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Francesco Domenico Guerrazzi Racconti e scritti minori IntraText CT - Lettura del testo |
L'ORAZIONE PER COSIMO DELFANTE
Il Guerrazzi era socio dell'Accademia labronica, onde può agevolmente capirsi con quale animo accogliesse la soppressione dell'Indicatore livornese, reclamata, voluta anzi dalla fazione più retriva degli accademici stessi. Avrebbe fatto bene a sbrigarsi da tale associazione, ma si avvicinava il marzo, ed egli aveva promesso da tempo che, nella solenne tornata del 29 di questo mese, avrebbe letto l'elogio di Cosimo Delfante, prode generale dell'esercito napoleonico, morto nella spedizione di Russia. Era recente la pubblicazione de' celebri versi del Lamartine all'Italia:
Monument écroulé, que l'écho seul habite,
Poussière du passé, qu'un vent stérile agite.
e, quantunque il colonnello Gabriele Pepe avesse già, con la spada alla mano, ricacciata in gola al poeta francese la sanguinosa e immeritata ingiuria, e già nell'orazione per il Sabatelli F. Domenico avesse con ogni energia protestato contro chi aveva sanguinosamente offesa una nazione infelice ed oppressa, non sembrò vero al Nostro che una nuova occasione si offrisse di potere, in una solenne adunanza, presente la parte più cólta della cittadinanza, e le autorità stesse governative, difendere la Patria e farne risuonare il nome là dove, fra le cicalate e i madrigali, quasi era posto in oblio. Ne sarebbe scoppiato uno scandalo? Tanto meglio! Ne sarebbe seguito un processo? Pazienza! E lo scandalo e il processo ci furono, onde venne travolto anche il Governatore di Livorno, S. E. Garzoni-Venturi, che, secondo alcuni, mentre il Guerrazzi leggeva, dormiva; secondo altri, memore di certi suoi vecchi amori giacobini, si era lasciato prender dal sonno perchè l'oratore potesse più liberamente dire il fatto suo. La conclusione fu che il Guerrazzi, reo di aver commemorato un valoroso concittadino e di aver difeso l'onore della Patria, ebbe sei mesi di confino a Montepulciano. Fuori di Toscana, la pena sarebbe stata, senza dubbio, assai più grave; ma, sotto il mite governo dei Lorenesi, poche volte si arrivava fin lì.