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Carlo Goldoni Componimenti poetici IntraText CT - Lettura del testo |
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A Sua Eccellenza la Signora Contessa Cecilia di Rabatta idillio recitato in Gorizia nel giorno di s. Cecilia l’anno 1726
Col rauco suon del rustical suo corno Giva al sonno togliendo il buon Sileno I pastor sonnacchiosi; era costui Ministro di Montan, di quel Montano, Che del culto divino avea la cura, Sacerdote di Giove, e che solea Predir le cose, e consigliar le genti. Giva dunque toccando il vigil corno, gridava sovente: Al tempio, al tempio! Pastori e ninfe, su venite al tempio! Al tempio andaro umiliati e cheti, E le ninfe e i pastori, e fatto a Giove Sacrificio del cuor con bassa voce, Sono in faccia di lui seduti in giro. Indi Montan, il lor maestro pio, Tenendo verso il ciel le luci fisse, Scosse il capo tre volte, e così disse: Figli, se il ciel difenda Le mandre a voi dilette Dalle insidie del lupo, Figli, udite, vi priego, il parlar mio. Oggi non fia pastore, Non fia ninfa leggiadra, Che non spieghi la voce al dolce canto. Mai fu de’ vostri canti Più bell’onor, e se desio di gloria V’alberga in sen, eccovi aperto il campo, Ove con saggia gara Far potrete salir le voci all’etra, Sicuri già che il sommo Giove anch’esso Porgerà attento al suono L’orecchio sempiterno, E con plausi divini Serberà l’opre gloriose in cielo. Accordate la voce All’armonia di nostre eroiche cetre, Ch’io per far più superbo Il desio che vi scalda il cuor nel petto, Già vi spiego de’ canti il degno oggetto. Un’eccelsa eroina Che dell’augusto Reno Bebbe l’acque col latte, e venne poi Dell’Isonzo a bear l’onde tranquille, Una non so s’io dica o donna o Dea, Poiché i Dei stanno in cielo, E mai donna simil si vide in terra Un’alma eletta in gentil spoglia chiusa, Un distinto prodigio Del gran Fattor, perché intendiamo noi Del suo vero poter l’omnipotenza, Questo è l’alto soggetto a’ vostri canti. Un’alma in cui gareggia Umiltade e virtù, fatte gemelle; Un corpo, in cui s’ammira Modestia e venustà splendere al pari; Una mente, che serba Di prudenza e consiglio un nobil misto; Un cuor, ch’è non mai sazio D’amor soave e di gradir cortese; Un spirto sempre attento A dar gloria al suo Dio, esempio al mondo; Una idea sovraumana Piena d’intelligenze e d’intelletto, Questo è l’alto soggetto a’ vostri canti. Una donna sublime Di sangue illustre antico; Una figlia d’eroi, una nipote D’avi di cui si contano Le glorie, i merti, i premi, Coi giorni della lor vita felice; Un ritratto fedele De’ famosi antenati, Anzi un centro più degno Dove le glorie antiche Trovan nuovi trofei, nuove corone; Anzi un più degno oggetto, Da cui prendon decor le glorie antiche, Questo è l’alto soggetto ai vostri canti. Amor, che non rispetta Il grado, il merto, e che ambizioso vanta Far prova di sua forza in nobil seno, Leggiermente le punse il cuor un giorno, E di fiamma l’accese Santa, saggia e pudica. Premiò l’affetto, e con eroe sublime, Che di lei fosse degno, La congiunse ridente Amor giocondo. Quest’è quel grande Antonio Di cui tacer gli antichi fregi e nuovi Degg’io con mio tormento, Poiché troppo sarebbe il parlar mio Lungo fuor di misura. Ad altro tempo Mi riserbo la gloria Di parlarne più alto e più sonoro; Basta sapere adesso, Che l’uno e l’altro a prova Accrescevano i fregi al caro oggetto Con il splendor di sua natia grandezza. Basta sapere adesso Ch’una coppia più degna Non si vide fra noi, e saper basta Che più bell’imeneo non vide Amore. Questo è l’alto soggetto a’ vostri canti. Che ve ne par? Su, figli, Ognun di voi con ambizioso vanto Sciolga le voci al canto. Io per eterna prova Dell’alta stima e del rispetto umile Che di serbar professo A codesta matrona, Quanto so e quanto posso, Con il cuor, colla voce, Vuò pregarle dal Ciel grazie infinite, voi pastori, il mio cantar seguite.
Sommo Giove che lassù Regni Prence, e vivi Dio, Deh rivoltati quaggiù, Ed ascolta il parlar mio! Di Cecilia siano gli anni Qual di Nestore l’età, Senza doglie, e senza affanni, Per favor di tua pietà. Viva lieta, viva in pace Finché alberga in mortal velo, E poi quando che a te piace, Voli dritta fino al cielo. Sempre sia da te protetta, Non sia mai di grazie priva, Su cantiam, turba diletta, La Gran Donna. E viva, e viva.
Così Montan, e così il resto tutto Delle ninfe e pastori un dolce canto Dal cuor mandaro stupefatto e lieto; Né altro s’udiva a risuonar pel tempio Che di Cecilia il nome, e in ogni parte S’udiva ad echeggiar voce giuliva: Viva sempre Cecilia, E viva, e viva.
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