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Francesco Domenico Guerrazzi
Racconti e scritti minori

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LA VERONICA CYBO E L'ISABELLA ORSINI.

LA VENDETTA PATERNA

 

L'idea di tentare il gusto del pubblico con brevi racconti era stata suggerita nel 1827 al Guerrazzi da quello stesso Carmignani col quale, dopo il periodo di lotte del quale abbiamo discorso, era entrato, almeno all'apparenza, in rapporti amichevoli. Ma passarono degli anni prima che F. Domenico pubblicasse la prima di tali brevi narrazioni, che fu la Veronica Cybo, e che apparve nel 1837 in una strenna livornese intitolata la Viola del Pensiero. In questa edizione il Guerrazzi asserisce di aver trovato il fatto narrato in un manoscritto di Stefano Rosselli, nel tomo quinto dell'Osservatore fiorentino e nel tomo sesto della Storia del Granducato di Toscana di Riguccio Galluzzi; ma, nelle edizioni posteriori, dice di averlo trovato, con pienezza di particolari che nulla lasciano a desiderare, nella Cronaca della Città di Firenze dall'anno MDXLVIII al MDCLII pubblicata da Carlo Morbio nel volume quarto delle Storie dei Municipi italiani illustrate con documenti inediti. Ora è veramente strano che il Guerrazzi, il quale aveva sott'occhio la narrazione del Rosselli, trovasse tanto più ricca l'altra del Morbio, che è quella del Rosselli senza la minima diversità! Dalle quali narrazioni, per altro, F. Domenico si discosta notevolmente, come avverte egli stesso nell'appendice ove riporta il passo della Cronaca fiorentina. La Salviati, ad esempio, secondo il romanziere, non conosceva le sembianze di Caterina Canacci se non per un ritratto che un'amica le aveva procurato: ma il Rosselli dice: "È fama (il che io non ardisco affermare per vero) che entrando la Duchessa in San Pietro Maggiore ove per avventura si ritrovava ancora la Caterina, da lei di vista molto ben conosciuta, quasi paresse semplicemente et a caso, postasele con destrezza a canto, le accennasse in poche, ma pesanti parole, che non ardisse mai più di dar pratica al Duca suo marito, minacciandola, se seguitasse, di fiera vendetta; a cui rispondeva Caterina forse con più baldanza et ardire di quel che comportava la sua condizione, e accese vie più lo sdegno di quella signora, accelerando per questa via la soprastante rovina". E la Duchessa non assistè, come racconta il Guerrazzi, alla uccisione, della Canacci, e tanto meno vibrò essa il primo colpo all'infelice e ne staccò la testa dal busto, ma attese nel suo palazzo che gliela portassero come testimonianza della strage commessa e per mandare a compimento l'ultimo atto della tragedia. Risulta chiaro da questo raffronto, il quale potrebbe assai prolungarsi, che F. Domenico, nella scelta di quanto poteva fare al caso suo, non fu sempre avveduto e trascurò elementi drammaticissimi che la Cronaca stessa gli porgeva (come il colloquio fra le due donne) per accoglierne altri di assai scarsa importanza. Ciò non ostante e non ostante (al solito) una certa superficialità nello studio dei caratteri, il giudizio del pubblico fu favorevole alla Veronica Cybo, che venne ripetutamente stampata in Italia e all'estero. Anzi, una volta, a Milano, gli editori Tendler e Schaeffer intrapresero un'edizione della Cybo, tradotta in italiano dal tedesco per opera di Felice Turotti! Per buona sorte, prima che il libro fosse cucito, capitò un tale in tipografia, che, gettati gli occhi sulla versione, esclamò: "Ma questa è roba del Guerrazzi!" Gli editori caddero dalle nuvole e se la rifecero col traduttore.6

Il prospero successo della Veronica, a cui tennero dietro i Nuovi tartufi, dei quali io non mi debbo occupare, diretti a satireggiare la filantropia dei moderati livornesi, suase l'autore a scrivere un altro racconto di simil genere, e questo fu l'Isabella Orsini, pubblicato nel 1844 con una affettuosa dedica a Gino Capponi. Quante volte io l'ho letto, altrettanto mi è parso tra le più pregevoli opere del nostro scrittore, per la finezza e la verità con cui sono delineati i principali personaggi, Isabella, Germano, Troilo e Lelio: anzi, la figura di quest'ultimo, povero adolescente, i cui sensi vengono destati in improvvisa tempesta dalle carezze e dai baci della Duchessa, è fra le più originali e meno convenzionali, non tanto di quelle che popolano i volumi di F. Domenico, quanta, oserei dire, di tutta la nostra produzione romantica. Ma come il racconto sarebbe proceduto più rapido è più interessante, se troppo spesso F. Domenico non avesse ceduto al piacere di far pompa della sua erudizione! La Duchessa sta per entrare nel letto? Il Guerrazzi ve lo descriverà minutamente, come, di a poco, spenderà ben dodici righe per dirvi come fosse la lampada che ardeva sopra la tavola. Isabella ripercorre mentalmente la sua vita di delitti e di lussurie? Ed ecco, le si presenta alla memoria un lungo passo di Agnolo Pandolfini sull'onestà della donna. Il che raffredda ad ogni istante il calore della narrazione e fa supporre a chi legge che nemmeno lo scrittore si interessasse molto ai casi dei suoi personaggi, se poteva ad ogni istante lasciarli per occuparsi di questa cosa o di quella.

È del 1853 il Marchese di Santa Prassede, fosca istoria di tre gentiluomini romani (che doveva far parte della Beatrice Cenci) sui quali grava la maledizione del padre, a cui hanno uccisa la bellissima donna che, per una certa debolezza senile, egli aveva sposato, a loro malgrado, in seconde nozze. Non piace che tutto il racconto sia posto in bocca ad un masnadiero, stato un tempo servitore nella casa ove sì terribili fatti eransi svolti, poichè ciò induce lo scrittore ad una certa costrizione, per così dire, dello stile, che ha da essere grave perchè gravi sono le cose che debbono esser narrate, umile, perchè di bassa condizione è colui che le narra; ma, nel tutto insieme, la narrazione procede viva e spigliata.

 

 

 




6 Intorno alla Veronica Cybo può vedersi il mio articolo pubblicato nella Miscellanea in onore di Guido Mazzoni.






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