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Francesco Domenico Guerrazzi
Racconti e scritti minori

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L'OPERA LETTERARIA DI F. D. GUERRAZZI

 

 

 

L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA

 

Francesco Domenico Sebastiano Guerrazzi nacque a Livorno il 12 agosto 1804. Suo padre, Francesco Donato, sotto la guida di due artisti fuggiti dalla Francia dopo la grande rivoluzione, il Corneille ed il Fabre, divenne un valente intagliatore, ma non un Cellini del legno, come vorrebbe far credere il suo figliuolo, in quella lettera autobiografica che, nel 1848, diresse a Giuseppe Mazzini1. Dovette essere questo F. Donato un grande originale, se è vero che, senza essere malato, passava intere giornate sul letto in un continuo mutismo: certo fu un uomo non incólto, poichè conosceva Dante, il Machiavelli, Pietro Bembo, Carlo Botta, e la consuetudine spirituale con questi grandi l'aveva reso, nel parlare, grave e concettoso. Una vera furia (e, forse, per la lunga e dura convivenza con lei, F. Donato si era ridotto al mutismo!) fu la madre di F. Domenico. Il quale, nelle Note autobiografiche, che io pubblicai quindici anni or sono2, avendone trovato il prezioso manoscritto fra le carte del Buon Governo, nell'Archivio di Stato di Firenze, intinse la sua penna, scrivendo di lei, nell'aceto e nel fiele. Se può recar dispiacere che un figlio abbia usate parolegravi contro la propria madre (tanto più che il Guerrazzi scrisse quelle pagine dove maggiormente avrebbe dovuto sentire il desiderio di

lei, nella solitudine di un carcere) non può negarsi, d'altra parte, che egli abbia detta la verità, poichè ciò ch'egli dice è, in massima, riconfermato nelle Memorie del Giusti pubblicate da Ferdinando Martini.3

Era ancora bambino F. Domenico, quando il padre lo volle seco in bottega per fare di lui un intagliatore: "ma una invincibile repugnanza alle cose manuali e il danno che giornalmente apportava perchè non gli riusciva di tenere peso alcuno nelle mani oltremodo delicate, gli fruttarono bando perpetuo". Fu messo allora a studiare sotto la disciplina di certi frati, i quali soli avevano il monopolio dell'istruzione elementare e media in Livorno. Enrico Mayer, che frequentò nel medesimo tempo le medesime scuole, disse di quei maestri un mondo di bene. F. Domenico, invece, parecchie volte ritornò ne' suoi scritti alla carica contro di loro, accusandoli di crassa ignoranza, della più brutale crudeltà, della parzialità più sfacciata verso gli allievi più ricchi. Egli era de' poveri, quindi poco ben visto dagli insegnanti; ma, nullameno, ebbe premi e medaglie.

Tutto era pesante, al dire di F. Domenico, in quelle scuole; ma la retorica di cui i padrimaestri lo impinzavano dalla mattina alla sera era un vero tormento; e però accolse con giubilo il dono che il padre gli fece di una cassa contenente libri di tutte le specie, dall'Iliade all'Esprit dell'Helvetius, dalla Bibbia al Novum organum di Bacone, dall'Orlando Furioso ai romanzi di Anna Radcliffe. Questi in ispecial modo, con quei fantasmi che di continuo appaiono e scompaiono, con quei castelli pieni di trabocchetti e di nascondigli, accesero la già calda fantasia del ragazzo, gli rimasero profondamente impressi nella memoria, e, forse, non furono senza efficacia nella sua successiva produzione romantica.

Se da un lato, con tutte queste letture e con quello (fosse pur poco) che imparava alla scuola, F. Domenico arricchiva la sua mente, dall'altro, non avendo nessuno che lo guidasse, e forse desiderando di star lontano dalla tenera madre più che gli fosse possibile, trascorreva la maggior parte del tempo con i monelli di strada, partecipe e, talvolta, duce delle loro imprese contro gli Ebrei, numerosi a Livorno. Nulla di strano che egli così facesse allorchè non poteva riconoscere quanto era ingiusto ciò che ogni commetteva; ma doloroso che delle sue gesta antisemite egli menasse vanto parecchi anni dopo, scrivendo le Note autobiografiche!

Spirito ribelle ed inquieto, stava per terminare gli studi secondari quando, per un nonnulla, venne a questione col padre e fuggì di casa, fermo di non tornarvi mai più: "possedevo poche monete di rame", scrive nelle Memorie, "e bastarono pel primo giorno che consumai intero a meditare sulla vita futura: nel secondo mi detti moto a procurare impiego, e lo rinvenni: fui revisore di stampe [presso i fratelli Vignozzi], traduttore di libri, e maestro di giovani assai più adulti di me; dormii sul terreno nudo, tenendo sotto il capo mattoni per guanciale: parco nel cibo, la bevanda, acqua". Durante l'assenza dalla casa paterna, F. Domenico conobbe Carlo Bini, che era un poco più giovane di lui e forse, a quel tempo, frequentava la scuola dei Barnabiti.

Riconciliatosi, per i caldi uffici del suo nuovo amico, col padre, nell'ottobre del '19 il Guerrazzi lasciava Livorno per recarsi all'Università di Pisa a studiarvi giurisprudenza; non che per elezione egli intraprendesse tali studi, ma unicamente per accontentare il padre, che voleva muovere azione legale contro certi parenti di Castelfranco di Sotto e però desiderava aver in casa sua l'avvocato.

 

 

 




1 Memorie di F. D. Guerrazzi, Livorno, Poligrafia Italiana, 1848.



2 Note autobiografiche e poema di F. D. G., Firenze, Le Monnier, 1899



3 Treves, 1890.






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