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Carlo Goldoni
L'amante di sé medesimo

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SCENA QUINTA

 

Giardino

 

Donna Bianca e il signor Alberto.

 

ALB.

Con mi la se confida senza riguardo alcun,

Con tutta segretezza; qua no ghe xe nissun.

Taserò, se la vol; parlerò, se bisogna.

Ma via co sto fiffar1, che la xe una vergogna.

BIA.

Ma quando che ci penso, signor Alberto caro,

Quel che inghiottir io devo, è un boccon troppo amaro

ALB.

Via, se tol delle volte delle pillole amare,

Ma le fa ben al stomego, le quieta el mal de mare.

BIA.

Il Conte... (s'arresta piangendo)

ALB.

La finissa de dir; cossa xe stà?

BIA.

È senza discrezione, è senza carità.

ALB.

Chi ama, delle volte per troppo amar zavaria:

Xe mal tutte le mosche chiappar, che va per aria.

Vualtre putte un stomego gh'avè assae delicato.

El mondo, cara fia, savè come el xe fato.

BIA.

Se avete in cuor pietade, se siete un uom bennato,

Abbiate compassione del misero mio stato.

Questa è la prima volta che amor provai nel petto;

Il Conte mi ha obbligato amarlo a mio dispetto.

Quali attenzion, qual arte non usò il traditore,

Per mettermi, infelice! una catena al cuore?

Pel corso di due mesi, sei, sette volte il giorno,

O nello sterzo, o a piedi, venia nel mio contorno.

Andassi da' congiunti, o in altro luogo usato,

Me lo vedea mai sempre dietro le spalle, o allato.

In casa s'introdusse, e colla sua maniera

Guadagnò di mio zio la confidenza intiera.

Non eravi la sera dubbio che altrove andasse,

Godea di starmi appresso, parea che mi adorasse.

Diceami tai parole, tali mi dava occhiate...

Quali donzelle accorte, ah, non sarian cascate?

Che non fe', che non disse cogli artifizi suoi

Per essere condotto a villeggiar con noi?

Sui primi giorni ei stava quasi le notti intere

Sotto le mie finestre, con gioia e con piacere.

Vien la marchesa Ippolita; con lei passeggia e parla,

E della vedovanza principia a consolarla.

Scherza con lei di cose che figlia non intende;

Conosce che mi spiace, conosce che mi offende,

E seguita la tresca l'ardito in faccia mia?

A simili disprezzi chi può star saldo stia.

Sola passeggio, e taccio; egli mi segue allora,

Col riso sulle labbra protesta che mi adora.

Eh, non è questo il modo di millantare affetto.

Si deve ad una dama più amore, e più rispetto.

Per me l'ho conosciuto, di lui più non mi fido;

E so che il di lui cuore della menzogna è il nido.

Mi costerà la vita, lo so per mia sventura,

Ma voglio dal mio cuore staccarmelo a drittura. (piange)

Piangerò qualche giorno pur troppo per suo vanto,

Ma finirà, sì certo, ma finirà anche il pianto.

ALB.

(Mo cospetto del diavolo, che son fatto cussì;

Me vien, co vedo a pianzer, le lagreme anca a mi). (si asciuga gli occhi)

Donna Bianca carissima, ve parlerò sincero;

E po vardème i occhi, vederè se xe vero.

Digo anca mi che el Conte...

BIA.

Zitto, che vien mio zio.

ALB.

Gh'ho voggia che parlemo.

BIA.

Sì, che n'ho voglia anch'io.

 

 

 




1 Piangere.






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