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Francesco Domenico Guerrazzi
Racconti e scritti minori

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L'INDICATORE LIVORNESE

 

Ogni genere letterario può, quando un popolo abbia in animo di scuotere il giogo della servitù, divenire arma terribile contro il nemico: dalla solenne tragedia alla umile farsa rappresentata dai burattini, dal poema alla favola, tutto diviene capace di fiere invettive o di sottili ironie, che il popolo, in certi momenti, afferra con incredibile facilità. Ma il giornale è, in tali casi, strumento più di ogni altro efficace: esso corre più rapido delle tragedie, delle commedie, dei poemi da un capo all'altro del paese, esso può penetrare dovunque, esso diviene l'amico delle famiglie, dove è letto, discusso, illustrato, esso è alla portata intellettuale ed economica della massima parte delle persone. F. Domenico, che già aveva fondato in Livorno il Gabinetto scientifico-letterario, perchè la sua città nativa non fosse più vituperosamente chiamata la Beozia d'Italia, fondò un giornale di cui il primo numero vide la luce il 2 marzo 1829. Era intitolato l'Indicatore livornese in memoria di quello Genovese, diretto da Giuseppe Mazzini e soppresso, dopo trentatrè numeri, dal governo piemontese. Il programma del nuovo giornale era tutto nel suo motto: Alere flammam! A tener desta la quale furono chiamati i più conosciuti e più cólti liberali d'Italia, il Poerio, il Colletta, il La Cecilia, il Missirini, il Benza, il Bini, il Mazzini. Io non intendo esaminare articolo per articolo numero per numero questo giornale, ripetendo un lavoro, alquanto noioso, già da me fatto: solo intendo narrare come avvenne che, sul più bello, la censura granducale lo sopprimesse. Il Missirini, in un articolo sulle consorterie, aveva voluto mostrare che dalla associazione deriva ai popoli ogni felicità. "Qui a Livorno", scriveva, "vedemmo una associazione di spiriti onesti e gentili intendere allo studio della patria lingua, all'esercizio dell'arte del genio e del sapere nell'Accademia labronica", e continuava su questo tòno, lodando il Gabinetto letterario, la biblioteca che si andava a poco a poco formando, la scuola di mutuo insegnamento e l'Indicatore livornese. Il Bini, in un articolo che il Guerrazzi firmò dopo avervi fatte poche aggiunte, manifestava intorno all'Accademia labronica opinioni affatto contrarie a quelle espresse dal Missirini, parendogli un'accolta di persone che d'altro non si occupassero se non di "cianciafruscole in prosa ed in rima". Gli accademici livornesi fecero giungere l'eco delle loro querele per gli oltraggi del Bini sino all'orecchio del Granduca, e ai primi di febbraio del 1830 Don Neri Corsini inviava al Ciantelli, presidente del Buon Governo, l'ordine della immediata soppressione dell'Indicatore livornese.

 

 

 




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