DEL
RITRATTO DI UN PIOVANO ESPOSTO
IN OCCASIONE
D’INGRESSO
ENDECASILLABI
Signor piovano reverendissimo,
Con voi
consolomi di vero cuore
Di
questo ingresso risplendentissimo.
Del vostro popolo spicca l’amore
In
tutti i gradi più bassi e nobili;
Ciascun
faticasi per farsi onore.
Superbi arredi, preziosi mobili
Le mura
coprono della contrada,
E
tengon gli occhi del volgo immobili.
Inni si cantano per ogni strada,
Inni di
gloria pel vostro merito,
Che
all’umil popolo cotanto aggrada.
Un sacerdote più benemerito
Di voi
non vedesi nei dì presenti;
Di voi
più degno non fu in preterito.
Lodar si sentono da tante genti
Quelle
virtudi della vostr’anima,
Che
altrui promettono d’amor portenti.
La pietà vostra vi sprona ed anima
Verso
dei poveri con vero zelo
La
caritade render magnanima.
Condur le pecore sapete al Cielo
Per la
via piana che altrui facilita
Il
semplicissimo santo Vangelo.
L’esempio vostro ciascuno abilita
Nello
combattere coi tre nemici,
E
sempre vince con voi chi milita.
I vostri popoli saran felici,
E vanno
a gara mostrando il giubilo,
Scoprendo
l’anima nei volti amici.
Per qualche tempo coperse il nubilo
Del
vostro tempio le sacre porte;
Or del
sereno con voi ne giubilo.
Con fatalissima spietata sorte
Nei
trapassati giorni brevissimi
Rapì
tre parochi la cruda morte.
Ma voi godrete giorni lunghissimi,
E ve li
augurano con vero affetto
I più
sinceri voti caldissimi.
Da tutti pregasi Dio benedetto
Che lo
Scudieri pievano amabile
Di
tutti gli ordini consoli il petto.
Oh come al vivo la venerabile
Soave
immagine del vostro volto
Dipinse
in tela pennel laudabile!
Se al quadro nobile l’occhio ho
rivolto
Veggo
il ritratto somigliantissimo,
E quasi
a sciogliere le voci ascolto.
Opra è cotesta del valentissimo
Prudente
giovane del Longhi figlio,
Non men
del padre singolarissimo.
In età tenera pien di consiglio,
De’ più
provetti sorpassa i termini,
E
invidia miralo con torvo ciglio.
Per commendarlo non trovo i termini,
Cotanto
è celebre nella bell’arte:
Non
trovo elogio che mi determini,
Se in lui considero a parte a parte
Le
tinte vivide, il bel disegno,
Le
grazie facili nel quadro sparte;
In lui ritrovasi ferace ingegno,
Atto a
fermare nel cielo adriatico
Dell’arte
nobile l’antico regno.
Nel somigliare cotanto è pratico,
Che le
sue opere chi attento mira,
Gli
originali ravvisa estatico.
A farsi celebre soltanto aspira;
Fugge i
romori del tristo secolo,
Modestia
insolita dal volto spira.
Io che i costumi del mondo specolo,
Veggendolo
umile fra tanta gloria,
Senza
ragione non mi trasecolo.
Nemico acerrimo di vana boria,
Le
grandi laudi non vuol ricevere,
Per far
più semplice la sua memoria.
Ma quel diletto che ha nel dipingere
La mano
seguita dell’uom valente,
E a
miglior opere lo vedi accingere.
In dì brevissimi rapidamente
Tanti
ritratti da lui si esposero,
Che
resta attonita la dotta gente.
Così le stelle di lui disposero,
Pittor
lo vollero, pittore è nato,
Ed i
suoi studi vi corrisposero.
Il saggio ed ottimo Nogari ornato
Fu il
precettore del giovin tenero,
E il
suo discepolo lo ha pareggiato.
O caro Longhi,
se anch’io vi venero,
Se con
voi spiegomi con dell’amore,
Dall’onestate
mia non degenero.
Voi dipingendomi con quel valore
Con cui
solete far le vostre opere,
Alla
mia immagine si rese onore.
Or se la mano da voi si adopere
Per il
degnissimo nuovo pievano,
Deh
permettete, ch’io vi coopere.
E che alla cetera ponendo mano,
L’originale
lodando in cantici,
Anche
il ritratto non lodi in vano.
Ma già nel tempio col fiato i mantici
Destan
nell’organo l’allegro suono,
E i
ceri allumano i piromantici.
Entro col popolo divoto e prono,
U’ dal
pievano gl’inni si cantano,
E
intanto gli uomini, che di fuor sono,
Del bel ritratto l’opra decantano.
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