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Carlo Goldoni L'adulatore IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA QUARTA
Donna Isabella e Colombina con uno specchietto in mano.
COL. In verità, signora padroncina, che questa scuffia vi sta assai bene.
ISAB. È vero? Sto bene?
COL. Benissimo, e non potete star meglio. Io, in materia di far le scuffie, ho una mano tanto buona, che incontro l’aria di tutti i visi.
ISAB. Mi voglio un poco vedere.
COL. Ecco lo specchio, guardatevi.
ISAB. Uh, sto tanto bene. Tieni, Colombina, un bacino.
COL. Quando vi farete sposa, ve ne farò una ancora più bella.
ISAB. Io sposa?
COL. Certo che vi farete sposa.
ISAB. Quando?
COL. Presto.
ISAB. Domani?
COL. Oh! domani è poi troppo presto.
ISAB. Dopo domani?
COL. Che credete? Che il maritarsi sia come mangiare una zuppa?
ISAB. Eh! lo so che cosa vuol dir maritarsi.
COL. Sì? Che cosa vuol dire?
ISAB. Vuol dire, prender marito.
COL. Brava! siete spiritosa.
ISAB. So anche qualche cos’altro, ma non te lo voglio dire.
COL. Voi ne sapete più di me.
ISAB. E come! So... Ma senti, non lo dir a nessuno.
COL. No, no, non parlerò.
ISAB. So che i matrimoni si fanno anche tra uomo e donna.
COL. Anche?
ISAB. Ma io con un uomo mi vergognerei.
COL. E pure vi è il signor conte Ercole, ch’è innamorato morto di voi.
ISAB. Di me?
COL. Sì, di voi.
ISAB. Poverino!
COL. Vi piace?
ISAB. È tanto carino.
COL. Lo prendereste per marito?
ISAB. Un uomo? Ho paura di no.
COL. Povera semplice che siete!
ISAB. Io semplice? Semplice è stata mia madre.
COL. Per che causa?
ISAB. Perché ha preso un uomo, e ho sentito dir tante volte, che per causa sua è quasi morta.
COL. Chi ve l’ha detto?
ISAB. La balia.
COL. Ecco la vostra signora madre.
ISAB. Zitto, non ci facciamo sentir parlare di queste cose.