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Francesco Domenico Guerrazzi
La vendetta paterna : Lettere inedite. Predica del venerdì santo

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PREDICA PEL VENERDÌ SANTO

 

Ecce homo!

 

 

Diciannove secoli vedono la legge del Vangelo come una bandiera in mezzo alla battaglia inoltrarsi gloriosa e trionfale per le vinte contrade, avanzarsi per lo universo e bandirvi lo amore. Questo divino vessillo candido di fede, verde di speranza, vermiglio del sangue dei martiri ha superato il volo delle aquile romane. Alla spada della superbia vennero meno il taglio e la punta; le catene di ferro caddero logorate dalle ire dei popoli, ma la legge della carità nelle procelle acquista vigore, ingagliardisce per contrasto, la persecuzione disperde e lo errore. Quelli che l'acquistarono se la stringono al seno con lo affetto della madre che abbraccia il suo primogenito, e quelli che ancora non la posseggono vi volgono desiosi lo sguardo tardando loro che appaia questo segno di pace su lo emisfero della libertà.

Chi fu l'operatore di tanto prodigio? Quali arti impiegò? Di quali argomenti, di quali armi si valse? Voi tutti, o Cristiani e Fratelli dilettissimi, lo sapete, e non pertanto siavi grato udirlo adesso ricordare nuovamente da me. Povero io sono di spirito, e pusillo; la mia parola suona inesperta: a tanto ufficio io altri credono degno, ma Cristo mi sovverrà, quel Cristo che dei fanciulli formava sua cura e sua delizia, e sopra ogni altro voleva che a lui si accostassero e della sua dottrina testimonianza porgessero: sinite parvulos venire ad me.

Dio pentito di avere creato l'uomo mandò il diluvio per esterminare la razza che aveva contristato il suo spirito immortale, e se stringendo poi il patto con Noè promise di non maledire la terra più oltre, ciò fece non perchè gli uomini fossero diventati punto migliori, ma perchè omai deponeva ogni fiducia che potessero migliorare: - «non maledirò più la terra da ora innanzi a cagione degli uomini: conciossiachè il pensiero e il talento degli uomini inchinino al male fino dalla loro infanzianequaquam ultra maledicam terræ propter homines; sensus enim et cogitatio humani cordis in malum prona sunt ab adolescentia sua. Ma Cristo scese a imprendere l'opera di migliorare le umane generazioni - fino nei cieli creduta disperata! Egli volle rendere gli uomini degni della benedizione di Dio; egli venne a bandire la legge dello amore, a confermarla cogli esempi, a suggellarla col sangue.

A conseguire il magnanimo intento nel mostrarsi sotto umano sembiante prima di tutto egli scelse umili natali, e apparve figlio del popolo, gli uomini lo conobbero allevato dal falegname Giuseppe, e dicesi che sua madre Maria con operose industrie s'ingegnasse. Così egli insegnava il disprezzo delle superbe fortune che sono fregi anche del vile, chiariva come qualunque accolga in anima immortale possa conseguire nobili destini, palesa riporre principalmente la speranza di rigenerazione nel popolo come quello che possiede maggiore copia di affetti, ed è più facile a lasciarsi infiammare dal divino entusiamo, e più esperto nei mali, di lieve si commuove di compassione alle sventure altrui. O figli del popolo, quanto è gloria potere dire a colui che vanta chiarezza di lignaggio, e abbondanza di averi: la mia nobiltà comincia in me - in te finisce la tua. E Cristo non iscelse tra i potenti della terra i suoi seguaci, ma li tolse dalle viscere del popolo e con uno sguardo li vinse, con una parola gli accese, li trasse dalla rete, per convertirli in pescatori di uomini. I soli figli del popolo si sentono capaci di morire pei maestri, per gli amici e per la patria, imperciocchè cosiffatti sagrifici non si paghino che con moneta di cuore, e questa moneta di cuore trova soltanto il suo corso fra il popolo. Maestri suoi furono la meditazione, e la volontà. Io sento quotidianamente molti del popolo sconfortarsi con manifesto errore di salire in fama di sapienti solo perchè di libri difettarono o dei maestri. Certo non vuolsi punto negare che questi sussidi aiutino con molta efficacia ad acquistare scienza, ma non si hanno a reputare necessari così, che mancando, l'uomo rimanga condannato alla ignoranza. Dove lessero, o dove impararono Lino ed


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Orfeo e gli altri incliti legislatori e poeti dell'antichità? Due volumi eterni pose Dio davanti agli occhi di coloro che anelano imparare, - la natura e il cuore dell'uomo. Emana troppo maggiore scienza dalla contemplazione delle glorie del firmamento in un plenilunio sereno - dalla esultanza dei fiori in un bel giorno di primavera - da una lacrima tremolante sul ciglio della riconoscenza, che non da centinaia di volumi. Cristo chiuso nei santi pensieri, siccome al Nilo, e ad altri larghissimi fiumi noi vediamo avvenire di cui ignoriamo le scaturigini, allo improvviso ci appare tutto splendido di Sapienza. Negli ombrosi recessi, nel silenzio delle vigili notti Cristo si cinse la zona del forte intorno alla vita, e si apparecchiò a compire la profezia del Precursore: «verrà dopo me un gagliardo che vi battezzerà col fuoco, metterà la scure dentro le radici, ed ogni albero sterile di frutti buoni sarà reciso e gittato sul fuoco: col ventilabro alla mano separerà il grano dal loglio, e getterà le paglie sul fuoco inestinguibile.» La vana scienza dei Dottori rimane vinta dal supremo intelletto del fanciullo di dodici anni; i Dottori confusi ammirano ed odiano siccome costumano fare sempre i Dottori dalle false dottrine, dalle timide, e insensate teorie.

Cristo, continua la bene incominciata opera. Chi siete voi, ipocriti tristi, che sostenete Dio il gran padre della natura e degli nomini avere scelto un pugno di creature per metterle a parte del regno celeste condannando tutte le altre alla eterna dannazione? Abominevole calunnia! Dio senza volontà del quale non cade un capello dalla testa più umile, Dio che si toglie tanto benevola cura di un passero condannerà alla gehenna del fuoco penace ove sono le grida disperate, il tremore dei denti, migliaia e migliaia di generazioni solo perchè non nacquero dal popolo eletto? Quale presunzione, quale vanità, e peggio ancora quale iniquità è mai questa? La Misericordia infinita ha sì grandi braccia che prende ciò che si rivolge a lei. Dio, Sole dell'universo, diffonde la benedizione dei suoi raggi sopra le cose e sopra gli animali. Gloria, onore, e pace a tutti coloro, qualunque essi sieno, che operano il bene, imperciocchè Dio aborra ogni parzialità di persone: gloria, autem et honor et pax omni operanti bonum. Non est exceptio personarum apud Deum, dice l'Apostolo delle Genti.

Non ponete l'affetto vostro nelle cose che la tignola rode, e i ladri involano: ponete ogni pensiero a gentile acquisto di fama. La buona rinomanza sopravvive alla morte dell'ottimo cittadino come l'eco armonico dura a scuotere l'aria, cessata la vibrazione della corda, o come il profumo continua a spandersi pel tempio anche dopo la consumazione del grano d'incenso nel turibolo. La fama sola è il sudario di amianto che proserva i defunti dalla corruttela. Cura molesta di povertà non turbi l'anima vostra. Salomone in tutta la sua gloria non comparisce vestito come il giglio bellissimo della valle. Amatevi, cambiate liberali tra voi i doni della natura, e avrete copia di beni terreni. Chi serba il grano nel granaio non accumula nel regno dei cieli; chiunque terrà avaramente il vino nel celliere non sarà dissetato dalle fontane del paradiso. Battete e vi sarà aperto, finchè voi stessi apriate le porte ai bisognosi. Cristo povero ciba le moltitudini; certo cotesto fu prodigio, ma cotesto miracolo può essere rinnovato quotidianamente dagli uomini quante volte si sentano da mutuo amore infiammati. Allora non camminerà più brancolando il cieco, lo storpio arrancherà con affanno avvegnachè lo storpio sarà l'occhio del cieco, il cieco il piede dello zoppo. Figli di un medesimo Padre che regna nei cieli. fratelli tutti nella nostra parentela divina, maledetto colui che contrista uno spirito immortale, maledetto l'uomo che tiene il piede sul collo dell'uomo che piange, maledetto anche il fiacco che altro non sa che gemere sopra le sue catene, e non ardisce romperle, e convertirle in brandi per rivendicarsi in libertà. Se Spartaco servo pagano, quantunque la voce di Cristo a lui non gridasse nel cuore, ebbe siffatto ardimento, ora come potrà e dovrà essere emulato dal Cristiano consapevole avere Dio apparecchiato nei cieli i seggi più gloriosi ai magnanimi che per la Patria combatterono, e per la salute di lei fortemente perirono?

Cristo insegna il perdono delle offese che dai nostri fratelli ne vengono arrecate, e ne forma fondamento principalissimo della sua legge divina. Umana cosa è errare, celeste condonare lo errore. Se il tuo fratello ti offende e tu perdona; se egli torna a offenderti, e tu di nuovo perdona, oblia la ingiuria, o seguace di Cristo, e ricorda soltanto il fine di carità e di amore a cui tendono le ale aperte dell'anima tua. Altri si stanchi piuttosto ad offenderti che tu a perdonargli. O Creatura mortale, conviene a te mantenere odio immortale? Perchè vorrai segnare la corsa rapidissima alla


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morte e che ha nome vita con una traccia di sangue? Narrasi come il santo Filippo Neri supplicando un sussidio pei poverelli del Signore da certo barone romano si ebbe acerba ripulsa: tornato a supplicarlo con insistenza il superbo uomo prorompe in bestiale furore e percuote il Santo nel volto; questi, comecchè sentisse tutto il sangue ribollirgli nelle vene, pure placido e mansueto gli si volse dicendo: - per me la guanciata: ora datemi un po' di aiuto pei miei poverelli! - Perdono ai fratelli traviati, perdono ai nemici vinti come il Sammaritano infuse pietoso balsamo e olio nelle piaghe del trafitto Giudeo, Cessata appena la cagione dell'odio anche verso il nemico subentri un senso di benevolenza e di carità. Le mani liberate dai ceppi non si distendano alla vendetta, ma s'inalzino al cielo per ringraziare lo Eterno. E voi pure che mangiate il pane della violenza, e bevete il vino della abominazione; voi pure che peccate col fallo più grave che mai possa commettere l'uomo al cospetto di Dio, voglio dire la infame schiavitù in cui tenete le umane creature, solo che diate segno alcuno di pietà, e torniate alle case vostre, dove la gente a voi più caramente diletta vi attende. noi vi pregheremo pace:

 

Passate l'Alpi e tornerem fratelli.

 

Ma però non crediate, o Cristiani, che il nostro Cristo tanto pietoso al perdono dei fratelli facili a ravvedersi, procedesse molle contro gli avversari della sua dottrina, o gli uomini a sopportare codardamente le miserie della servitù persuadesse, o a fiacca pazienza li consigliasse. Io vo' che sappiate come nella sua mansuetudine nessuno fosso più animoso di lui. Egli quantunque sapesse che cadrebbe vittima degl'ipocriti e dei farisei osò guardarli nella pallida faccia, e dire loro: «razza di vipere, sepolcri imbiancati: il vostro cuore vi sta nel petto come un lupo entro la tana: male pensate, peggio parlate conciossiachè l'uomo favelli con la sostanza del cuore, ch'è l'anima. Voi volete un segno? Voi avrete il segno di Giona.» Egli rigettò dai suoi labbri quella gente tepida, moderata di tutti i tempi, pei quali spunta l'alba del lunedì mentre pei popoli splende il meriggio del giovedì, fiore di paura, peste di ogni partito generoso, però che amarli tu non possa e odiarli affatto nemmeno; piante parasite che si avviticchiano intorno alle gambe del forte per impedirlo e per farlo cadere: arene infeconde, nuvole prive di acqua, cimiterio di ogni sentimento magnanimo, e preoccupati sempre di e dei propri comodi sotto lo eterno pretesto di provvedere al bene della patria comune. Privi di quella favilla di senno che Dio concesse a tutti i cuori sicuri, intendono imporre i loro spaventi come leggi, e le trepidanze affannose della paura come consigli di sapienza, e fu a gente di natura siffatta che contaminava in antico la Chiesa di Filadelfia e la causa della religione cristiana nel modo stesso che contamina oggi la Italia e la causa della libertà, che Cristo col mezzo del prediletto Evangelista mandò a dire; - conosco le opere vostre, voi non foste freddi caldi, e Dio volesse che foste stati o freddi o caldi, ma perchè l'uno foste l'altro io incomincio a vomitarvi dalla mia bocca.

 - Non è quegli che mossi appena i primi passi nella via, si asside sopra una colonna migliara, e accusa gli altri che poderosi lo precorrono, ma sì colui che dura infaticato fino al termine, che otterrà salute: quis autem perseveraverit usque ad finem hic salvus erit. La corona della vita non si acquista con Cristo se non che a patto di mostrarci costanti e fedeli: sis costans ac fidelis et dabo tibi coronam vitae. Lo entusiasmo è il raggio del sole che concentrato nel vetro emana potenza d'incendiare; se cotesto raggio cessa, il vetro solo rimane cosa sordida e vile. Lo entusiasmo l'ale all'anima, e chi glielo toglie, le tronca le penne all'alto volo che levandola da queste terrene dimore l'accosta al cielo. Chi spenge lo entusiasmo uccide l'anima. La quale cosa, se è vera in qualunque condizione della umana civiltà, vediamo poi essere verissima presso i popoli che aprono appena gli occhi dal mortale letargo di lunga, infame, e narcotica servitù, circondato come da un lenzuolo mortuario da tutti i vizi della tirannide, che appena conosce patria che sia, e per diuturna abitudine ha appreso a porre e intelligenza e cuore dentro la borsa. Sì, o Cristiani fratelli miei, in verità io vi dico chi spenge lo entusiasmo sacro uccide l'anima.

Allorquando era mestieri propagare le sue celesti dottrine Cristo non pativa attorno a camaleonti morali, ma risolutamente dichiarava: - chi non è per me fa contro me - qui non est pro


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me contra me est; - consentaneo in questo a Solone salutato come uno dei sette sapienti dell'antica Grecia, il quale ordinando il governo di Atene messe una legge che dannava allo esilio il cittadino che non abbracciasse in patria un partito. Infatti i partiti non nuocciono alla città finchè sieno preordinati tutti al bene di lei. Le acque stagnanti imputridiscono, le sbattute mantengonsi cristalline e sane, e così degli uomini. I partiti sono come i venti i quali qualche volta imperversano, ma senza di quelli le vele inerti lungo l'alberatura non acquisterebbero mai forza di fare avanzare la nave; e il buon nocchiero odia la calma non i venti, quantunque gagliardi, conciossiachè nella prima venga meno ogni arte, e co' secondi faccia prova d'ingegno.

Non vi ha affezione dell'anima, per quanto cara ella sia, che Cristo non abbia sagrificato all'ardente carità che lo infiammava del bene universale: conoscete voi cuore al mondo che come il suo amasse la Madre, e da lui fosse teneramente riamato? E nonostante alla opera della redenzione noi lo vediamo anteporre la stessa sua dilettissima madre. Un giorno ch'egli predicava alle turbe, sua Madre e i suoi fratelli lo chiamarono fuori per parlargli, ma egli rispose: «chi è mia Madre, chi sono i miei fratelli?» - E distendendo la mano sopra i suoi discepoli aggiunse: «Questa è mia madre, e questi i miei fratelli: chiunque farà i voleri di mio Padre ch'è nei cieli quegli mi è fratello, e madre, e sorellaQuæ est mater mea et qui sunt fratres mei? Et extendens manum in discipulos suos dixit: ecce mater mea et fratres mei.

già crediate che Cristo ignorasse o dissimulasse le aspre contese che avrebbe dovuto incontrare, le divisioni, le persecuzioni ed il sangue; mai no, o Cristiani: all'opposto a e ad altrui manifesta i pericoli del suo divino mandato: «per me, egli favella ammonendo gli Apostoli, per me sarete perseguitati, e verrete in odio alle genti, ma non temete e quello che vedrete nelle tenebre voi palesate alla luce, quello che vi susurro dentro le orecchie voi predicate dai terrazzi, potranno uccidervi il corpo, l'anima no ch'è immortale, e non crediate che io sia venuto a mettere pace sopra la terra, ma la spada: i figli si separeranno dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera, i fanti verranno a contesa co' padroni; coloro che amano padre, madre, figlio e figlia più di me, di me non sono degni

Una voce bugiarda accusa Cristo colpevole della rovina dello impero romano. Prima di tutto io vo' che sappiate, o fratelli Cristiani, come la distruzione di questo immane edifizio di violenza e di rapina non fu male: ma però siffatta accusa non è vera. Lo impero romano precipitò sotto il peso del furore del mondo, e corroso dai suoi delitti e dai vizi. Guai a noi se nella immane rovina che sparse di frantumi le parti più remote della terra non si fosse inalzata la Croce simbolo di salute come l'Arca dell'Alleanza fra le tenebre e le onde del diluvio universale. Il potere della spada era rotto, i barbari parvero lupi convenuti da tutto l'universo per divorare la preda; rabbia, vendetta, sete di sangue erano i venti che agitavano procellosamente cotesto mare d'ira... ora dove saremmo noi se i miti consigli dello Evangelo non avessero prevalso? Chi domò il Goto? Chi mansuefece il Normanno? Chi respinse l'Unno? La spada romana o la Croce di Cristo? Contemplate il Sicambro che tutto asperso di polvere cruenta scende nella sacra piscina; i gradini sotto i suoi piedi traballano, le acque del battesimo grondandogli dal corpo diventarono vermiglie - egli sembrò battezzato entro un lago di sangue: - non importa: di belva diventò uomo - di tormentatore fratello degli uomini. - Chiunque sostiene che lo Evangelo abbia virtù di avvilire i cuori mentisce alla Storia. - Fu codardo santo Telemaco che si precipitò nel Circo Romano in mezzo ai Gladiatori combattenti gridando le Creature di Dio non doversi trucidare per infame diletto? E perchè tutti io restringa in uno, codardi furono quei valorosi cristiani che da cento mortalissime punte trafitti, divelta la lingua, ardirono intingere il dito nel proprio sangue, e tracciare agonizzando sopra il terreno il segno della salute? Cristo rese le vergini innamorate delle palme del martirio assai più che della ghirlanda di fiori di arancio - simbolo di nozze terrene. Cristo convertì i fanciulli in eroi. Forse le battaglie combattute per la fede temono paragone di qualsivoglia battaglia pagana? La gesta di Giovanni Sobieski sotto le mura di Vienna non emula la battaglia di Canne? La impresa di Lepanto non può andare di fronte con Salamina? Se Curzio i pagani vantano e Codro, e noi abbiamo Pietro Micca torinese, e Bianchini parmense. Se i pagani si gloriano di Camillo, e noi del Principe Eugenio, se di Fabio e noi del Montecuccoli fortunato trionfatore del Turena, e cristiano fu


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quegli che vinse e superò tutti, Cesare, Annibale, Scipione, e quanti altri mai vissero capitani famosi nell'antichità - Napoleone! La sua aquila imperiale, e molti tra voi che mi ascoltate bene lo ricordano - la sua aquila imperiale si fermò in questa isola nobilissima per riposarsi un momento le ali affaticate e rifare le forze a nuovo volo, che fu l'ultimo. O Napoleone, quando tutti ti abbandonarono - e il figlio ti languiva lontano, e la consorte faceva getto del superbo vanto di avere cinto nelle sue braccia colui che aveva abbracciato il mondo - peso troppo grave per lei, - e la memoria degli uomini ingrati ti pungeva il capo come gli spini della corona di Cristo - Cristo ti si posò accanto sopra la coltrice deserta, conciossiachè egli visiti quando tutti disertano. O Napoleone, perchè mai vivendo non rammentasti più Cristo? Con la tua maravigliosa potenza di salvare quale fu il dono che facesti agli uomini? - La tomba. Tu fosti grande finchè la tua spada fiammeggiando simile alla nuvola di fuoco che precedeva gl'Israeliti nel deserto, precorse gli uomini sul sentiero della libertà, ma quando mordesti le mammelle che ti avevano allattato, quando convertisti le creature di Dio in isgabello dei tuoi piedi... ah! come cadesti basso, o stella matutina. Gli Angioli piansero vedendo il cielo vedovato da tanto splendore e tenebre fitte si diffusero sopra la terra. Napoleone fu l'ultima possibile espressione della potenza assoluta. Se i lauri gloriosi non bastarono a celare il taglio e il sangue della sua spada dispotica, come avrebbero potuto regnare tiranni astuti con la ferula del pedante? Colà dove vennero meno gli echi del ruggito del lione, avrebbe potuto durare lo schiattire di volpi coronate? - Guardate; - io vi dico guardate: il lampo che fende le tenebre e sparisce, il ruscello che sviene tra i sassi nei giorni del sole, la fronda inaridita staccata dall'albero dal primo fiato dello inverno, non somministrano paragoni bastevoli a darci idea della facilità con la quale un popolo grande cacciò via lo ignobile personaggio che alla magnifica legge della universale carità e dello amore di Cristo sostituì i calcoli di un vile e privato interesse. Oh! io non avrei mai creduto che un potente della terra, un uomo che portò corona potesse cadere tanto basso. Il popolo lo cacciò via con minore sdegno di quello ch'ei si faccia allontanando da una vespa importuna. La monarchia in Francia cessò come lo anelito esile dello agonizzante ottuagenario. Possano i tiranni dei Popoli, seppure di ora in poi qualcheduno altro osasse levarsi a contristare la Creatura di Dio, lasciare esempio non meno abietto e miserabile di lui. Ecco il preteso senno, ecco gli accorgimenti, e le coperte vie a che cosa menino! Le astutezze stanno co' vili e con esse paure, tradimento, e rovine, la lealtà sta co' forti e con essa fiducia, benevolenza, ed esaltazione. Non date ascolto ai sofismi della vana scienza, divino guidatore di popolo è colui che la mano sul petto, gli occhi al firmamento, lo conduce a magnanimi destini.

Mi accosto tremando alla fine di Cristo. Voi vedeste com'egli figlio del popolo nascesse, come predicasse, come perdonasse, e punisse, come per la sua dottrina combattesse, e pegno di salute ai viventi lasciasse.... ora tutte le nostre virtù raccogliamo intorno al cuore e contempliamo la morte di Cristo.

Fra la intelligenza e la ignoranza e la mediocrità immensamente più trista dell'assoluta ignoranza, tra la bruttezza e la bellezza, tra i codardi e i magnanimi corre uno astio roditore, una guerra d'istinto per cui i mediocri, i brutti e i codardi odiano a morte gl'intelletti divini, i venusti di forma, e i generosi. Non cercate altra causa alla infame persecuzione, che lo fareste invano. Cristo giacque vittima come infiniti grandi uomini giacquero, e come forse altri incliti personaggi giaceranno vittima della invidia. Nessuno uomo morì come lui. Socrate non può venirgli paragonato a gran pezza. Socrate non fuggì la morte; ma Cristo le andò incontro. Socrate fu consolato dai suoi discepoli, e si trattenne con sapienti colloqui con Platone e Senofonte; Cristo era tradito da Giuda, rinnegato da Pietro. Ahimè! la stirpe dei traditori non è anche spenta, anzi questa mala erba del Diavolo vegeta poderosa nei cuori umani e va crescendo. Gli odierni traditori superano gli antichi. Giuda antico gittò lo infame prezzo e disperato salì l'albero fatale, i Giuda di oggi esultano, e il prezzo del tradimento conservano e tengono caro. - Giuda Scariotta pentivasi, i traditori nostri lamentano che manchi loro materia a nuovi tradimenti. Giuda vendeva Cristo trenta danari, i nuovi traditori venderebbero trenta Cristi per un danaro solo.

Socrate ebbe morte pacata: la tazza della cicuta era cinta di rose come la tazza dello allegro convito, Cristo durò morte obbrobriosa, e così piena di atrocissimi spasimi che all'anima nostra ne


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viene ribrezzo. Socrate rampognò superbamente i suoi Giudici, jattava uomo troppo migliore di loro, vantava salutato da Apolline come il più giusto dei mortali: non così Cristo: egli non redarguisce nessuno, non muove querela, non ostenta costanza. Di Giuda gli bastò dire: - meglio era che costui non fosse mai nato! - A Pietro si contenta volgere gli occhi gravi di amarezza. A Pilato che lo interroga se confessi lui essere figlio di Dio risponde modestamente: - tu lo dici - tu dicis. Per coloro che lo martoriano, lo avviliscono, e uccidono prega: perdonate Padre a costoro, però che non sappiano quello che si facciano.

Venite, o Cristiani, seguitiamo i passi di Cristo sopra il Calvario: coronato di spini pungenti; pesto da molte migliaia di percosse; sotto la sferza del sole, e il peso della croce salisce sul Golgota; ogni passo ei segna con una stilla di sangue; le pulsazioni del cuore appaiono anche di sopra la sua veste vermiglia; con la bocca anela tremendamente, e dalle narici gli esce l'alito fumoso; cade sotto il peso; se lo rialzano non è per pietà, ma per imporglielo nuovamente addosso, e per costringerlo ad avvicinarsi al supplizio: chiede un sorso di acqua... gli è rifiutato, supplica refrigerio alla ombra della casa di Asvero, ed è rispinto. O Cristo, tu bene ci avevi insegnato nessuno essere profeta in casa sua, ma questo è troppo! - Eppure non è tutto! Giunto al Calvario lo spogliano, e sopra le sue vesti gettano la sorte, pongono sul patibolo uno scritto di scherno e d'infamia, conciossiachè ai tristi non basti rendere gli uomini infelici ma vogliano eziandio renderli infami; compagni di pena gli danno due ladri, e già gli avevano preferito Barabba; con aceto e fiele il dissetano, lo inchiodano, lo trafiggono. - Ahimè! torciamo lo sguardo spaventato da tanto strazio... Ch'è questo gran Dio? - La terra commossa traballa. - il sole vela la sua faccia - il velo del tempio si spezza - i morti balzano fuori dalle antiche sepolture, e strascinandosi dietro i funerei sudari per l'aperta campagna traggono lamentevoli ululati... In mezzo a tanto terrore ove cercare scampo alcuno di salute?.. Volgiamoci di nuovo al Calvario. O spettacolo portentoso di pietà e di grandezza! O come Cristo non sarà la religione degli uomini finchè gli uomini avranno un cuore che si commuove alla magnanimità, e alla sventura? Venite e vedete questo spettacolo: in mezzo alle tenebre profonde che ne circondano, esso splende illuminato dall'aureola di luce che incorona il sacro capo di Cristo; - egli sta sul patibolo dove ascese per confermare la sua dottrina di redenzione più glorioso di Salomone sopra il suo trono. A piè della Croce da un lato comparisce sua Madre Maria; dall'altro il suo amico Giovanni. La Madre trafitta il cuore come da spada non fa motto, non versa lacrima, non agita neppure le labbra; sembra trasfigurata dall'angoscia; - tutto il suo corpo è una fibra spasimante, ma l'amore materno vince la natura, e resiste alla immensità dello affanno; - per ora ella non vuole soccombervi sotto, - più tardi si darà in balìa del dolore come il naufrago si abbandona alla soverchiante onda dell'Oceano; adesso comunque fulminata sta in piedi, affinchè l'occhio morente del figlio si posi sopra una sembianza amica, e nello estremo punto del vivere suo non gli manchi questo supremo conforto.

Come Maria esempio del quanto possa l'amore materno, tu San Giovanni, dimostri ove giunga la santa amicizia. Te non commosse il ludibrio delle genti, te non turbò il pericolo presentissimo di chiamarti amico del condannato Cristo, lo accompagnasti sul patibolo, e ti ponesti sotto la croce come in luogo di gloria per ricevere sopra il capo il sacro sangue e le ultime parole del divino maestro. - Qual'è l'anima che a spettacolo cosiffatto non si dissolva in pianto? Amore di umanità, amore di madre, amore di amico qui noi vediamo effigiati fino al punto in cui la umana natura venendo meno, la divina incomincia. E noi, o Cristiani, sempre fissi sopra cotesta Croce, imitiamo Cristo. Dai tetti, su per le piazze per noi si bandisca la legge della libertà, della fratellanza, e dello amore. La lampada accesa per illuminare le genti non deve rimanersi celata sotto il moggio, ma splendere luminosa sopra il candelabro; combattiamo per lei; per lei sappiamo morire. Imitiamo Giovanni il fedele amico, che in mezzo alle minacce, ai vituperii, e ai pericoli rende testimonianza di amicizia, - connubio divino delle anime, - fino sotto al patibolo. E voi italiane madri imitate... ahimè! che dico io? il mio cuore non ardisce pensarlo: le mie parole svengono sopra l'estreme labbra e non si attentano proferirlo... troppo... ahi! troppo è dolore confortarvi ad imitare Maria.... Come, povere Madri, potrete voi sostenere la vista delle viscere vostre dilettissime lacerate? Come lo strazio del dolce figlio che le mammelle vostre nudrirono, che


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con tanti affanni educaste? Come la morte di colui che doveva bagnarvi la bocca nella ultima ora, e chiudervi gli occhi in pace, - oh voi noi potete... Ma ecco alla accesa fantasia si presenta un'immagine di donna desolata avvolta in nero ammanto, pallida in vista che poco è più morte; essa non grida, e non piange: ma tiene la faccia sopra una urna che stringe nelle mani tremule; i cherubini dalla spada fiammeggiante, posti da Dio alla guardia dell'Eden dopo il bando dei nostri padri peccatori, la sollevano da terra, e la trasportano fremendo al trono dello Eterno, - le cime dei boschi piegano come per bufera, l'aria rotta dalle penne spaventose manda dietro un suono come di lamento - la natura geme; giù in terra lungo le sponde dello Eridano cento altre desolate, sciolte le chiome, palma battendo a palma, levano le braccia al cielo e supplicano che la rapita dai Cherubini presto giunga al Trono dello Eterno. Chi è colei? Chi sono esse? Ella è la regina del dolore; ella è la Niobe cristiana; ella è la madre vedovata di tutti i suoi figli... piangete o Cristiani, piangete o Madri... ella è la Madre dei Bandiera che va a deporre davanti al Tribunale di Dio le ceneri dei suoi figli. Costoro sono le Madri lombarde.... ahi! non più Madri per virtù del ferro straniero.... e insieme unite domandano non vendetta per loro, sibbene misericordia dal Padre dei viventi, affinchè alle madri italiane cosiffatte ambasce non si rinnovino. Fuori le belve feroci dalle belle contrade! Fuori, barbari dai pensieri di rapina, e dalle mani sanguinose! - Fuori i barbari fu il grido di Giulio II e adesso lo sia di Pio IX. Esultate! la misura dell'ira di Dio fu trovata colma di lacrime e di sangue. Esultate! le vostre prove, o fratelli, finirono - imperciocchè qui fosse imitato Cristo, qui Giovanni, qui le Madri i dolori della Madre Maria sopportassero. - Il giorno del riscatto è vicino. - Gloria a Cristo redentore padre degli uomini liberi e felici. Amen.

 

FINE.

 

Quando la mano di Dio scrive nel volume della Storia dei popoli, gli eventi corrono con le penne del fulmine. Le madri lombarde a questa ora ebbero vendetta, e la madre dei Bandiera placata abbraccia adesso nella schiera dei martiri le anime de suoi figliuoli, diventate cittadine dei cieli.

 




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