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Francesco Domenico Guerrazzi Racconti e scritti minori IntraText CT - Lettura del testo |
IX
L'ultimo dell'anno 1637 la nebbia ingombrò così grave e insistente le vie di Firenze, che dalla densità in fuori pareva la cenere di Pompei. Poco si distinse il giorno dalla notte, e verso le ore ventitrè d'Italia già era buio fitto. Allora certe sinistre figure imbacuccate nei tabarri presero a scorrere la via dei Pilastri, Borgo a Pinti ed altre strade vicine. Alcuni di questi scherani portavano sotto al ferraiuolo la lanterna, e quando passava qualche borghese alla spicciolata, gli erano addosso e gli mettevano la lanterna alla faccia per bene riconoscerlo. - Se il povero borghese rimanesse senza fiato non è da raccontare. - Votandosi a tutti i suoi Santi, egli allungava le gambe, conciossiachè la città andasse da stragi quotidiane funestata. Di rado passava notte, che la campana della Misericordia non risvegliasse e atterrisse i cittadini, i quali però, recitata una breve orazione per 1 ammazzato, davano una giravolta per il letto, e nuovamente si addormentavano. Le leggi tacevano: le case magnatizie salariavano ostensibilmente sicari, bravi, e scherani, di cui lo ufficio consisteva nel distribuire di buone pugnalate alla bruna su lo svoltare del canto a coloro che avevano incorso la disgrazia del nobile padrone che li nutriva. - Io dirò cosa incredibile, e vera: Ferdinando II, non che altri, manteneva bravi ai suoi stipendi, e tra gli altri quel sì famoso Tiberio Squilletti, comunemente chiamato Fra Diavolo, ed anche Fra Paolo, perchè apostata dall'Ordine di San Francesco; il quale all'ultimo si fece ribelle, ruppe le strade, invase, uccidendo e predando, la stessa Firenze, e finalmente preso, consumò la vita nelle carceri del Bargello.23
Alle dieci ore di notte, una carrozza senza stemmi tirata da due poderosi cavalli giunse in Borgo a Pinti, e si fermò sul canto dei Pilastri, accostandosi al muro quanto meglio poteva. Subito dopo una persona larvata con maschera di velluto affacciò il capo allo sportello e trasse da certo arnese di argento un fischio acuto. Si sentirono passi accelerati, ed un grande uomo incamuffato giunse affannoso alla carrozza.
"A che ne siamo, Margutte?"
"Bisogna aspettare... l'amico è in casa."
"Da molto?"
"Di prima sera..."
"Ah!" La maschera, tratto un sospiro profondo, tornò a gittarsi dentro la carrozza.
I fischi si succedevano con frequenza, e l'uomo pronto sempre correva, e la persona sempre lo molestava con domande impazienti, ond'egli spesso mormorava tra i labbri:
"Al diavolo la indemoniata!"
Poco prima di mezzanotte il duca di San Giuliano uscì di casa Canacci. Volle la Caterina accompagnarlo quella sera in fondo alla scala; e su la porta di strada si ricambiarono i nostri amanti l'ultimo bacio. - In verità lo poterono fare senza scandalo, perchè non ci si vedeva. Il duca ratto ratto rasentando il muro arriva in fondo alla Via dei Pilastri, e svoltando in Borgo a Pinti, urta col petto dentro la carrozza quivi fermata. Proruppe in tale una esclamazione, ch'io non la voglio dire: fu per gridare, per chiamare lume, e fare il diavolo e peggio; ma poi consigliandosi meglio reputò prudente ritirarsi di quieto.
"Scenda se vuole."
"Eccomi..."
"Mi porga la mano. - Santa Vergine, come trema!"
"Fuori anche tu..."
E quasi portato a braccia scese un altro individuo, coperto anch'esso di maschera, vacillante per paura, o per vino. Appena posto il piede a terra, susurrò:
"In manus tuas..."
Bussano a casa Canacci: - nessuno risponde: - bussano più forte: - traverso il foro si vede comparire un filo di luce, e poco dopo si ascolta una voce:
"Chi batte?"
"Aprite: - sono io."
"Ahi siete voi, Baccio? - Da sette giorni noi non vi vediamo: - bel modo invero! Madonna Caterina vi ha fatto cercare per mare e per terra."
Intanto la porta si schiude. - Di una spinta la fantesca cade stesa per terra; appena apre la bocca per raccomandare l'anima a Dio, che la imbavagliolano duramente, - senza pietà.