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Francesco Domenico Guerrazzi La battaglia di Benevento : storia del secolo 13. IntraText CT - Lettura del testo |
Posta s'era a seder sopra il suo letto
La miserella vinta dal dolore,
Ed avea nelle braccia
Di tua madre infelice, e trapassata
Ogni cosa bruttando col suo sangue
"Era una notte d'inverno; raccolti intorno al focolare udivamo il fiero racconto del Maggiordomo: - più volte preso da insolito tremore accostai il mio corpo a quello del compagno vicino, e quasi in segno di affetto gli strinsi la mano, ma in vero perchè aveva paura; - certo la storia del Maggiordomo atterriva spaventosa, e il fuoco cominciava a consumarsi, e le tenebre diventavano maggiori; pure io sentiva dentro me sì fatto scompiglio che non poteva derivare dai casi presenti. - Ho udito in appresso porre in dileggio quelle voci segrete con le quali una potenza interna sembra avvertirti che qualche sventura ti sovrasta; nondimeno non ho sofferto mai affanno di cui il cuore non mi abbia avvisato. - Quella sera fu destinata dallo Inferno per incominciamento dei miei misfatti! - Una leggiera percossa sopra le spalle mi fece volgere indietro la faccia; - il volto del conte Odrisio di Sanguine mio signore era stato sempre severo, - questa sera mi apparve terribile; - forse fu l'effetto della luce vermiglia vicina a spegnersi, che riflettendo sopra il suo rugoso sembiante gli compartiva quella nuova espressione; forse derivava dal pensiero delle cose che macchinava nella mente; - al vedere quei bianchi capelli ritti come stecchi su la livida fronte, i sopraccigli neri contratti faticosamente, il rossore su quelle guance smorte ed estenuate, fui per gridare; - egli spalancò gli occhi, mi presentò scintillanti nella pienezza dell'ira le pupille poco innanzi nascoste, e con quell'atto mi fece comprendere ch'io doveva tacere; quindi, curvata la persona sopra la spalliera della sedia, mi susurrò basso basso agli orecchi: - Seguimi in modo che nessuno si accorga della tua lontananza; - e sè ne andò come era venuto. Desideroso di obbedire al mio padrone, mi allontano un poco dal focolare, - la luce cessa rischiararmi, e con essa l'attenzione dei compagni di rammentarmi; mi confondo nella oscurità, mi alzo, ed esco della stanza. Appena giunto a mezzo del corridore, la voce del Barone mi domanda: - Sei tu, Roberto? - Sono. - Dimmi, Roberto, come hai tu in pregio il tuo signore? - In pregio di savio, di benigno e di cortese. - Vero? - Quanto la Messa. - Tolgano i Santi che io ti ricerchi per rinfacciarti il benefizio; ma come credi ch'io mi sia comportato verso di te? - Come padre verso figlio bene affetto. - Vero? - Per la fede di vassallo. - Dunque, s'io ti richiedessi un dono, me lo faresti? - Messere, tutto quello che si può chiedere da Cristiano io sono per fare in pro dei vostri e di voi, salva la salute dell'anima. - Hai tu corsaletto? - No, Messere. - Daga? - Sì, Messere. - Io non ti chiedo che la morte di un uomo. - A tradimento? - Come vorrai, basta che tu lo uccida; ma.... or che penso.... a tradimento sarebbe il meglio. - Messere, sta a voi comandare; per me ell'è tutt'una. - Or fa, Roberto, di trovarti una ora avanti che sia giorno sotto il verone destro del mio castello dalla parte che guarda il giardino. - Messere, vi domando mercè, ma quale dei due veroni devo tenere per destro? - Il destro.... il destro venendo dal viale dei pini. - Se ho ben compreso, quello che appartiene alle stanze di Madonna vostra figlia? - Sì. - E questa parola disse stentando, quasi per forza, con gemito doloroso. - Dunque un'ora avanti giorno fa di trovarti sotto quel verone, attento, con la daga alla mano; udrai calarsi una persona.... aspetta che sia arrivata presso terra, allora.... - Di forza, con la daga nei reni, e una abbottonatura a due parti, Messere? - Sì.... verrò subito dopo, scaveremo una fossa.... nè alcuno sarà consapevole del fatto, meno di te. - E in me sarà sepolto, come il suo cadavere nel terreno. - Lo spero, sebbene la cosa non meriti, perchè egli è un ladro.... - Già.... - Che da più notti tenta rapire il tesoro della mia famiglia, e forse.... - Già. - Nondimeno guarda, per quanto hai caro il mio amore, di tenerlo celato; buona notte, Roberto. - Dio vi abbia nella sua santa guardia, Messere. - Tornai nella sala dove gli altri vassalli ascoltavano tuttavia con moltissima attenzione la leggenda del Maggiordomo, e senza che alcuno se ne accorgesse, accostai di nuovo al fuoco la mia sedia; colà, declinando la faccia, mi poneva a fantasticare: - che bisogna è mai questa? di ladro parmi non debbasi dubitare, perchè avrebbe disposto i servi in maniera che non potesse fuggire, e così prenderlo vivo, e martoriarlo a tutto agio. Questo è certo qualche celato amante, che la sua figlia.... Oh! non tornerebbe meglio compire il desiderio di quelli innamorati, che macchiarsi le mani nella vecchiezza dentro il sangue? ma! ei l'ha per casato: forse che il giovane non è della sua nobiltà; forse sarà qualche valletto di casa; forse mi siede accanto! - Mi voltai, e vidi presso di me un vecchio falconiere fatto presso che cieco dall'età, onde rassicurato riprendeva: - diverrà d'oro la polvere nella quale si sciorrà il corpo del mio signore? trae la sua origine da più antico uomo che non è Adamo? dovrò io uccidere a tradimento tale, cui forse ho giurato fratellanza? - E così di pensiero in pensiero tanto si scostava la mia mente dalle cose che le si avvolgevano sotto occhio, che quando ricuperai i sensi, mi accôrsi che i compagni mi avevano lasciato solo, e se n'erano andati a dormire senza chiamarmi. Riconoscendo tentoni i luoghi che percorreva, m'incamminai verso il giardino. Forse da un'ora mi era posto in agguato, sebbene la impazienza me la facesse considerare come una intera notte, allorchè intesi un lieve rumore; aguzzai gli occhi, e vidi un corpo nero sospeso per l'aria; sguaino la daga, mi faccio appresso, e quando credo di prendere in pieno, meno da disperato; ventura per lo sconosciuto! che giunto circa tre braccia distante da terra stimò bene lasciarsi cadere di un salto, onde la daga andò a cogliere nel muro, e quivi mandò faville: guai a lui se lo arrivava! però che di certo sarebbe stato diviso. Io non so come accadesse; - forse teneva lo sconosciuto la spada tra i denti; sentii assalirmi al punto stesso in molto furiosa maniera; ricambiammo alcuni colpi, ma sopraffatto da forza e destrezza maggiori, abbandonai la daga, e percosso di piatto sopra la testa, mi convenne stramazzare sul terreno. Io mi rammento, sebbene fossi tutto stordito, che allora si aperse la finestra del verone, e apparve un braccio nudo di donna che teneva una candela, poi un volto bianco come la morte; un fiero strido si fece sentire che diceva: - Lascia ch'io muoia con lui; - e un'altra voce di dentro: - Gran Madre di Dio! che fate voi, mia dolce signora? ne perderete l'anima.... Madonna, forse egli è salvo. - Un grido lontano, quasi volesse affermare questo detto, esclamava: - Sono in salvo! - Mentre tento rilevarmi in piede, odo il rumore di passi accelerati che si dirigono alla mia volta, e la voce del Barone, che mi domanda: - Dov'è il morto? - E' non ha voluto lasciarsi ammazzare, Messere, e se n'è fuggito dopo di avermi poco meno che ucciso. Il signore proruppe in una bestemmia, e si allontanò mormorando. Egli era un mistero: per bene otto giorni rinchiuso nelle sue camere, non disse nè fece più nulla, se non che mandò a chiamare un tal Rinaldo d'Aquino, Conte di Caserta, per lo tempo trascorso famigliarissimo al castello, che i servi si dicevano all'orecchio mal gradito amante di madonna Spina. Allo spirare degli otto giorni fu annunciato ai vassalli si apparecchiassero alle nozze della figlia del Conte, che doveano farsi il giorno appresso. Comecchè assuefatti ad eseguire i comandi del Barone senza proferire parola, e allo improvviso, tuttavolta questa precipitosa risoluzione ci parve stupenda, e osammo dircelo, e più osammo sospettare non fosse presa contro la volontà di Madonna: certo ella si mostrava di rado alla nostra presenza, pure noi ricevevamo quel leggiadro aspetto con un sorriso, e sospirando la vedevamo allontanare; - pareva un angelo tra i demoni; - convinti che la preghiera su le nostre labbra non sarebbe ascoltata, la supplicavamo talora volesse pregare per noi, - la tenevamo come un anello che stesse tra le nostre anime e il Paradiso; - nessuna orazione fu da più bella o da più buona creatura proferita, e forse più grata.... Ah! Padre mio, credete voi che mi sia stato veramente rimesso il peccato?" - disse il moribondo Roberto al Frate, che accanto al letto lo confortava a morire, il quale gli rispondeva: "Così tu avessi la virtù della speranza di crederti perdonato, come le tue colpe ti sono state certamente rimesse! non volere, figliuol mio, peccare nella fede; pensi la misericordia essere minore della colpa? Vedi il tuo Redentore, egli ha le braccia aperte per istringere al petto chiunque ama il suo amplesso: ha forse Dio respinto alcun peccatore? confida, confida."
"Confiderò, poichè null'altro rimane a fare;" riprese l'ammalato, e peritoso si accostava alle labbra il Crocifisso. "Io lo rammento, come se fosse adesso," seguendo la storia favellava Roberto, "però che io le stava vicino quando si prostrò avanti l'altare; tremava di un brivido fitto fitto, che poteva sfuggire a sguardi meno curiosi, o meno amanti dei miei; la grimpa nunziale stellata d'oro le copriva il volto, - pure son certo ch'ella piangesse; - il seno le si gonfiava sotto le vesti di tanto in tanto, che sembrava volesse spezzarle; tuttavia non si ascoltava un gemito, ma un lungo respirare, come fa il palombaro80 allorchè prende aria innanzi d'immergersi nell'acqua: la maldicenza avrebbe potuto trovare il suo fianco un po' più rotondetto che a vergine non si convenisse.... forse travidi.... in quel punto sospettai così. Eravamo giunti al terribile momento nel quale il sacerdote chiede dai genuflessi il sacrifizio delle passioni, dei pensieri, dei sospiri, in prò d'una sola creatura nel mondo; nel quale stringe le anime con la catena, di cui il capo tiene in mano la morte; aperse il velo, e guardò il padre, e il padre lei.... Santa Vergine! quali sguardi! quello della Spina parve il trepidante aleggiare di rondine caduta dal nido prima di aver messo le penne, - cupido di vedere, e pure pauroso d'incontrare l'oggetto della sua ricerca; - svelava una rassegnazione disperata di perdita più che terrena, - chiedeva pietà. Quello del Conte Odrisio si mosse da prima benigno, e, se non presi errore, un'alba di lagrima cominciò a spuntargli dalla cavità inferiore dell'occhio; allo improvviso balenò un lampo d'inferno; - chi sa che lo spirito maligno non gli passasse in quel momento traverso? Divenne immobile, mostrando una immensa rampogna, - uno sdegno profondo, - e un domandare mercede: la mia anima sentì in quella ora, ma non può ridire adesso, le sensazioni che l'agitarono. Il funesto consenso fu svelto dalle smorte labbra, la benedizione proferita; udii l'assenso, e la benedizione, come il fragore della scure che dopo avere reciso la testa percuote sul ceppo; mi allontanai dalla cappella: - nè quelle nozze furono liete. Alla dimane trovammo morto nel letto il Conte Odrisio; noi lo piangemmo come uomo che non ci aveva fatto mai nè bene nè male... Il Conte Rinaldo venne ad abitare il castello, e per noi servi queste nuove nozze non fecero che mutarci la soma delle arme.... Se vivendo il Conte Odrisio poco compariva ai nostri occhi madonna Spina, adesso era diventata affatto invisibile: dopo un mese dalle nozze fatali la vidi traverso le grate della cappella; aveva gli occhi gonfi e vermigli, il rimanente del viso pallido, le labbra violette; la pelle le s'informava dalle ossa; mi segnai per la pietà, perchè se può essere senza terrore la morte sul volto della bellezza, non può già esserlo la malattia. E il Conte Rinaldo? egli era pure stato il bello uomo, vago delle cacce, dei tornei, e di ogni altro esercizio cavalleresco; ora scomposto della persona errava lungo i viali dei pini lamentandosi con dolorose esclamazioni, ed ogni giorno più perdeva la floridezza dell'aspetto, il color delle guance; i cavalli pascevano neghittosi pe' prati; i cani giacevano cucciati nella corte, o presso il focolare; i falconi oziavano sopra le stanghe: nulla valsero a levarlo dalla sua mortale malinconia le visite che frequenti gli faceva il Re Manfredi, nè la carica di Contestabile, principalissima nel Regno, alla quale fu inalzato in quel tempo. I servi assumendo i costumi del signore se ne andavano a testa bassa senza salutarsi. Ell'era una casa piena di mestizia, predestinata alla sventura. Recandomi a notte inoltrata nella mia cameretta, mi prese vaghezza di passare vicino alla dimora del Conte: appena pongo il piè nella sala, intendo un suono di persone che favellano; - mi accosto cautamente porgendo l'orecchio; - il vento quella notte furiosissimo non concedeva che le parole mi giungessero intere, nondimeno ascoltava: - Conte Odrisio, tu mi hai tradito! se stesse per me, già non avrebbe requie la tua anima sotterra.... Il vento si portava quello che seguiva; quando cessò di soffiare intesi da una voce diversa: - irreparabile.... E l'impeto della bufera mi tolse di nuovo il sentire. - Scese (soggiunse la prima voce, che mi parve quella del Conte Rinaldo) dal letto; io vegliava, ma fingeva dormire.... - E dopo nuova interruzione: - sorsi prima di lei, rinvenni la carta, e lessi: la vostra maraviglia, Principe, della mia ostinata repugnanza a tradire il sacramento è piena di obbrobrio, ma giusta, perchè la femmina che ha tradito il primo dovere, può tradire il secondo, e tutti... nè me ne dolgo, chè la considero come una delle più lievi punizioni, con la quale la giustizia eterna mi fa scontare la morte del mio misero padre: felice se... - Un buffo veemente venne a rapirmi le parole; e d'ora innanzi non intesi che alla spezzata, tra le scosse delle finestre e lo zufolío che faceva per le sale quel vento rovinoso, ora dal Conte Rinaldo, or dall'altra voce: - poteva tôrmi la vita, non l'onore,... quel figlio non porterà per impresa l'arme di Aquino,... fu un inganno, un delitto,... voi non dovete dire che una sola parola,... penso io,... è finita - è finita,... i morti non parlano. - Mi ritirai, studiando i passi, perchè mi parve che s'indirizzassero alla mia volta; assai mi avevano detto intorno madonna Spina l'avventura della notte in che fui abbattuto, il suo fianco rotondo, quegli sponsali precipitati; più mi dicevano le ascoltate parole. Una sera che me ne andava tutto soletto a vedere se la porta del castello era stata ben chiusa, mi si parò innanzi un tal Conte della Cerra, che, come povero gentiluomo, assai si riparava nel castello del mio signore, e molto si era avanzato nella grazia di lui, così che lo avesse posto a parte di ogni suo pensiero segreto: - Vassallo, mi disse, che cosa faresti per avere la libertà? - Che cosa? ditelo voi che cosa farei; per me non lo so nè pure io. - Piccola impresa ti si domanda, vassallo, che il tuo signore potrebbe comandarti, ma pure ama pregartene, e offrirti in ricompensa la libertà, e un florido stato. - Ed è? - Un colpo di pugnale. - Ne ho dati cento a mio scapito, pensate se ne darò uno per guadagno. - Ma nota che deve essere dato a un dormente, con molto accorgimento, nella notte, senza avere nessuna altra cosa seco, tranne il pugnale. - Non si tratta di fendere un uomo? il pugnale è tutto ciò che bisogna... porterebbe questo alcuna difficoltà per voi? - Non per me, Roberto, ma per te che sei uso a far d'arme, come conviene ad uomo leale. - S'io combatto di giorno, non crediate mica che non combatterei molto più volentieri di notte; e se ferisco nel petto, non pensate che non ferirei meglio nelle spalle: quando posso ire per la piana, Messere, non cerco mai nè l'erta, nè la scesa. - Ben parlato, vassallo: tienti pronto dimani a quest'ora, che ti condurrò io stesso alla posta; ti concedo questo tempo alla preparazione... del pugnale. - Certo, bel signore, sono cose coteste, che vogliono un po' d'esame di coscienza... - Vedete, Padre, fin dove giungeva in quei tempi la mia empietà, che adoperava le parole di devozione in senso di scherno, e fingeva premettere le pratiche religiose alla consumazione del misfatto: - pure, continuai favellando col Conte della Cerra, pure, bel signore, io non posso obbedirvi senza la certezza che il Barone mi sciorrà dalla servitù nella quale sono nato. - Dubiteresti, vassallo, della fede del tuo Barone? - Non già di quella del Barone, ma.... - Di cui? - Della vostra. - E qual hai tu cagione, vassallo, per diffidare di me? - E qual cagione ho io per fidarmi? - Non mi vedi tutto giorno cavalcare allato del tuo Barone? pensi che vorrei dirti cosa che non mi avesse ordinata? - È ella anche morta la schiatta dei traditori? - E qui vidi gli occhi del Conte stralunarsi, e le guance accendersi, ma non osò mostrarsi adirato, perchè io aveva fama di feroce, ed egli temeva molto. - Or via, per non entrare in più parole, che vuoi tu ch'io ti porti per sicurezza della volontà del tuo padrone? - Non saprei: dite. - Per esempio, il suo anello? - Basterebbe, Messere. - Dunque dimani, qui, a quest'ora, e ti porterò l'anello. - Non vi fu che ripetere; vidi proprio il suo anello, lo guardai, lo riguardai per iscorgere se fosse inganno, egli era quel desso. - Tu tremi? mi disse il Conte della Cerra, allorquando, dopo avermi fatto percorrere una gran via ad occhi bendati, m'ebbe introdotto entro un cammino sotterraneo. - Sì, tremo, ma di freddo. - Si trema anche di paura. - Si trema.... al ferire però si conosce se per paura, o per freddo. - Questo è quello che potremo vedere adesso, perchè ormai siamo arrivati. - Mi tolse la benda; le tenebre mi circondavano, le tenebre, conveniente compagnia della colpa. - Or fa di scendere più che potrai cheto per questa apertura, che sarà due palmi distante da terra; calavi prima per bene una gamba, poi l'altra; fa tre passi a mano diritta, e ti troverai di fianco al letto, ove dorme... - Chi dorme? - Che t'importa sapere chi vi dorme? tu non devi guardare altro che a finirlo. - Che m'importa? Santa Maria! m'importa benissimo: non potrebbe essere un mio consorte? - Non te lo aveva detto che la paura ti ha vinto? vieni qua, che ti riponga la benda, e ti riconduca al castello. - Rispondetemi, - e qui, Padre, proferii un crudele giuramento - rispondetemi, è egli un mio consorte? - Non è tuo consorte. - È egli un mio amico? - Non è tuo amico. - No? - Quanto è vero chi ci deve condannare. - Ora vedrete se ho paura io. - Scesi in punta di piedi, brancolando con la manca pel buio, col pugnale nella destra, palpai il corpo del giacente, tolsi la mira sul cuore, vi apposi la punta, l'alzai, l'abbassai... quale urlo straziante! - (E il moribondo si turava le orecchie come se in quel momento lo percuotesse.) - Il Conte Anselmo della Cerra avanzandosi su l'orlo della apertura, schiuse una lanterna, e domandò: - è anche spirata? - Troni del Paradiso! un raggio di luce strisciando sul letto sanguinoso mi svelava nella trafitta le sembianze di madonna Spina. Correva intorno la stanza cieco per troppa rabbia, gridando disperato, allorchè un vagito d'infante si aggiunse a tanto strepito d'ira, di spavento, e di terrore: a balzelloni mi accosto al letto, e ne rimuovo la coltre; miserevole caso! - un bambino si avvoltolava nel sangue; il dolore ne aveva affrettato il nascimento, e forse sarebbe venuto alla vita solo per provare quanto sia acerba la morte, dove la madre non avesse avuto coraggio di porsi a sedere sul letto, di recarsi in grembo il fantolino, e baciarlo. Mentre faceva tale atto, il sangue che ad ogni suo alitare sgorgava dalla piaga a zampilli, bruttò il volto del fanciullo, per lo che Madonna aprendo angosciosamente la bocca proferì a stento queste parole: - Prendi, innocente, questo è il latte che doveva dare al suo figlio colei che fece morire di amarezza suo padre, - e cadde. Avviluppai in un lino il fanciullo, corsi verso il Conte della Cerra, e mal sapendo che mi facessi, glielo posi in mano; per poco stette che cadendo non si sfracellasse sul pavimento. - Anselmo, che hai fatto? Anselmo! gridò sopraggiungendo affannoso di fondo al corridore il Conte Rinaldo, che al vedere il feroce spettacolo percosse semivivo per terra. - Non ho oltrepassato i confini del vostro mandato, Rinaldo, rispose sorridendo il Conte della Cerra, e però siete tenuto a rilevarmi d'ogni molestia in questo mondo, e in quell'altro. - Che vi narrerò io più di quest'anima infernale? mostrando volersi prevalere dello svenimento del Conte di Caserta, mi proponeva di percuotere il fantolino nella parete, per levarsi, diceva egli, quello stecco dagli occhi: io gli ordinai che se ne guardasse, però che quell'anima andando al Limbo, avrebbe di certo insegnato alla sua la via dell'Inferno; così salvava il fanciullo. Il Conte Rinaldo appena ricovrò da quello svenimento metà del senno: rammentava la perdita della consorte, perchè ad ogni momento la sentiva; gli altri orrori obliò, o, se pure gli si affacciarono alla mente, ebbe fede che derivassero dalla sua atterrita immaginazione. Anselmo della Cerra, di lì a poco tempo per più sottile disegno affatto mutato, invece di impedirmi salvare il bambino, avendomi prima costretto di giurare su i Santi che non avrei mai svelato la sua nascita ad anima vivente, mi sovvenne del consiglio e dell'opera per bene allevarlo; egli crebbe benedetto dagli uomini, e dal cielo; condotto alla corte, tanto piacque al Re Manfredi, che prima lo accolse tra i suoi paggi, e poi divenuto più adulto tra gli scudieri... egli vi sarebbe tuttora, se..."
"Finisci."
"Se adesso non fosse innanzi di me."
Cortese lettore, se tu sei nel numero degli eletti, che intendono, puoi conoscere di per te stesso che l'arte della scrittura possedendo parole soltanto per dimostrare lo stato dello spirito, difficilmente può riferirlo in modo convenevole, perchè alla più gran parte degli uomini nati col cuore ghiacciato coteste parole non significhino nulla, ed alla più piccola che pur sente, pochissimo; essendo le sensazioni che noi descriviamo non rare, ma uniche, e appartenenti alla scienza diabolica di avvilire le anime.
Rogiero si trovò a un tratto privato di padre, senza che gliene facessero conoscere un altro; svelto da una trista certezza per essere precipitato in un dubbio più doloroso; travolto dalla sventura nel peccato. Assai fino a quel punto aveva disprezzato la natura degli uomini, e la sua; ora l'aborriva, imperciocchè vedeva le passioni, ch'ei reputava generose, convertirsegli in istrumenti d'infamia; la sua innocenza lo aveva condotto a por fede nelle parole del suo simile, la compassione a tenere per padre quello che non era tale, la carità di figlio a tradire il suo Re per trarre vendetta del tradito genitore. Tanta complicanza di casi misteriosi tanti lacci tesigli per istrascinarlo al delitto, i più cari affetti tolti a scherno, la rabbia, la vergogna, l'angoscia, così lo travagliarono, che afferrate le stanghe del letto, spinto da irresistibile impeto, si dette a scuoterlo in modo che il giacente, le coltri, e tutto quello che vi stava sopra, balzassero; il Crocifisso cadde per terra, il moribondo abbracciò il confessore, e nascose di nuovo il volto nel suo seno.
"E la giustizia non vendicò quel delitto? Potè rimanersi celato alla vendetta degli uomini?"
"Oh! prega Dio, che il potente non voglia il delitto, perchè per celarlo appena ne prende cura, e nessuno lo vendica."
"E il fratricidio che mi contavano di Manfredi?"
"Fu menzogna."
"E il mio nascere da Enrico lo Sciancato?"
"Menzogna."
"Ed Enrico?"
"Fu conservato, per quello che credo, onde opporlo a Manfredi nella contesa del Regno; ma divenuto per troppa angoscia privo di senno, lo mantennero sempre vivo, o perchè non ardissero di finirlo, o perchè fino d'allora divisassero fingerlo vostro padre, e così concitarvi a tradire il vostro Re."
"Questo è un miracolo di malignità! E tu lo sapevi, Roberto?"
"Lo sapeva."
"E mi hai tradito?"
"Mi avevano giurato di farmi grande, e di non uccidervi."
"Anima dannata, sii maledetta per tutta la eternità!"
"O Padre! l'udite?... Non mi hai perdonato? dì, non hai giurato di perdonarmi?
"Se io ho giurato, adesso spergiuro: in qualunque luogo sia chiamato il tuo spirito, o di salute, o di perdizione, io ve lo perseguiterò sempre con incessante, interminabile maledizione...."
"Non dirlo, Rogiero!... Padre, lo pregate a non dirlo! narrategli con quali penitenze io mi sia travagliato per iscontare la colpa.... io ti ho pure salvato la vita."
"Esecrai chi me la dette; e te, quando anche nessuna ingiuria mi avessi apportato, esecrerei per avermela conservata: - dànnati, e spira."
"Spietato! verrà giorno che pagherai amara questa tua crudeltà: - già presso a comparire al tribunale di Dio, sento che i miei delitti sono troppi, e troppo gravi perchè mi vengano rimessi.... il tuo perdono non mi avrebbe giovato, ma avrebbe parlato per te, allorquando verrai giudicato a tua posta: - anche una volta.... vuoi mantenere il tuo giuramento?"
"No."
"Vattene dunque, e mi lascia morire in pace."
"No: - finchè il velo della morte non sia calato sopra le tue pupille, scorgi il mio aspetto, e dànnati, e spira."
Non aveva Rogiero finito le amare parole, che si schiusero le porte della cella, e comparvero due file di monaci che recavano in mano molte torce accese; veniva ultimo in aspetto solenne il Frate che aveva incontrato Rogiero nel Camposanto, tenendo sotto una mantellina di seta la materia per la estrema unzione. E qui giova notare che la disciplina religiosa di quei tempi, a norma dei documenti lasciati dallo Apostolo Santo Jacopo, adoperava con molta discrezione quel sacramento, nè lo amministrava se non quando l'ammalato era per trapassare. - Inoltratosi pertanto il Frate, alla vista di Rogiero, che, con la mano levata, faceva atto d'imprecare, e a quella di Roberto, in religione chiamato Egidio, che supplichevole, atterrito per la paura della vicina dannazione, grondante sudore, pareva aver consumato i partiti pe' quali l'uomo muove a compassione l'altro uomo, conobbe il caso; onde voltosi all'offeso, con quella fierezza che deriva dallo zelo, gli toccò la fronte, e disse: "Creatura nata a morire, potrai conservare odio immortale?"
"Non so, Padre, s'io lo possa; ma lo voglio."
"Degno figlio della schiatta decaduta, il tuo sentimento partecipa della viltà dei vermi che ti compongono; i tuoi pensieri stanno nel fango dal quale nascesti e nel quale ritornerai."
"Egli mi ha ucciso la madre!" gridò Rogiero accennando l'ammalato "come potrei renunziare a maledirlo?"
"Egli" rispose il Frate alzando il dito al cielo "fece uccidere il figlio per benedire."
"Io non sono già Dio."
"Lo so che sei creta; ma vive in te una scintilla di divinità, una particella dell'intelletto di Dio, che ogni sua cura dovrebbe porre in seguitare lo esempio del suo Fattore, e in piacergli, e in farsi degna di quella gloria alla quale ci chiama con tutti i portenti della creazione: l'Eterno senza peccato rimise non richiesto la colpa, rimettila tu che sei peccatore, e te ne supplichiamo prostrati alle tue ginocchia."
Ciò detto, cadde ai piedi di Rogiero, e sollevando le mani giunte lo scongiurava in bell'atto di amore. I rimanenti Frati seguendo il moto dell'Abbate facevano altrettanto, e concordi ad una voce gridavano: "perdona.... perdona!"
"Quando anche mi dessero il dominio del fulmine.... quando anche, mi fosse concesso l'impero sopra il consiglio della mente.... ed ogni cosa del creato avesse una voce che mi esaltasse, e le miriadi degli Angioli mi cantassero osanna in perpetuo, io non rinunzierei mai alla mia maledizione. Sii maledetto!" gridò con potentissima voce Rogiero, scotendo ambe le mani sul moribondo, "e meco ti maledicano le sostanze che hanno corpo, e le intellettuali, i morti, i viventi, i non nati; possano da queste mie mani piovere zolfo e fiamme su l'anima tua, e su quella dei tuoi compagni di delitto; non vi sia bocca che non vi schernisca, non creatura che non rida alla atrocità del vostro supplizio; e possa la mia crudeltà far condannare me pure, e ardere nel medesimo inferno, imperciocchè allora voi tormenterete me con la storia dolorosa, ed io tormenterò voi con le mie feroci rampogne: ci saremo scambievoli demoni - e spietati - e implacabili - eterni."
Respinse il vecchio Abbate che gli abbracciava le gambe, lo stese duramente per terra, e con un salto balzò fuori della cella. Il crisma consacrato si sparse sul pavimento, e si mescolò col sangue che scorse dalla fronte lacera del misero Abbate; egli però nulla curando la ferita, aiutato dai circostanti, si ripose in piedi, e s'incamminò ad amministrare il pietoso ufficio col poco olio rimasto: già con la mano levata su gli occhi del moribondo aveva cominciato a dire per istam sanctam unctionem, et suum.... allorchè il confessore dall'altra parte del letto con voce fioca mormorò: "È spirato."
Guardò con maggiore attenzione l'Abbate, e vide Roberto con gli occhi e le labbra aperte; - un lieve rossore gli coloriva le guance; - pareva vivo; - gli pose la mano sul cuore; - fu lo stesso che porla sopra una pietra; - prese un lembo della coltre, e gli coperse il volto dicendo: "È andato in pace!"