AL
CHIARISSIMO PADRE MAESTRO MARCO ROSSETTI VENEZIANO,
CARMELITANO DELLA
CONGREGAZIONE DI MANTOVA,
REGGENTE DEGLI
STUDJ IN FIRENZE, E PREDICATORE
NELLA PARROCCHIALE
E COLLEGIATA DI S. CASSIANO DI VENEZIA
CAPITOLO
Benedetto
sii tu, Marin Rossetti 300,
Che
fosti un dì fra gli uomini onorati,
Ed or
sarai fra gli angioli perfetti.
Poiché
amici noi fummo ai tempi andati,
Oh
quante volte del tuo figlio, e quante,
Abbiamo
i giorni in ragionar passati!
E mi
sovvien che, acceso nel sembiante,
Tenero
per natura ed amoroso,
Ragionavi
di lui, fervido, ansante.
E di
vederlo non er’ io bramoso
Forse
meno di te, ché d’ogni parte
Grido
giungea dell’orator famoso.
La
provvidenza che ogni ben comparte,
Marco a noi guida, ed io qui fermo ho il
piede,
E del
gaudio comun mi trovo a parte.
Padre,
tu il vedi, dall’eterea sede,
Sul
pergamo intimar pena o perdono
Al
popol folto, e gloriar la Fede.
Giubila
nel veder quanti e quai sono
Gli
ondeggianti uditor presti e costanti
A
prevenir della campana il suono.
Mira
dalle sue labbra i circostanti
Pendere
immoti, e compagnar suoi detti
Colle
tremule ciglia e i petti ansanti.
E mira
intorno i naturali effetti
Di
compiacenza, di stupor, di gioia,
Escir a
forza da’ commossi oggetti.
E
l’uomo tristo, cui sentire annoia
Del
proprio seno ritoccar la piaga,
Senza
dispetto la bevanda ingoia.
O prode,
o saggio l’orator che appaga
Con
argomenti da ragion dedotti,
E per
vie tortuose non divaga!
I
ministri di Dio facondi e dotti
Esser
denno, egli è ver, ma non dal vano
Folle
desio di dilettar condotti.
Ed evvi
il modo costumato e piano
Di
penetrar coll’Evangelo i cuori,
Ed
esser grati all’intelletto umano.
Mescere
si potranno i frutti e i fiori,
Ma in
numero ed in peso ed in misura
Siano
dei primi gli ultimi minori.
Marco L’arte conosce e la natura,
E
gl’intelletti sobriamente alletta
Poiché
nell’alme penetrar procura;
Né i
motti studia, né lo stile affetta,
Ma la
Scrittura somministra i modi
A
quella dotta lingua benedetta.
Dimmi,
egregio Marin, Tu che in Ciel godi
L’eterna
gloria, hai compiacenza santa
Che il
tuo figlio da noi si applauda e lodi?
Sì, mi
rispondi, ché di grazia tanta
Fonte è
quel Dio che tu dappresso or miri,
Ed in
Dio solo il Figlio tuo si vanta.
E
collocato fra i superni giri
Teco
l’aspetti alla beata sede,
Sciolti
dal petto gli ultimi respiri.
Mira il
trionfo della Santa Fede
Per lui
reso maggior, la patria mira
Fatta
da lui del Paradiso erede.
Satana
vedi di dispetto e d’ira
Fremere,
disperare; e stuolo eletto
D’alme
purganti che per lui respira.
E pel
tuo figlio, che in umano aspetto
Angiolo
è reso per lo santo zelo,
Giustamente
si accresce il tuo diletto,
E ne
fai parte ai cittadin del Cielo.
|