A SUA ECCELLENZA IL SIGNOR GIOVANNI
FALIER
EPISTOLA IN VERSI
MARTELLIANI
Saggio Signor, che al Cielo offri la
figlia eletta,
Quanto più vaga e adorna, tanto più al
Ciel diletta,
Non di Cain seguendo il pessimo
costume,
di trar dal folto gregge i
peggior frutti al nume,
ma d’Abele innocente, che
offria divoto all’ara
Il torel più vezzoso, l’agnella a lui
più cara.
Tu del gran padre Adamo segui l’antico
esempio,
Togliendo a te la figlia per
consacrarla al tempio:
Ché tempio era di Dio quel monte ov’ei
fu spinto,
Come lo è qui fra l’acque di vergini
il recinto.
Sacrifici cruenti più non richiede
Iddio:
L’ultimo sul Calvario per nostro ben
s’offrio.
Le vittime d’amore sono al Fattor
dilette,
Dio di misericordie, non più delle
vendette.
A te, non che alla figlia, diasi
vittoria e lode:
Tu ne risenti il danno, ella trionfa e
gode;
Vince dei tre nemici la verginella
ogn’arte,
Tu perdi di te stesso in lei la
miglior parte;
E pur tranquillo in viso soffri
l’acerba e dura
Guerra d’interni affetti per superar
natura.
Ma nulla a te fia duro, ché all’anime
bennate
Queste, di gloria piene, sono vittorie
usate.
Chi ammira i tuoi costumi, chi ti
conosce appieno,
Da te, da tua virtute, sperar non
potria meno.
Tu dei mondani onori sollecito sol
quanto
Basta a serbar intatto d’illustre
sangue il vanto,
Serbi diviso il cuore, con ammirabil
zelo,
Alla patria, agli amici, alla
famiglia, al Cielo.
Ama la patria, e ammira te de’
grand’avi erede,
Te e i cittadini, esempio di verità,
di fede.
E alla famiglia insegni, saggio
signore e pio,
Dar alle cure il tempo senza usurparlo a Dio.
Io vorre’ pur, se tale fossi qual uopo
il chiede,
Poggiar coll’ali a tergo verso
l’eterea sede,
E far che dal gelato sino all’adusto
suolo
Gisser miei carmi al paro della tua
fama a volo.
Direi de’ tuoi grand’avi, che fur
d’Adria sostegno,
Primi a fondar sui lidi d’Adria Felice
il regno;
Che nel secolo quarto dalle antenoree
mura
Venne fra l’acque Alberto pace a
trovar sicura.
Le porpore, le mitre, le clamidi, gli
allori
Tutti de’ padri eccelsi, tutti i
sublimi onori,
Han dei Falieri il sangue in ogni
etate adorno.
Tre fiate il trono augusto salir
coll’aureo corno.
Formidabili in guerra, saggi,
prudenti in pace;
Noti all’Ispano, al Gallo, noti al
Germano e al Trace,
E là dove la tomba si venera
di Cristo,
Ché a parte furo anch’essi del memorando acquisto.
Carmi direi sublimi d’alti famosi
eroi,
Degni di te, qual degno sei tu
degli avi tuoi.
Ma né valor, né lena in me che basti
io sento,
Né deesi in cotal giorno trattar
l’alto argomento.
Oggi che al sacro altare va la
fanciulla eletta,
Carmi di gioia il mondo dalla mia Musa
aspetta;
Ma, oimè! li aspetta in vano: la cetra
a un tronco appesi,
Dacché, Talia seguendo, d’altro furor
m’accesi;
Però, se a ciò non vaglio, ecco per me
son pronti
A cantar le sue glorie vati famosi e conti;
Ecco de’ carmi loro t’offro gentil
corona;
Essi canori accetta, e a me, Signor,
perdona.
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