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Anton Giulio Barrili Con Garibaldi alle porte di Roma: 1867 IntraText CT - Lettura del testo |
Questi ricordi giovanili vengono a te, compagno di adolescenza, amico di tutta la vita: vengono a te, ti parlano di giorni cari, sebbene non così fortunati come altri ed altri ond'erano stati preceduti. Ma li faceva lieti di austera grandezza il Tevere largo, scorrente tra le ripe sabine ed etrusche, con la sua Roma assisa là in fondo; tanto bella a vedere dalla vasta campagna, ove il deserto medita e par sempre che aspetti; tanto bella a' miei occhi, tanto desiderata e da lontano allegrante i cuori, che questo libro, in cui ella è veduta in tal forma, io lo avrei voluto intitolare "Scampagnata epica"; e solo me ne trattenne il pensiero dei mille fratelli d'arme, al cui occhio, cercante Roma, i bei giorni della magnifica impresa furono anche gli ultimi della vita.
Tu ami lo spazio libero, le vie larghe davanti a te, dove fretta di contemporanei non faccia di gomito e non incalzi alle spalle, avida di scavalcare, impaziente di giungere. Laggiù eravamo assai meno a correre; e nessuno, o mio Stefano, ti contendeva il posto d'onore. Quello era il buono; tutto l'altro, e l'istessa vita, quanto è lunga, non vale, il bel sogno che possiamo evocare, a ristoro dell'anima. Ed io ti evoco qui, non una storia di fatti, che troppo sarebbe per me, ma una serie di grate sensazioni, con la visione assidua del divino Garibaldi e il calor vivo della sua benevolenza paterna.
CON GARIBALDI