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Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino
La Sicilia nel 1876

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO SECONDO   I CONTADINI
    • PARTE TERZA                       RIMEDI E PROPOSTE
      • Capitolo II.   L’AZIONE DEI PROPRIETARI
        • § 119. — Regolamento delle acque.
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§ 119. — Regolamento delle acque.

Non neghiamo però che vi siano alcuni miglioramenti agricoli che, ove venissero attuati, avrebbero una azione diretta e immediata sulle condizioni generali dei contadini in Sicilia. Tra questi noteremo in prima quelli che riguardano il corso delle acque, e quindi gli altri relativi all’applicazione delle macchine all’agricoltura.

È indubitato che ogni migliore regolamento del corso delle acque in Sicilia, sarebbe un beneficio netto per tutta la popolazione; a cominciare dalla costruzione delle grandi opere per i corsi maggiori d’acqua, giù giù fino al tracciato delle piccole fossette che segnano i limiti dei campi, o anche alla direzione dei solchi nei terreni in pendìo. Si toglierebbe la cagione principale della malaria estiva che infesta tutta l’Isola, e non vi è classe di cittadini che non avrebbe da rallegrarsene.

 

Le macchine in agricoltura.

Riguardo alle macchine agricole il fenomeno non è tanto semplice. Avendo esse specialmente per oggetto di sostituire le forze brute della natura a quelle vive dell’uomo, uno degli effetti ordinari dell’introduzione delle macchine in agricoltura è quello di diminuire il bisogno di braccia, e quindi di diminuire i guadagni della classe dei lavoranti; e ciò accade soprattutto, e in grado più immediatamente sensibile, per quelle macchine, come le mietitrici e le trebbiatrici, che compiono i lavori agricoli la cui urgenza in alcuni momenti dell’anno è cagione di forti aumenti di salari dovunque debbono ancora eseguirsi a braccia d’uomo. Sicchè quando l’introduzione delle macchine in agricoltura toglie il lavoro a un certo numero di persone, è indubitato che l’effetto della macchina è stato direttamente nocivo a quella gente, e di più a tutti quegli altri della loro classe i quali dovranno risentire l’azione dell’aumentata concorrenza dei compagni. Questo effetto però non verrà sentito senonchè in modo transitorio nei seguenti casi: 1° quando coll’introduzione delle macchine, per la conseguente diminuzione delle spese di coltivazione, si sia resa profittevole la coltura di terre fino allora incolte affatto o imperfettamente coltivate, e si apra così un nuovo campo all’impiego di quel lavoro stato spostato dalle macchine; 2° quando, e il caso è analogo a quello precedente, il capitale maggiore reso libero o prodotto dall’uso delle macchine, ritorni al suolo con l’introduzione di nuove colture più intensive e che impieghino un maggior lavoro, — per esempio, con piantagioni di agrumi, viti, ecc.; 3° quando lo sviluppo di altre industrie nelle città o nelle campagne, siano esse industrie manifatturiere, minerarie, o di trasporto, impieghi via via il lavoro che riman libero nell’industria agricola; 4° quando si verifichi l’emigrazione pura e semplice delle braccia cui si sono sostituite le macchine.

Quando non accada alcuna di queste quattro cose, o che il trasferimento del lavoro in uno dei detti modi si faccia troppo lentamente — per circostanze speciali di luogo, o di attitudini fisiche, morali o intellettuali dei lavoranti, — è indubitato, per quanto possa esser cosa lamentevole, che la condizione economica dei contadini risente effetti tristi dall’introduzione delle macchine nell’agricoltura. Questa verità però non deve scoraggiarci. È ben difficile che non si verifichi nessuna delle quattro eventualità supposte; e spesso invece si avverano in proporzioni tali che i loro effetti sorpassano di molto quelli contrari risultanti direttamente dall’applicazione della meccanica ai lavori agricoli. È anzi tendenza di quelle medesime cause generali, cioè il progresso nell’istruzione, le facilitate comunicazioni e l’aumento del capitale nazionale, le quali spingono all’introduzione delle macchine in agricoltura, di accrescere allo stesso tempo in un’infinità di rami l’aumento della domanda di braccia, e di facilitare pure il loro trasferimento da un impiego all’altro, e da luogo a luogo. L’introduzione inoltre delle macchine in agricoltura non si effettua in generale che lentamente, e in modo da evitare ogni crise; la quale di fatto non si verifica che quando, come avvenne nei Highlands della Scozia, si sostituisca a un tratto e in vasta scala un sistema generale di coltivazione ad un altro già esistente, la pastorizia per esempio alla coltivazione dei cereali.

Fin qui abbiamo parlato dei danni possibili che dall’uso delle macchine agricole, risparmiatrici di lavoro, possono derivare alla classe rurale: ora accenneremo pure ai benefizi che se ne possono attendere per quella stessa classe, e ciò all’infuori della questione generale dell’aumentata produzione, di cui non è nostro intento di qui occuparci.

Le sofferenze della classe agricola possono dipendere in tèsi generale da tre cause: 1° dai cattivi alloggi; 2° dalla insufficienza dei guadagni; 3° dalla durezza dei lavori che deve eseguire304. Dei rimedi alle prime due abbiamo parlato finora: all’ultima non è dato rimediare che col prevalersi dei grandi trovati della meccanica per sostituire ai muscoli e ai tendini umani, le forze insensibili della natura. Finchè certi lavori durissimi e inconciliabili colla salute fisica e anco morale dell’uomo, non potranno eseguirsi per forza di leve, di ruote e di congegni meccanici, vi saranno sempre delle classi d’uomini serve ed oppresse. Ogni nuova invenzione meccanica può considerarsi come un passo che fa la società nelle vie della libertà e verso l’elevamento della dignità umana; ed è qui che la scienza si dimostra la vera redentrice dell’uomo. Può esser lecito discutere talvolta sul beneficio che arrechi allo Stato e alla società una macchina che si sostituisca soltanto al lavoro ordinario del coltivatore nei campi, ma non vi è dubbio intorno al vantaggio universale che deriva dall’applicazione della forza meccanica al compimento di tanti lavori da bestie eseguiti ora pur troppo da esseri umani.

 

 




304 Un vetturale che ci trasportava l’anno scorso da Lodi a un villaggio vicino, dopo averci comunicato le sue impressioni sulla sorte dei contadini in quelle parti, riassumeva in fine il suo giudizio, con questa frase, che ci è rimasta impressa: «I païsan stan mal perchè guadagnen poch — stan mal perchè lavoren trop — stan mal perchè dormen minga ben».






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