamento che attenuasse l’attuale gravezza della tassa di registro, in guisa da farla ricadere sulla sola differenza di valore che intercede fra i due terreni permutati. Con ciò si evita pure il caso, che sotto la maschera di permute si simulino vendite vere e proprie di fondi, con danno dell’erario pubblico. Un temperamento siffatto non potrebbe venir opposto da nessuno, nè creerebbe disuguaglianze di sorta, poichè nella permuta di due terreni di valore eguale non è possibile riscontrare una base giusta di tassazione, e ciò senza parlare dell’interesse che ha l’intiera società a che tali permute avvengano il più possibile. Le difficoltà a qualunque provvedimento di questo genere possono bensì essere di applicazione; ma non vi è ragione per crederle insuperabili.
Tributi locali. Riguardo alle tasse locali concesse alle Provincie e ai Comuni, l’azione dello Stato può, come già abbiamo detto altrove, rendersi utile col vigilare più strettamente sulla loro equa e proporzionale applicazione per parte delle autorità locali. Però nelle provincie meridionali il criterio per giudicare della giusta proporzionalità tra le diverse imposte dev’essere alquanto diverso che nelle altre provincie d’Italia, e ciò per la ragione che il dazio consumo nelle prime vien pagato per massima parte dalla classe agricola agglomerata nelle città, mentre nelle seconde questa classe ne va ordinariamente esente. A questo proposito sarebbe impossibile dar regole generali che guidassero le autorità prefettizie in tutto il Regno nella loro vigilanza sui bilanci comunali: quella stessa imposta che qua è giusta, là invece è esorbitante e iniqua; ciò dipende dalle varie condizioni sociali, non solo delle diverse regioni o provincie, ma anche di Comuni diversi nello stesso circondario. L’elevatezza delle stime catastali, la varietà dei contratti agricoli, l’accentramento o no delle case rurali, sono altrettanti termini che vanno tenuti in conto in ogni singolo caso. Anderebbe però meglio studiata la questione, se la stessa legge non potesse impedire dei casi enormi come quelli di Comuni con esteso territorio che gravano il solo dazio consumo, e niente la sovrimposta fondiaria; ovvero di altri dove ci sono numerose mandrie, e che impongono la sola tassa sulle bestie da tiro e soma, e non quella sul bestiame: come pure sarebbe necessario qualche regolamento della tassa di famiglia che rendesse impossibili le gravi ineguaglianze che, come già vedemmo, si verificano ora nella sua applicazione273.
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272 Vedi sopra, § 76. 273 Vedi: Parte prima, § 56. |
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