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Carlo Goldoni
L'amante di sé medesimo

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SCENA DECIMA

 

Il Conte solo.

 

CON.

Venga l'intrepidezza a confortarmi adesso.

Povera donna Bianca! Ho rossor di me stesso.

Che cerchi, che procuri il mio piacer, sta bene,

Ma non coll'altrui pianto, ma non coll'altrui pene.

Il titolo di barbaro, il titolo d'ingrato,

Esaminiam noi stessi, cuor mio, l'hai meritato?

Di quante donne al mondo, di quante donne amai,

Di questa la più tenera, lo so che non trovai.

Merita ben che ad essa sagrifichi l'amore...

Ah, dovrò finalmente sagrificarle il cuore?

Il cuor che sì geloso serbai per me finora,

Cedere ad una donna? No, non lo cedo ancora.

Dubbio mi resta in seno, che il pianto, che i sospiri

Sien arti, sien lusinghe, sian sogni, sian deliri.

E se ciò fosse, e un giorno tardi a pentir m'avessi?

Maledirei le fiamme, abborrirei gli amplessi;

Morirei disperato. Pace, mia cara pace,

Deh non lasciarmi ancora per un desio fallace!

Se d'una sposa al fianco pace goder si spera,

Andiam la destra a porgere al laccio innanzi sera.

Ma se la donna un giorno può fare il mio tormento,

Pria di penar vivendo, voglio morir contento. (parte)





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