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Francesco Domenico Guerrazzi
Racconti e scritti minori

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I ROMANZI DELL'ESILIO CORSO

 

Sono del 1857 Fides e la Torre di Nonza, è dell'anno seguente la Storia di un moscone, il Pasquale Paoli è del 1860. Mentre il primo di questi scritti è una breve e poetica leggenda intorno ad un cristiano, Calisto, e ad una mussulmana, Cassida, cui unirebbe l'amore, ma cui separa la diversità della religione, finchè ambedue muoiono consumati dall'affanno, la Torre di Nonza e la Storia di un moscone sono episodi delle guerre sostenure dal popolo còrso per la propria indipendenza: generose rievocazioni senza dubbio, ma che mancano tuttavia, eccezion fatta di un passo della Torre di Nonza, ove con molta efficacia e verità è descritta una specie di sacra rappresentazione che soleva eseguirsi in quei luoghi, di un elemento necessario in racconti di questo genere: del colore locale; leggete, per esempio, nella Storia di un moscone, come è descritta la primavera: "I mandorli aprono la nuova festa della natura, ornandosi di fiori candidi; subito dopo gli albicocchi rispondono emulando con fiori, che bianchi non si possono dire e vermigli meno, bensì di una tinta che sembra aver dato il tuono alle guance della vergine, etc. etc.". Ebbene: il Guerrazzi chiama questa una primavera còrsa: ma non potrebb'essere egualmente ligure, umbra, toscana? Assai meno che nella Torre di Nonza e nella Storia di un moscone, questo colore locale fa difetto nel maggiore dei romanzi còrsi, il Pasquale Paoli; nel quale, anzi, le rocciose asperità dell'isola non più nostra, l'amore del suo popolo alla libertà, la sua tenacia nell'odio e la sua barbara ferocia nella vendetta, sono tratteggiati con sagacia d'indagine e con sicurezza di stile. E molto opportunamente, studiando, dalle origini, la storia del popolo còrso, il Guerrazzi scelse, come argomento del suo romanzo, le gesta di Pasquale Paoli, giacchè, se da un lato gli si porgeva l'occasione di esaltare il valore della gente che lo ospitava, in un'epoca ancor viva nella memoria di tutti, dall'altro lato gli si offeriva il modo di ribattere, una volta ancora, quell'assioma non mai sufficientemente ripetuto, che la libertà dobbiamo procurarcela da noi stessi, con le nostre forze, col nostro sangue, perchè gli stranieri, del soccorso che prestano, vogliono, o presto o tardi, ampia mercede. "La somma Provvidenza", scriveva il Guerrazzi in una breve lettera dedicatoria al Garibaldi, del 13 febbraio 1864, "ha ordinato che dalle mani dei tiranni e degli stranieri altro non possa uscire eccetto odio, fraudi, catene". Superiore all'Assedio di Firenze e, tanto più, alla Battaglia di Benevento, per la scorrevolezza e la semplicità della forma, del tutto esente da quelle brutture onde è contaminata la Beatrice Cènci, efficace per la ideazione di alcuni caratteri, ad esempio quello di Lella Campana, il Pasquale Paoli è, se non m'inganno, il più equilibrato dei grandi romanzi di F. Domenico.

 

 

 




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